lunedì 2 ottobre 2023

CIMA DA CONEGLIANO - MADONNA COL BAMBINO FRA I SANTI MICHELE ARCANGELO E ANDREA APOSTOLO


E' sempre un compito difficile attribuire un'opera d'arte antica a un determinato Maestro, e spesso ci sono pure pareri discordi e accurate e stancanti ricerche a volte non bastano a delineare precisamente a chi appartiene. Ci sono esperti d'indubbia capacità conoscitiva e culturalmente e artisticamente esperti in materia, ma nei tempi lontani, quando i grandi nomi, come quelli del periodo Rinascimentale e anche prima e dopo, che si trovavano a dipingere per specifici committenti ma spesso e talvolta imposto, non firmavano assolutamente le loro opere, ci si basava dalle notule di pagamento, anche se queste non bastavano a identificare l'opera d'arte in questione se non invece il pittore. Ho fatto questa premessa per far capire quanto ancora oggi, nonostante l'avanzata tecnologia, ci troviamo a dover comprendere una determinata opera d'arte magari attribuita a un altro Maestro. E' il caso di questa tavola del 1500 che all'origine era collocata nella chiesa francescana dell'Annunciata a Conegliano e ritenuta dai semplici frati un'opera del grande Durer che per un certo periodo aveva attraversato l'Italia. Poi i tempi passavano e altrettanti studiosi e critici ribattezzarono l'opera addirittura a Leonardo da Vinci per un'inscrizione “apocrifa” che riportava queste parole “Leonardo Vinci fece 1492”, un'iscrizione adesso del tutto illeggibile.

Ma nel 1834 quando questa Pala entrò nella Galleria Nazionale di Parma, la critica tutta fu concorde nello stabilire la vera mano pittorica in Cima da Conegliano (Giovan Battista Cima).

La pala rappresenta la Madonna con il Bambino e i due santi Michele Arcangelo e Andrea Apostolo, inseriti in un contesto scenico “libero” ovvero senza le rigorose simmetrie Belliniane a cui erano in uso in quel periodo. E' un opera questa di età matura del Cima, che denota la sua sottigliezza e capacità nella descrizione, basti notare la minuziosità e precisione nel primo piano in basso dei pezzi delle rovine del tempio, le piante e i fiori che risultano ben delineati. L'architettura rimasta e ben dettagliata è sita alla destra della pala offrendo così alla scena un ampio spazio e “aria” nuova ai personaggi arrivando a intravvedere in lontananza un borgo, Conegliano Veneto, che forse era stato dipinto quasi a volerne apporre la sua firma.

Incantevole e assolutamente originale e delizioso il Bambino seduto sul basamento della costruzione con un'espressione alquanto decisa e quasi consapevole della sua “entità”.

Il gioco della luce sui colori dei vari indumenti e le marcate ombreggiature delineano una rappresentazione in cui ogni soggetto e ogni oggetto venga osservato, ammirato.

Il Maestro Giovan Battista Cima, nato appunto a Conegliano Veneto nel 1460, evolse la sua maggiore produttività artistica traVenezia, dove aprì una sua bottega, e l'Emilia, e il suo stile pittorico molto raffinato induce a ritenerlo un primario allievo di Giovanni Bellini, la sua produzione è soprattutto indirizzata verso raffigurazioni di immagini sacre come la “Madonna col Bambino” presente a Cardiff o la “Sacra Conversazione” sita a Washington.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Cima da Conegliano – Madonna col Bambino fra i santi Michele Arcangelo e Andrea Apostolo

domenica 9 luglio 2023

IO E IL MARE


“Dicono che i bambini come me, che ho quasi 7 anni e mezzo, non sanno pensare, ma vivono con ….non mi viene quel nome che dicono, è un qualche cosa comunque che loro affermano che noi possediamo e con essa ci perdiamo a giocare e vivere, ….ma come si chiama? ….aspetta mio padre spesso mi dice: ..- Te hai troppa.... -FANTASIA! - ecco quella cosa li.

Io non lo so cosa sia questa fantasia, a me pare di non averla proprio questa cosa appiccicata addosso, io l'ho chiesto anche al mio amico Spiderman, sai quello che riesce a saltare da un grattacielo all'altro con il lancio di una ragnatela che lo sostiene e che non si stacca mai, ma anche lui non mi ha saputo rispondere, anzi lui pensa proprio che sia una cosa che si inventano i grandi per tenerci calmi e per rispondere con quella alle troppe domande che noi facciamo.

Io non ho domande da fare, sono qui davanti a questa immensità di acqua che tutti chiamano mare perchè dentro c'è il sale, si quello che mamma usa per cucinare, e qui sinceramente non riesco a capire perchè ce ne sia così tanto che non è acqua per cuocere gli spaghetti, comunque è bello e non trova mai riposo, è anche dispettoso questo mare, pare che mi voglia abbracciare e poi una volta che mi sfiora scappa via e ritorna indietro.

Il mio amico, ormai lo conoscete è sempre quello, Spiderman, ha paura dell'acqua perchè dice che l'acqua di mare gli rovina il vestito rosso che indossa, sempre per colpa del sale, io invece a volte mi piace entrarci dentro anche se le onde mi spingono un poco troppo e a volte devo faticare per stare in piedi, ho un pochettino di paura ma non voglio farlo vedere a mio padre perchè dopo mi dice che sono un “fifone”.

Nel mare ci sono tante cose che ho visto su internet, pesci colorati, conchiglie giganti, alghe che non sono brutte come quelle che spesso galleggiano e si posano sulla riva e mi si appiccicano ai piedi e alle gambe. Io una volta l'ho visto un pesce qui vicino alla riva, era un bel pesce grosso, ma non era di quelli colorati come si vedono nelle fotografie, forse i colori li avrà rovinati il sale come al vestito del mio amico.

A me piacerebbe navigare, essere come quella barca che vedo in lontananza, con la vela bianca e che si fa spingere dalle onde e dal vento, mi piacerebbe perchè per prima cosa vorrei scoprire cosa c'è dopo quella riga netta che separa il mare dal cielo, quel punto preciso dove stasera, come tante altre sere, vedrò il sole che va a nascondersi, mamma dice che non si nasconde ma porta la stessa luce ad altri bambini in un'altra parte del mondo, e allora penso che vorrei andare proprio con la barca a trovare quei bambini così potremmo giocare insieme e io avrei sempre giorno e non dormirei mai, che bello sarebbe....ma Spiderman dice che non si può fare perchè il mondo è troppo grande e che al sole non si può comandare, e se lo dice lui che è un supereroe!

