Tredici uomini con fare guardingo e sospettoso, con passo svelto e quasi timoroso, rasentano i muri di una città che è in festa, la Pasqua ebraica invade Gerusalemme e lo si capisce dai profumi che invadono le strade, di agnelli cotti allo spiedo, dal brusio festoso, sono le sette di sera dell'anno 781 dalla fondazione di Roma e tra loro c'è il Maestro, Gesù di Galilea, e temono per la sua incolumità perchè i maggiorenti della Giudea lo hanno dichiarato un fuorilegge , fuorilegge perchè parla diverso, perchè i suoi sono concetti nuovi ma antichi insieme, parla d'amore e di pace, di fraternità e di libertà, di aiuti ai poveri e di sostegno agli invalidi, di cura ai malati e di conforto ai moribondi, parla di un nuovo regno, il regno di un Dio sopra tutto e tutti, di un Padre suo e di ognuno, parole troppo forti e "troppo vere" , da renderle inammissibili alla religione mosaica. Anche loro, i dodici suoi seguaci, non è che di tutto quello che va predicando tra i popoli, ne riescano a capirne profondamente il concetto, ma hanno creduto in Lui, perchè il suo agire lo ritengono buono, ha risollevato i cuori a tante persone, ha fatto miracoli veri, li hanno visti loro con i propri occhi, giorni or sono ha pure risvegliato dalla morte un certo Lazzaro, è vero parla di un nuovo mondo, di un Regno dei cieli, ma è innocuo il suo fare, e gli vogliono per tutto questo un magnifico bene.
Entrano in una casa, dove è pronta, nel salone, la tavola che li vedrà consumare la cena della Pasqua, sono accese le lampade a olio e per il freddo anche i bracieri sfavillano le loro braci.
Si trovano quasi a disagio, questi dodici, a sedersi in quei giacigli inclinati, si perchè, anche nelle case di ebrei benestanti, si è preso in uso il modo greco-romano di stare a tavola, ma loro sono povera gente, umili, lo si nota nel loro vestire, tuniche che erano bianche, chiome e barbe incolte lasciate crescere senza cura alcuna, non sono abituati a sedersi su triclini, che oltretutto sono lunghi oltre i due metri, mentre la statura media degli ebrei del tempo superava di poco il metro e sessanta, loro sono abituati a stare accoccolati intorno al loro Maestro, nei prati , sotto gli ulivi, tra le sassaie, ed è proprio questo loro attaccamento al Nazareno che li porta a un infantile accanimento per preservarsi il posto più vicino al Maestro, a dimostrazione di quanto umili siano i loro cuori e le loro anime.
Il Nazareno siede al centro e alla sua sinistra è riuscito a sedersi Simone Pietro, un robusto, impulsivo e incostante pescatore della Galilea, ma sarà proprio questo uomo di cui a cose normali sarebbe difficile fidarsi, che il Maestro un giorno gli ha profetizzato che " Sarai l'uomo di pietra su cui edificherai la Chiesa", anche se Pietro di quelle parole non ne ha affatto capito il senso, ma come spesso tutti loro sono abituati, accettano il Suo dire con umiltà, la loro non sapienza non può nemmeno portarli a controbattere.
Alla destra del Maestro, è giunto un battagliero giovanotto, uno che è sempre pronto a battagliare con i nemici del Nazareno, si chiama Giovanni ed è forse l'unico che riesce a intendere dalle parole di Gesù, il solo significato universale, l'amore.
Giuda di Cheriot, il tesoriere che amministra le offerte delle persone abbienti convertite alla nuova religione di Gesù, è seduto alla destra di Giovanni, corre voce tra gli altri il sospetto che molti di quei tributi scendano nelle sue tasche, infatti al cospetto del Maestro, e pure questa sera, è nervoso, incerto, ha un'espressione sfuggente. Lui del Maestro non percepisce assolutamente niente, lui percepisce soltanto una determinata cosa che si chiama denaro e a ogni cosa deve darne e trarne il valore economico.
Il Nazareno ha saputo dei suoi sotterfugi e lui trasecola quando viene da esso perdonato, e nel suo normale vivere terreno, Giuda, capisce che dovrà subire un castigo perchè nella vita si usa così quando c'è un peccato di una certa entità, perciò non riesce prorprio a capire il gesto di costui che si dichiara figlio di Dio, ma poi che Dio è uno che agisce così illogicamente?