Per seconda cosa poi vorrei essere su quella barca solo per il divertimento di poter galleggiare mentre le onde mi cullano quasi a farmi addormentare. A volte l'ho fatto quello di dormire mentre mi galleggio sulle onde, con il materassino di gomma, ma ho sempre mamma o papà che mi stanno vicini altrimenti mi rovescio e dopo affogo! Io non so ancora nuotare ma un giorno, ho già deciso con il mio amico, decidiamo di andare da un maestro dell'acqua e ce lo facciamo insegnare, Spiderman ha detto che si comprerà un costume rosso con le righe nere....e io mi farò delle belle risate a vederlo così conciato, e gli l'ho detto pure........non mi ha parlato più per ben tre giorni!

Beh sai che ti dico mare, io mi sarei anche stancato, sei bello e sei grande però ancora non mi hai reso la seconda pallina che mi serve per giocare a racchette, che aspetti? Sei proprio dispettoso! Ti prego sono con maglietta e cappellino, non posso bagnarmi altrimenti me li scoloro, me la vuoi riportare la mia pallina con la quale ti stai divertendo a passarla da un'onda a un'altra?, dai per favore altrimenti tra poco mi sento chiamare da mamma che vuole esca da te!.......

Quando sarò grande vedrai caro mare se non ti vengo a comandare, io con il mio amico, vedrai vedrai! Ah eccola la mia pallina.......grazie mare e non ascoltare quello che ti ho detto prima, era tanto per dire, per metterti paura, io ti voglio troppo bene , sei bellissimo ….ma non tenerti, senza chiedermelo, le mie palline!


Roberto Busembai (errebi)


Photo del mio amico fotografo Ciacci Marcello

lunedì 8 maggio 2023

ALISON DUNLOP - CADERE

ALISON DUNLOP - CADERE

 
    
C'è un forte bisogno di scelte culturali, di nuove formule e nuove frontiere, c'è un senso di innovazione artistica che tenta di imprimere nelle forme e nelle scelte le basi di un ponderato senso di freschezza e libertà interiore, c'è insomma la voglia di cambiare , di rispolverare nell'antico e nel passato per rinnovarsi con più coscienza e cultura nel futuro. Ma è ancora lontano quel giorno o forse già qualcuno si sta preparando nonostante i venti del tempo siano forti e contrari, nonostante le nebbie dei giorni ricoprano ancora quel sole.

Alison Dunlop è un'artista canadese che dopo i primari studi nella sua Nazione si spostò prima in Francia e poi in Gran Bretagna, quando nel 1982 approdò in Scozia per un corso post- laurea presso l'Edinburgh College of Art , vi trovò il luogo e il clima interiore adatto per la sua esistenza e il suo sviluppo artistico. Notevoli premi l'hanno ripagata nel corso degli anni, recentemente nel 2018 ha ricevuto il Walter Scott Award dell'Annual Open Exhinbition di RSW a Edimburgo.

I suoi oli e acquarelli lasciano aperta quella lettura interiore di ognuno, lo spettatore riceve la particolarità dei colori, la luce nitida e pulita, le forme precise e nette, ma al contempo miracolosamente ognuno davanti alle sue opere riesce personalmente a riceverne una propria emozione, scaturendo così nella mente e nell'interiorità subconscia il risveglio di sensazioni forse dimenticate, perdute o volutamente nascoste.

“ Non mi ritrovo a dipingere – dalla natura – , da uno specifico punto di vista o momento, ma sto provando, attraverso i segni che il mio pennello riesce a convincere dall'acqua e dal pigmento e con la linea, il colore, il movimento e la forma, a – sintonizzarsi – e distillare l'energia del cambiamento costante all'interno di questo ambiente. Sto anche cercando di cogliere il significato in ciò che vedo, di imporre il mio ordine al suo caos, nella speranza di esplorare l'essenza di ciò che risuona così forte per me in questo luogo.”. (Alison Dunlop)


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Alison Dunlop - Cadere

lunedì 17 aprile 2023

GAUDENZIO FERRARI - IL CONCERTO DEGLI ANGELI


Il Santuario della Madonna dei Miracoli a Saronno oltre ad essere un importante centro di fede dove moltissimi pellegrini portano devozione è anche un Santuario che racchiude nel suo interno una vastità di capolavori d'arte tanto da essere nominato come 'la cappella Sistina' del Nord.

Le cinque campate sono in stile barocco e sotto il suggerimento del gesuita P. Reina, l'ingegnere Ciniselli e Giovanni Mariani, lavorarono intorno al 1600 per illustrare con simboli e sentenze i privilegi di Maria. La decorazione di tutta la parte iniziale si possono ammirare gli affreschi di Bernardino Luini, discepolo di Leonardo da Vinci, che nel periodo che va dal 1525 al 1532 vi lavorò rappresentando l'infanzia e la nascita di Gesù. Gli fu affidata anche la cupola ma vi sono soltanto alla base i santi Cristoforo, Antonio, Rocco e Sebastiano perchè lo raggiunse la morte, dopo di lui intervenne Cesare Magni che realizzò solamente S.Giorgio e S. Martino.

Ed ecco che nel 1535 venne chiamato Gaudenzio Ferrari il quale in soli 79 giorni dipinse tutta la cupola lasciandoci un opera alquanto sorprendente e meravigliosa.

E' la rappresentazione dell'ascesa della Madonna al cospetto di Dio, e il Ferrari la immaginò come un grande concerto festoso nell'immenso cielo, un turbine di ali, vesti colorate, chiome fluenti, aureole, flauti, viole e altri strumenti musicali affidati, usati, da un turbinio di angeli disposti su quattro cerchi concentrici che si conducono verso l'alto ovvero verso la figura di Dio aurelato da raggi e che è il perno di quel movimento circolare, quasi a essere il direttore di quella enorme orchestra. Perchè è davvero un'orchestra a cielo aperto.

Un Paradiso che il Ferrari ha affollato con angeli fluttuanti e coloratissimi, iniziando dal primo circolo, con putti o angioletti ignudi tutti con lo sguardo rivolto al Padre, per poi scendere la di sotto dove inizia il vero concerto con angeli che leggono e cantano le partiture, chi è intento a suonare con strumenti vari, insomma a doverlo ammirare dal sotto non solo ci sorprendiamo della maestosità dell'opera ma se ci lasciamo un poco trasportare da quel turbinio 'forse' potremmo anche 'sentire' quella musica celestiale tanto è bene raffigurata. In tutto sono circa 126 figure di cui ben 57 sono quelli che suonano. Oltre a questo il Ferrari realizzò anche i quattro tondi che sono al di sotto degli Angeli ma anche a lui, come al Luini, la morte gli impedì di finire l'opera.


Roberto Busembai (errebi)


Immagini web: Gaudenzio Ferrari – Il concerto degli angeli (Santuario della Madonna dei Miracoli , Saronno) e puzzle dei particolari dell'affresco.





sabato 8 aprile 2023

UOVA DA COLORARE


Ops.....ma davvero siamo a Pasqua, ma che sbadata che sono, davvero non ci avevo pensato o sinceramente non ci volevo pensare....Gli anni volano come aquiloni senza un filo teso e liberi di andare e più volano e più si allontanano dalla vista portano con se, appesi alla coda, ricordi ed emozioni, amori e sacrifici, e tante parole e librano così nelle nuvole che incontreranno e ci lasciano sole sul selciato di un futuro che non sappiamo quanto poi ce n'è restato. Ma allora se siamo a Pasqua, che significa rinascita, dobbiamo sicuramente rendere grazia a quel Signore che con il suo sacrificio umano “tentò” di liberare il mondo dalle impudicizie e dalle violenze che ricolmavano sulla terra e in ogni luogo senza distinzione. E quel “sacrificio” è poi valso? ci viene da chiederci adesso dopo secoli e secoli passati, perchè di tutto quello che c'era di brutto e violento non solo è scomparso dal cielo ma lo sovrasta pressandolo forte sul mondo che non ha nemmeno più la forza di chiedere “amore”. Ed era Pasqua quando invece da bambina come oggi, nella vigilia della festa, si mettevano uova a cuocere per rassodarle e poi fredde si coloravano e si tinteggiavano con i disegni più belli che fantasia ci potesse rincorrere dentro, ed erano poi quelle che deposte in un cestino di paglia venivano portate alla benedizione nel giorno di Pasqua e poi sulla tavola rotte nel guscio e in parti distribuite ai commensali presenti come segno di rinascita nell'anima e nel cuore.....ma tante rimanevano ancora intatte e dopo il pranzo noi bambini si prendevano e si andava sul poggio del fiume vicino per farle rotolare dall'alto e gridare e sperare che la nostra fosse quella che avrebbe vinto la gara arrivando per prima in pianura. Ed era Pasqua nel silenzio del ricordo dei nostri cari che a tavola non erano presenti e si gratificava il bene di averci donato quella vita che loro stessi avevano consumato lasciandoci sogni e amori da condividere nel tempo.

E allora se Pasqua deve essere che sia davvero quella bianca colomba che impavida vola tra fuochi e cannoni schivando mitraglie e proiettili che invadono il cielo e la terra, che davvero l'ulivo che simboleggia la pace e l'amore , che con la sua tenacia di resistere possa distendere sugli animi e nei cuori crudi e violenti il suo dolce liquido estratto dal frutto e olio purifichi le menti insane che vogliono tutto questo e che del mondo non sanno nemmeno cosa sia essere felici anche al solo sorgere del sole o al solo splendere della luna.

Buona Pasqua amici e amiche carissime, che sia per voi un sincero giorno di risveglio nel cuore e che l'amore non siano solo un insieme di parole, che la salute possa irrorare nei vostri corpi come quel pane e vino di un'ultima cena che portava a santificare, e che sia per voi e per tutti quelli che vi conoscono e che vi conosceranno, per me e per tutte le famiglie del mondo, famiglie intese come nucleo di persone, ovvero su tutti anche e soprattutto su quelli che vogliono la fine di un “uomo” che ha ancora un cervello per pensare ma avrebbe anche un cuore per far tendere la mano ed abbracciare, che sia Pasqua di resurrezione e poi se ci riusciamo afferriamo quel filo che tiene l'aquilone e fermiamo quel sogno che c'è ancora tanto da sognare.

Auguri sinceri di Buona Pasqua ,


la vostra Zia Molly


Immagine web

lunedì 20 marzo 2023

MASACCIO - MADONNA DEL SOLLETICO


Per dimostrarsi grandi artisti non occorrono grandi e enormi cose, e ce lo dimostra il Maestro Masaccio con questa piccolissima tavola dipinta dalle misure alquanto piccolissime, verrebbe da pensare ad un francobollo, circa 24 ,5 x 18,2 cm.. dove trasmette tutta la gentilezza, l'affetto e l'amore che una madre, la Madonna, ha verso il suo bambino, in questo caso Gesù. La tavola è conosciuta come la Madonna del solletico, dal gesto affettuoso con cui Maria cerca di divertire il piccolo Gesù il quale risponde afferrandogli il braccio e la mano, sorridendo. Gesti naturali, gesti comuni, gesti di reciproco scambio di amore e serenità, simbiosi comune tra una madre e un figlio.

Il bambino è interamente fasciato come era uso nel quattrocento e il rametto di corallo appeso alla catenella al collo è leggermente spostato naturalmente dal movimento del gioco. L'allora giovanissimo Masaccio riesce a tradurre in pittura il sentimento umano e trasmetterlo con semplicità e accuratezza, “perfezionando” così ,nella pittura ,Giotto, che già era stato il precursore del Rinascimento.

La tavola fu commissionata dal neo cardinale Antonio Casini, già vescovo di Siena, nel 1426 e a conferma di ciò è il retro della tavola stessa dove è dipinto lo stemma della famiglia a forma di scudo, sormontato dal cappello rosso cardinalizio , nello scudo ci sono sei stelle scure in campo giallo con una vistosa croce dorata al centro.

Un'effigie devozionale privata e facilmente trasportabile per la sua piccolezza.

La tavola venne scoperta nel 1947 tra le opere trafugate dai nazisti durante il conflitto della seconda guerra mondiale e dopo essere stata in Palazzo Vecchio fu trasferita agli Uffizi.