C'è anche Andrea, il fratello di Pietro che insieme al fratello di Giovanni8, Giacomo, sono il divertimento dei compagni, perchè il loro atteggiamento è di completo mutismo, non dovuto per contraddizione, ma solo per indole naturale.In contrapposizione a questi due c'è invece Filippo che trova ogni occasione per poter riderci sopra, a lui non importa ciò che il Maestro dice, con loro tutti ci sta bene e si diverte e a lui tutto questo gli basta.
Tommaso, invece è il pessimista del gruppo colui che non prevede sempre disgrazie e che trova ogni occasione perchè queste siano presenti, lo jellatore, come a volte divertendosi lo menzionano.
Ma c'è Matteo, Levi una volta, colui che sapeva come farsi voler mal, odioso addirittura perchè era diventato ricco riscuotendo le imposte dei giudei, come lui del resto, per conto del potere romano, e su queste ricavava fruttuose provvigioni. Poi ha incontrato il Maestro, ha abbandonato ogni ricchezza e si è dedicato con devozione e con sapiente riconoscimento alle sue dottrine, anche se ha ancora abitudine di vestirsi bene e di essere sempre pulito e profumato.
Sono un gruppo di persone che a prima vista per il loro fare, agire e vestire sembrerebbero tutte uguali, ma ognuna ha una sua particolarità dovuta al ceto sociale a cui appartenevano, alla cultura dei pochi, ma tutti con una semplicità non comune e un grandioso affetto nei confronti di questo uomo che sa sempre sorprenderli, magari non sempre riescono a concepirlo e comprenderlo, ma sono coscienti che quello che Lui dice e fa è sicuramente cosa buona.
Ci sono anche due parenti del Maestro a questa cena, Giacomo il Giusto il piccoletto del gruppo e quello che rende più tenerezza in quanto enormemente timido, ma di una devozione e fede tale da dipendere proprio dalle parole del Messia, e Giuda Taddeo molto riservato e anche poco riconoscibile tanto è la sua parsimonia di parole e di gesta. Pure un congiurato politico, dall'indole violenta, che troverebbe ancora, nonostante convertito alla pace, di trovare occasione per armarsi e lottare contro i Romani.
Infine, ma non per importanza, ma per concludere questa esposizione, troviamo Bartolomeo così conosciuto ma il suo nome è Natanaele, è un bel giovane, anche lui come Matteo è accurato nel vestire, è di una purezza tale che nessuno verrebbe da assegnarli un compito ben preciso, tanto pare delicato e innocente, mentre per lui il Messia ha promesso la visione del Cielo con gli Angeli che scendono e salgono sul Figlio di Dio, un'esperienza fra le più prodigiose, e lui contraccambia comunque con la sua forte convinzione alla fede.
La cena è pronta, agnello cotto intero sullo spiedo, come tradizione vuole, un simbolo che ricorda l'unità di Israele, pane azimo, senza lievitazione, in memoria degli Ebrei che da tanta premura e fretta nel fuggire dall'Egitto, per comprenderne meglio l'entità, si dice che potessero nemmeno aspettare il lievitare del pane. A contorno un'insalata di erbe fresche e amare, quanto amare era stata la schiavitù , poi una salsa dolce mista di datteri, fichi vino e cannella, e per bere del buon vino rosso in abbondanza.
Il rito vuole che un servo passi per la tavola con una brocca in mano e la versi in un catino che è presso ogni commensale, per potersi rinfrescare la mani, ma il Maestro, deposto il mantello, si alza, prende un asciugamano e se lo lega a guisa di grembiale poi, prende catino e brocca , s'inginocchia e comincia a lavare i piedi ai discepoli.
lo sbigottimento è generale, la meraviglia non può non assalirli, il rito è infranto e non solo quel loro Maestro si sta umiliando di fronte a loro, e questo li porta a una forte ripugnanza a tal punto che Pietro:" Tu, Maestro, lavi i piedi a me?"
Il Messia è sereno, e con la naturalità e purezza che lo competono risponde:" Non puoi capire adesso questo gesto, ma più tardi lo capirai".. Non bastano queste parole, ma torna a loro un messaggio che spesso il Maestro era solito dirgli, " Chiunque si umilia, sarà esaltato". e questo li fa tacere e ritornare al loro posto.
Roberto Busembai (errebi)
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