Nonostante il Masaccio si rifaccia alla pittura senese delle Madonne dai gesti spontanei, la resa pittorica è magistralmente resa dall'effetto chiaro-scuro tipico del Maestro, tale da rendere reale i volti stessi. Questa fu la sua grande rivoluzione pittorica.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Masaccio – Madonna del Solletico (Galleria degli Uffizi - Firenze)

martedì 7 marzo 2023

ALCUNE DONNE PITTRICI


Per una pura, reale, costante e determinante discriminazione, anche nell'arte, sono gli uomini ad avere avuto sempre pieno dominio ma, fortunatamente, alcune donne coraggiose sono riuscite a prevalere e ostacolare a proprie spese e a proprio pericolo questo modus operandi, ed è proprio di alcune di queste che oggi, in concomitanza alla festa internazionale della donna, voglio farvene conoscere alcune, anche se già ,sicuramente, ne avrete sentito parlare.d

Siamo nel quattrocento e la figlia di un più famoso e stimato pittore vorrebbe intraprendere l'arte pittorica, ma a nessuna donna è consentito di poterlo fare liberamente a meno che non si “affacci” alla fede e allora le cose potrebbero cambiare. Ecco che prende i voti e tramite miniature, tavolette votive ecc ottiene il suo scopo tale da procurarsi una certa riconoscenza e da essere anche ricercata. Pure agli Uffizi possiamo oggi ammirare una sua opera, ovvero “Vestizione di una monaca” ambientata nella Chiesa di San Donato in Polverosa. Si chiamava Antonia Doni ed era la figlia primogenita di Paolo Uccello.

Altra figlia di un altro famosissimo pittore, figlia illegittima ma sempre ben amata e considerata dal padre, siamo nel cinquecento, riuscì ad ottenere un certo livello pittorico di conoscenza, donna di cultura e pure musicista, ma che dovette sempre stare all'ombra del padre e dei fratelli e pure avendo avuta una chiamata importante, ossia dal re di Spagna Filippo II che adorava le pittrici, dovette rinunciarvi per volere ferreo del padre che auspicava per lei una vita più appartata e protetta. La fece sposare a un semplice e pesante gioielliere tedesco e il caso volle che a poco più di trenta anni la giovinetta perì. Si chiamava Marietta Robusti detta Tintoretta, figlia del più illustre (guarda caso) Tintoretto.

Chi non ha mai sentito nominare Sofonisba Anguissola, ebbene questa donna, siamo ancora in pieno cinquecento, ottenne fama eccezionale come pittrice, appoggiata molto dal padre disegnatore dilettante ma amante pazzesco dell'arte, tanto da superare pregiudizi del tempo e ampliare la sua cultura in ogni ambito, dal letterario al musicale, passando e approfondendo quello artistico. Nota in quasi tutta Europa, lei era potuta andare alla corte spagnola di Re Filippo II e si può considerare la prima pittrice rinascimentale. Persino Michelangelo Buonarroti, al quale il padre di Sofonisba gli aveva inviato alcuni disegni della figlia, si meravigliò della sua bravura, tanto da sfidarla a rappresentare un bambino che piangeva. E' famoso il disegno del “Fanciullo morso da un gambero” che lo stesso artista lodò clamorosamente e lei divenne ancor più riconosciuta al punto che viene persino citata nelle “Vite” del Vasari.

Alla fine del cinquecento, non si può non citare la bolognese Lavinia Fontana, pure essa figlia di un famoso pittore. Presso la bottega del padre ebbe l'opportunità di frequentare i famosi Carracci, da subirne stilisticamente la loro influenza. Ritrattista, come del resto erano quasi tutte le pittrici donne, ebbe anche la possibilità di ottenere importanti lavori su commissione da diventare anche la prima donna a dipingere una pala d'altare, la bellissima “Assunzione della Vergine” ancora oggi vedibile a Imola. Sotto la protezione di papa Gregorio XIII fu pittrice a Roma tanto da essere considerata la “Pontificia pittrice” e comunque oltre ad essere apprezzata per le sue capacità artistiche lo fu anche come donna e soprattutto come madre, perchè nonostante i dodici figli avuti, riuscì sempre a gestirsi lodevolmente in ambe le parti.

Fede Galizia, fu un'importante pittrice soprattutto di nature morte, un genere però che era ritenuto di minore importanza, del XVII secolo avendo anche lei imparato presso la bottega del padre miniaturista Nunzio Galizia, tanto da essere apprezzata dall'Arcimboldi che portò alcune sue opere all'attenzione della corte di Praga presso Rodolfo II. Ma non soltanto nature morte, se si pensa che a soli diciotto anni realizzò una “Giuditta con la testa di Oloferne” assolutamente particolare e geniale, uscendo rappresentativamente da ogni schema del tempo, una Giuditta alquanto signorile ricoperta di gioielli (minuziosamente e accuratamente dipinti) e con vesti alquanto ricamate e con ricche decorazioni. Non solo ma volle “auto ritrarsi” nella parte di Giuditta. Fede Galizia per avere piena e assoluta libertà di dedicarsi alla pittura, rinunciò a sposarsi e purtroppo a 52 anni morì stroncata dal male del tempo, ovvero la peste.

Artemisia Gentileschi, che qui nomino solamente, in quanto le abbiamo già dedicato una monografia e se vogliamo forse una delle poche ad avere fama e riconoscenza tutt'ora.

Il settecento vede la notorietà di Rosalba Carriera, famosissima ritrattista con ampia riconoscenza anche all'estero. Attenta a ogni particolare faceva dei suoi dipinti una rappresentazione quasi da miniatura, e non solo ma seppe dare alle figure rappresentate quel giusto apporto umano e interiore.

Conquistò Parigi tanto da essere ammessa all'Accademia e ottenere pure una commissione dal re Luigi XV, per poi terminare i suoi anni alla corte di Vienna.

Rimanendo in Francia, colei che fu davvero considerata la ritrattista più emblematica del tempo, fu Elisabeth-Louise Vigée Le Brun, colei che ebbe la fortuna, oltre ad un nobile talento, di essere ben sostenuta da due nobilissime e importanti donne, Madame de Verdun, moglie di un efferato appaltatore delle imposte e la Duchessa di Chartes, e comunque anche il proprio sposo non fu da meno, in quanto mercante di quadri l'agevolò particolarmente.

Fu Maria Antonietta consorte del Re Sole, che la insignì all'Accademia Reale di Pittura e Scultura, divenendo poi amica e confidente stretta della regina e sua unica e fedele ritrattista.

Naturalmente la donna non era ben vista a corte, tanto da essere motivo di pettegolezzo e maldicenza da parte soprattutto dei signori uomini, al punto che giravano voci in cui si diceva che i dipinti a lei attribuiti fossero stati eseguiti in segreto da un pittore maschio. Alla caduta della monarchia riuscì a fuggire travestendosi da popolana e ritornò, dopo aver vagato per l'Europa intera, a Parigi venti anni dopo, durante il dominio di Napoleone e dove poi trovò la morte.

Allieva della Le Brun e pure del grande Jacques-Louis David, Marie -Guillemine Benoist abbandonò comunque le regole neoclassiciste avvicinandosi al Romanticismo arrivando così, ai primi del 1800, a presentare al Salon di Parigi quello che possiamo ancor oggi definirlo un grande capolavoro, il “Portrait d'une negresse”. Viene considerata la coraggiosa interpretazione che l'artista ha avuto nei confronti dello schiavismo e del razzismo, considerando che appena sei anni prima c'era stata l'abolizione della schiavitù, con una forza rivendicatrice per la dignità della donna al di la della razza, cultura e estrazione sociale,(considerando poi che solo dopo poco su pressioni dei proprietari di piantagioni, la schiavitù sarebbe stata di nuovo legalizzata), perciò un dipinto progressista e assolutamente da considerarsi femminista e ovviamente criticato e giudicato pure scandaloso.

La donna, che posa in tre quarti, seduta su una poltrona rivestita da un tessuto blu, ha un atteggiamento tipico delle dame di società e guarda sicura e decisa verso l'osservatore, uno sguardo attivo che si capisce non ha nessuna remora di abbassare la visione (cosa che avrebbe dovuto essere per una donna nera sottomessa). Indossa una sontuosa stoffa bianca stretta in vita da una cintura rossa, come andava di moda tra le signore del tempo. I colori denotano chiaramente il richiamo alla nota bandiera francese. Un dipinto assolutamente sensuale che porta a ricordi di un rinascimentale Raffaello con la sua “Fornarina”.

Lo scandalo comunque non turbò assolutamente la sua notorietà, anzi divenne poi la ritrattista personale della famiglia di Napoleone. Nominata in seguito pittrice ufficiale dell'impero e ottenuta dal governo una cospicua pensione e una medaglia d'oro, la Benoist aprì pure un atelier per sole donne.

Per ultima, riferendomi alla mia esposizione non certo per valore e per classifica, sempre nel pieno dell'ottocento, è da menzionare una fedele al movimento realista, singolare, femminista , Rosa Bonheur. Dedita soprattutto a rappresentazioni di animali ottenne la sua fama internazionale, fu la prima a raggiungere pure gli Stati Uniti, con “La fiera dei cavalli”. Prima donna francese ad avere il titolo di cavaliere della Légion d'honneur , fu una stimata e amata pittrice dell'allora bistrattato realismo, quello maschile, quello dei primi Millet e Courber.

Donna di temperamento e dal carattere forte e decisionale, sfidò tutte le convenzioni e il perbenismo , omosessuale dichiarata ebbe una compagna con la quale visse fino alla sua morte, per poi legarsi a un'altra (pure lei pittrice) che divenne sua erede. Forse per il fatto che fosse donna la sua “caratteristica” non destò poi tanto clamore e comunque non nascose mai la sua inclinazione, basti pensare che parlava al maschile, aveva sempre capelli corti, fumava sigari Avana e chiedendo e ottenendo ogni 6 mesi autorizzazione specifica, indossava i pantaloni che all'epoca per una donna era un reato gravissimo, naturalmente la postilla sulla richiesta era per “motivi di salute”.

Femminista, credeva nelle donne sostenendo l'indipendenza assoluta e affermando: “ Del resto sono convinta che a noi appartenga l'avvenire.”.

Roberto Busembai (errebi)


Immagini web: Antonia Doni - Vestizione di una monaca / Sofonisba Anguissola - Fanciullo morso da un gambero / Lavinia Fontana – Assunzione della Vergine / Fede Galizia – Giuditta con la testa di Oloferne / Elisabeth Louise Vigee Le Brun – Maria Antonietta con la rosa / Benoist Marie Guillemine - Portrait d'une negresse / Rosa Bonheur - La fiera dei cavalli

lunedì 6 febbraio 2023

SIMONE MARTINI - SAN LUDOVICO DI TOLOSA


Nell'anno 1317 in occasione della santificazione del Santo Ludovico (d'Angiò) fu commissionata da parte del fratello Roberto d'Angiò al Maestro Simone Martini che si trovava appunto a Napoli, una pala commemorativa che ritraesse il Santo da custodire nella basilica di San Lorenzo.

La rappresentazione del Maestro fu di duplice aspetto, volutamente politica oltre che religiosa, infatti si può considerare la prima opera dall'icona profana rappresentata e documentata in Italia.

Nel 1296, il re del Regno di Napoli Carlo II d'Angiò abdicò in favore del figlio maggiore che era Ludovico, ma quest'ultimo rifiutò in quanto volle aderire all'ordine francescano e donando così di fatto la corona al fratello minore Roberto.

Nella pala del Martini vi sono due ben precise rappresentazioni di questi fatti, la prima in cui Ludovico già vescovo di Tolosa viene incoronato dagli angeli al cospetto di Dio e nel contempo incorona il fratello devotamente inginocchiato alla sua sinistra. E' chiaro lo strumento di pura propaganda politica che Roberto d'Angiò si faceva pubblicamente.

Attrae subito il ricco abbigliamento del piviale del Santo , il pastorale nella mano destra, la mitra sul capo e il ben in mostra l'anello episcopale, che non si confà certo all'ordine dei frati minori a cui apparteneva, ma questo è dovuto al fatto che il padre non volesse affatto che un d'Angiò si configurasse nella regola più radicale e vivesse nella povertà e perciò, nonostante il volere diverso del figlio, gli impose la nomina di vescovo di Tolosa. C'è anche da considerare comunque che il fatto celava un ben preciso dettame politico, in quanto al tempo l'ordine francescano era inviso dalla Chiesa che lo considerava nei limiti dell'eresia.

Tutta l'opera ha la caratteristica fondamentale bizantina, si osservino le diverse proporzioni dei personaggi, il personaggio che ha valenza maggiore è rappresentato grande (San Ludovico) mentre il minore in misura minore (Roberto d'Angiò), come pure il vasto fondo dorato.

L'opera sottolinea al contempo la spiritualità e il fattore politico, la scena non è altro che la rappresentazione di una pura investitura sottolineata appunto dalle ricche vesti, dalle armi di Francia, l'uso esagerato dell'oro e quel gesto aulico e solenne del Santo che porge la corona, il tutto contornato da una decorazione blu dove spiccano gigli simbolo della casata D'Angiò.

La predella sottostante, dai toni più riservati, rappresenta scene della vita di San Ludovico.

Nel primo scomparto vediamo Ludovico che accetta la nomina da vescovo di Tolosa con il patto che possa entrare nell'ordine Francescano (nella realtà il fatto si svolse segretamente a Roma alla fine del 1296 al cospetto di Bonifacio VIII per volere , come già detto, del padre Carlo II d'Angiò).

Nel successivo è rappresentata la conclusione degli accordi e la consacrazione vescovile di Ludovico resa pubblica.Nel terzo scomparto è rappresentato il processo di canonizzazione di Ludovico sottolineando la modestia del santo che si prodigava personalmente ad aiutare e servire i poveri affamati. Ma un'altra vera virtù del santo, che era lui stesso povero e viveva in mistica profondità come San Francesco nonostante fosse vescovo e figlio di re, non viene certo rappresentata, i committenti tenevano a questa figura di famiglia, ma che rientrasse nei ranghi accettati dalla Chiesa, ovvero esaltare la sua figura dal punto di vista spirituale , ovvero imitatore dell'umiltà di Cristo ma non certo della Sua povertà, figuratamente povero ma benestante fisicamente.

Segue la rappresentazione dei suoi funerali e in ultimo la raffigurazione di un Suo miracolo, nella quale un uomo chiede aiuto al Santo (ha in mano una statuetta che riproduce la icona del santo) per il suo piccolo figlioletto morto, che il Santo farà resuscitare.

La pala subì un primo trasferimento nel Real Museo Borbonico e poi nel 1927 nel Museo di Capodimonte a Napoli dove tutt'ora è visibile.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Simone Martini – San Ludovico di Tolosa – Museo Nazionale di Capodimonte (NA)

martedì 31 gennaio 2023

EUGENE VON BLAAS - GOSSIP


Oggi siamo abituati ai gossip (pettegolezzi) soltanto quelli virtuali e quelli sui social, siamo i primi noi italiani a crearne, a maturarne e a sfoderarne, non possiamo farne a meno, e spesso con questi mezzi moderni causiamo anche delle ferite gravi, inconsciamente o meno facciamo dei grandi danni e talvolta pure irreversibili. Le malelingue se poi non dette ma come in questi casi, scritte, sono indelebili.

Non dico che il pettegolezzo sia dell'era moderna, assolutamente, ma nasce da una cultura arcaica e popolare, contadina e rurale quale poteva essere quella italiana del secolo scorso, dove però il pettegolezzo era soltanto un passar di parola, un vezzo che poteva far arrossire o adirare, talvolta si ingrandiva e cambiava pure di senso e di contenuto nell'evolversi tra persona e persona, ma era si incisivo ma sempre parola detta, parola che volava e spesso era un pettegolezzo benevolo, talvolta un apprezzamento o un tentativo di approccio tramandato non direttamente.

Ebbene questa ambientazione , questa caratteristica di noi italiani, la ritroviamo nelle opere d'arte dell'austri-italico Eugen von Blaas, che non solo sa rendere dettagliatamente i costumi e le figure, ma definisce la scena con accurate e precise posture, con i gesti vivaci delle figure, le espressioni facciali e pure se ne desume anche il linguaggio emotivo che esse animano, insomma siamo quasi in grado di capirne il genere di pettegolezzo che si sta svolgendo tra il gruppo di giovani. Entriamo senza rendercene conto spettatori e attori di quello stesso ambiente, quasi ci viene voglia di dire la nostra, di partecipare, di coinvolgerci; è un'opera d'arte particolare, è una sua maniera, sono vari e diversi i quadri su questo tema e tutti con la stessa intensità emotiva e trascinante.

Chi non ricorda, almeno i meno giovani come me, le serate estive trascorse seduti sui muretti delle corti, sugli scalini di una chiesa, sui parapetti di una piazza ecc. a parlare del più e del meno, ovvero a spettegolare di questo e quello o tentare un approccio con quella ragazza che non avevi il coraggio di avvicinare diversamente o facendo un sorriso al quel ragazzo che tanto ti piaceva ma non potevi avvicinarlo. Gossip al tempo forse era meglio anche se ammettiamolo qualche chiacchiera, qualche pettegolo anche al tempo ha causato e fatto danni.

Il maestro, con le sue “chiacchiere” dipinte ha voluto immetterci in un tempo, che era o che fu ma che comunque ha dato adito a che se ne conoscesse, e non è un tempo storico da studiare nei libri di scuola, è un tempo vissuto che pochi conoscono e pochi ormai ne parlano ancora. Lui ha voluto tramandarci un attimo quasi fotografico di un'abitudine semplice, naturale, popolare come oggi noi facciamo con i cellulari fermando i nostri momenti con il selfie.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Eugene von Blaas – Gossip (1903) Dipinto a olio su pannello cm.90,8x114,9

martedì 24 gennaio 2023

UNA BIOGRAFIA AL MESE - AMEDEO MODIGLIANI

UNA BIOGRAFIA AL MESE


AMEDEO MODIGLIANI


Nasce a Livorno, città portuale della Toscana, il 12 luglio del 1884 e la sua formazione artistica avviene all'inizio in Italia, in primis nella sua città natale presso la guida di Guglielmo Micheli che lo avvicina alla tecnica dei macchiaioli, per poi nel 1902 abbandonare per sempre Livorno verso la Scuola Libera di Nudo a Firenze e indi a Venezia all'Istituto di Belle Arti per lo studio dei pittori veneziani nel Rinascimento, e poi ancora Roma, Pisa ecc.

Ma la città degli artisti, il mondo dell'arte è oltre cortina e infatti nel 1906 Modigliani si trasferisce a Parigi (dove verrà chiamato e conosciuto come “Modì”)e affitta uno studio in Montmartre in rue Caulaincourt ma il trasferimento definitivo lo farà verso Montparnasse dove ha capito che la culla e la base dell'arte in generis è proprio li.

La sua pittura ha interesse verso i simbolisti, ammira Klimt e adora Picasso, soprattutto quel Pablo del periodo Blu, approdando a una pittura vicina a Cézanne, ma Modigliani non è soddisfatto e allora tenta la scultura, ma il cuore è sempre attaccato ai pennelli.

Inizia così con la ritrattistica soprattutto dei familiari ma saranno poi i ritratti fatti agli amici nei caffè Parigi che frequenta assiduamente e anche abbandonandosi così al bere a ad assumere droghe. E' un vivere alla bohemienne, è un vivere anticonformista e singolare, e sarà questo metodo di vita che verrà trasportato nelle arti in genere. Sarà in questa avventura che Modigliani conoscerà il mercante francese Paul Guillame il quale lo spronerà davvero alla pittura ( e anche perchè le condizioni di salute di Modigliani sono talmente gravi che non sopporta la difficile lavorazione della pietra calcarea per la scultura) e sarà proprio lui che si prodigherà perchè l'artista venga riconosciuto.

Non è abbastanza e un'altro promotore, stavolta un polacco mercante d'arte, Leopold Zborowski nel 1916 gli chiede l'esclusiva delle sue opere pagandolo annualmente ma ottenendo anche ospitalità nelle sue abitazioni.

L'anno successivo Modigliani incontra l'amore, la pittrice Jeanne Hébuterne e andranno a vivere a Montparnasse ed è anche l'anno in cui la sua prima esposizione in una galleria a Parigi verrà chiusa il giorno dell'inaugurazione perchè i suoi nudi sono grandemente oltraggiosi!.

La sua salute, soffre di tubercolosi, è in sfacelo, si richiede un clima migliore, per cui lascia Parigi per recarsi a Nizza dove nel 1918 nasce la sua prima e unica figlia Jeanne, una nascita che verrà nascosta alla famiglia della sposa perchè non hanno mai visto di buon occhio “quel trasandato imbratta tele” e infatti appena ne verranno a conoscenza i rapporti saranno davvero burrascosi.

Nel maggio 1919 ritorna a Parigi dove la moglie lo raggiungerà poco più tardi, nuovamente incinta, ma le condizioni di Modigliani ormai hanno un progressivo tracollo.

Una forte polmonite lo farà andare in coma e il 24 gennaio del 1920, all'Hopital de la Charitè l'artista morirà, il giorno dopo la moglie non sopporterà il dolore e nonostante sia in attesa di otto mesi, non tituba a gettarsi dalla finestra della sua camera. I due riposano uniti nel cimitero di Pére Lachaise a Parigi.

Modigliani non si è mai dichiarato appartenente a qualsiasi corrente artistica anche se di fatto le sue tendenze siano vicine a quelle del periodo come l'avanguardia futurista, ma è anche vero che l'insieme delle sue opere offrono uno spazio personale e particolare.....i non addetti ai lavori riconoscono Modigliani per “le donne dal lungo collo”, e aggiungeremo anche “gli occhi senza pupille” perchè lui affermava che negli occhi delle donne c'era l'anima riflessa e lui non poteva essere in grado di rappresentarla.


Roberto Busembai (errebi)


Immagini web: Alcune opere di Amedeo Modigliani:

Ritratto della moglie Jeanne, Giovane donna con colletto alla marinara,Il mercante Leopold Zborowski, il mercante Paul Guillame, Lunia Czechowska







martedì 17 gennaio 2023

WILLIAM ADOLPHE BOUGUEREAU - PRIMO LUTTO

 
L'intensità emotiva del dolore di questo quadro è davvero toccante, si tende a provarla veramente guardandola, è stata talmente sofferta e sentita dall'artista, William Adolphe Bouguereau, da imprimerne ogni caratteristica, se poi si pensa che il Maestro fece questo quadro poco dopo la dipartita di un suo giovane figlio (1888), l'opera diventa davvero magnifica. Non si dovrebbe mai conoscere la morte del proprio figlio, e oggi invece quanti accadimenti dovuti a questa società sempre in corsa ci annunciano di morti giovani.

La scena ritrae i nostri diretti discendenti, Adamo ed Eva nel momento in cui scoprono il corpo del figlio Abele morto ucciso dal fratello Caino. Il loro enorme dolore è davvero all'apice dell'umano, non solo il figlio morto ma anche la sofferenza di saperlo da nano fratricida, la perdita fisica e morale di due figli nello stesso momento.

La disperazione ha invaso tutta la tela, intorno a loro ci sono colori cupi, nuvole grigie che annunciano quasi un temporale e quel fumo grigio e acre che sale da un'ara, ma sono i colori dei personaggi a dare quel profondo senso della scena. Eva piangente e con il volto coperto che cerca coraggio sul corpo maschile di Adamo, viene rappresentata con tutta la sua delicatezza con un colore candido mentre a contrasto il colore scuro di Adamo, un Adamo che si avvicina una mano al cuore quasi a sostenerlo perchè non ceda per il forte dolore, e Abele, quel corpo abbandonato sopra le loro braccia, in una quasi rappresentazione di pietas tipica della pittura rinascimentale per la rappresentazione del Cristo e sculturea ( basti pensare alla Pietà di Michelangelo) deposto davanti alla Madonna, ha un colore di pelle rosa pallido quasi bianco a sottolineare e farci comprendere ancora di più il “calore” freddo della morte. Soltanto un accenno di sangue sul terreno fa intendere l'uccisione. Come pure la costruzione dei personaggi “piramidale” è tipica del Rinascimento non a caso il Maestro fu spesso denominato come “ Il Raffaello francese”.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Villiam Adolphe Bouguereau – Primo Lutto (203x250cm)(Museo Nazionale di Belle Arti di Buenos Aires - Argentina)



martedì 10 gennaio 2023

MICHELANGELO MERISI DETTO CARAVAGGIO - L'AMORINO DORMIENTE


Per apprendere in pieno questo piccolo ma fantastico quadro dell'assoluto grande Michelangelo Merisi detto Caravaggio, bisogna risalire un poco alla storia dell'artista, o se non altro di quel periodo che lo ha portato a dipingerlo.

Siamo nel 1606 e Caravaggio vive a Roma e in questa città nel pieno della Controriforma è diventato un pittore molto conosciuto e apprezzato anche per le grazie del cardinale Francesco Maria del Monte che fa conoscere le sue opere. Ma il Caravaggio non è un uomo da sottostare a convenevoli e facezie, l'animo dell'artista è un animo vivace, combattivo, oserei dire una testa calda, che spesso si trova impelagato in tafferugli e risse e altri crimini vari.

Ed è proprio per questa sua forte intraprendenza che il 28 Maggio di quell'anno si trova immischiato in una zuffa dove però destino volle che tra i contendenti vi fosse il suo più acerrimo nemico, Ranuccio Tomassoni e perciò la scazzottata si trasforma in un vero duello nel quale il pittore uccide il rivale.

Caravaggio stavolta è in pericolo, la pena di morte per il fattaccio non gliela toglie nessuno, deve fuggire e infatti riesce a raggiungere Napoli e aiutato da amici riesce a stare nascosto, quando viene a conoscere che se diventasse un Cavaliere di Malta la sua pena non sarebbe più valida e totalmente cancellata.

Arriva così il 1607 e il Merisi è a Malta dove aiutato dal Gran Maestro dei Cavalieri, Alof de Wignacourt, riesce a far parte del Cavalierato e per ringraziare colui che lo ha aiutato, anzi salvato, Caravaggio realizza un bellissimo ritratto di Alof e un'altra grande tela rappresentante la decollazione del Battista donandole così al suo salvatore.

Ma nel contempo si trova a dover dipingere, sempre per debito nei confronti di Alof, un'opera per un sottoposto del Gran Maestro, a Francesco dell' Antella che vive a Firenze.

Ecco che nasce “L'amorino dormiente” un quadro dalle piccole dimensioni (72x105cm) che l'artista nel retro firma “ M.M.di Caravaggio, Malta,1608”.

E' un'opera in pieno stile Caravaggesco, lo sfondo che raccoglie il tenero fanciullo è nero, appositamente per centrare lo sguardo e l'attenzione a quello che si vuole sia visto, senza disturbo alcuno, e altra caratteristica di Caravaggio sono i dettagli, minuziosi e particolari che solo lui sapeva centrare e inserire.

Il piccolo fanciullo sta dormendo su una delle sue ali, mentre l'altra è tesa verso l'alto, è un Cupido e lo si denota subito dalla faretra che Caravaggio gli pone sotto la testa in modo che la testa dell'amorino possa adagiarvisi come fosse un cuscino e poi con una mano, quella stesa, stringe l'arco e una freccia ancora non scoccata.


Quello che rende ancora più enigmatico questo quadro è il colore, ovvero la contrapposizione del volto con colori più accesi mentre il corpo ha toni molto più pallidi e presenta pure delle macchie sparse, macchie che hanno fatto discutere i più illustri critici e studiosi d'arte. Sono macchie che fanno presupporre un sintomo di malattia, e forse la lettura di questo quadro potrebbe assumere come una vera denuncia sulle condizioni dei bambini del tempo, tanto da supporre che sia un bambino morente quello abbandonato nella sua tela. Ma i più romantici vogliono “sperare” invece in un piccolo Cupido, ovvero l'Amore cieco abbandonato ai sensi o ancora letture più audaci e filosofiche che altro non sia che la rappresentazione dello stato d'animo che l'uomo raggiunge controllando e superando le passioni, che comunque questa non apparterrebbe al Pittore in questione, lui che le passioni non riusciva certo a frenarle.

L'opera venne trasportata a Firenze nel 1609 dal fratello dell'Antella, il senatore Niccolò e appena viene esposta pubblicamente, il quadro desta tanto mai apprezzamento per quella capacità di rendere reale e vivo il soggetto, che alcuni artisti riescono a copiarne il contenuto sulla facciata del palazzo dellAntella, palazzo che si trova in Piazza Santa Croce a Firenze e che tutt'ora è visibile “la copia”, mentre l'originale del Caravaggio è visibile a Palazzo Pitti nella Galleria Palatina.


Roberto Busembai (errebi)

Immagine web: Michelangelo Merisi detto Caravaggio – L'amorino dormiente (Palazzo Pitti, Galleria Palatina - Firenze)

martedì 3 gennaio 2023

GIOVANNI DI PAOLO - ADORAZIONE DEI MAGI


Per rimanere nel tema della Nascita di Gesù e a termine della ricerca di natività più o meno conosciute, oggi propongo una visitazione dei Magi (in prossimità appunto della festività dell'Epifania) di uno dei più rappresentativi pittori della scuola Senese del '400, ovvero Giovanni di Paolo di Grazia. Si tratta di una piccolissima pittura a tempera e oro su tavola, ovvero una quarta parte di predella (ormai smembrata) esistente al Metropolitan Museum of Art di New York, piccolissima in quanto le sue misure sono davvero eccezionali, 27x23 cm, e assolutamente sorprendenti se si pensa quanto spazio e profondità il Maestro abbia avuto proprietà di rappresentazione!

Il tutto ha un vago ricordo pittorico al grande Gentile da Fabriano, almeno nei vistosi e ricchi costumi dei Re Magi, ma è assolutamente originale nella rappresentazione scenica, dove per primo adotta la raffigurazione della “stalla” con copertura di canne e mette da un lato i personaggi maggiori. Oltre alla notoria indicazione dei tre Magi come simbolicamente si intendono, ovvero le tre età dell'uomo, Giovanni fa muovere il giovane opponendo un braccio sulla spalla a Giuseppe, e questo pare sia dovuto alla conoscenza di un famoso sermone dell'epoca di un famoso arcivescovo domenicano fiorentino, Antonino, ovvero della “In Epiphania domini”, in cui si supponeva che Giuseppe non conservasse i tesori dei Magi, ma li distribuisse ai poveri.

La particolarità, comunque, di questo dipinto è il vasto e ampio spazio oltre le figure, se si pensa alla piccolezza della tavola, tutto diventa magicamente immenso e grande, e anche perchè il Maestro non si è indaffarato a rappresentare, come era usanza, tutto il fastoso corteo dietro ai signori Magi, ma ha voluto dare valore alla scena essenziale, donando una semplicità e naturalezza non comuni. Una donazione dei Magi quasi in privato.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Giovanni di Paolo – Adorazione dei Magi (Metropolitan Museum of Art, New York)