lunedì 26 settembre 2022

LORENZO LOTTO - RITRATTO DI MARSILIO CASSOTTI E DELLA SUA SPOSA FAUSTINA


Nella sua più che decennale residenza a Bergamo, il Lotto ebbe di dimostrare e accentuare la sua veneranda maturità espressiva, soddisfacendo le più svariate commissioni dalle più titolate famiglie del loco, i Brembati, i Tassi, e tra i tanti anche i Cassotti.

Per i Cassotti, Lotto pare dipingesse addirittura cinque opere di cui due furono commissionate dal capostipite della famiglia, Zanin Cassotti, per il figlio Marsilio e proprio queste due sono quelle che ancora oggi si possono ammirare. Una, lo Sposalizio Mistico di Santa Caterina e Santi che si trova presso la Galleria Nazionale d'Arte a palazzo Barberini a Roma e l'altra, Micer Marsilio Cassotti e sua moglie Faustina, un ritratto nuziale dei due giovani, che si trova presso il Museo del Prado di Madrid.

Il Maestro Lotto era già conosciutissimo per le sue abilità pittoriche ma soprattutto per il grande talento da ritrattista, tanto da introdurre nella sua tecnica vicinissima alle opere Raffaelite e del Giorgione, il pathos psicologico tipico della pittura nordica.

Nel 1523 il giovanissimo ventunenne Marsilio e Faustina Assonica, una giovane benestante di Bergamo, si unirono a nozze e il padre di lui commissionò al Lotto un quadro che potesse commemorarli e al tempo stesso da poter dimostrare con questa opera il trionfo sociale che l'unione rappresentava facendo si che i due sovrastassero sulla nobiltà del luogo; il compenso richiesto dal Lotto fu di trenta scudi ma ne riuscì a incassarne soltanto venti.

Il giovane compito nel suo abito di seta scuro, dove bordature di trine escono furtive per risaltare un lungo camicione bianco, è intento nell'atto del porre l'anello alla prossima moglie, un gesto molto simbolico che denota la superiorità e il potere sulla coppia, coppia dal cui tipico atteggiamento devozionale e di subordinazione è raffigurata la giovane donzella, leggermente più bassa, la testa inclinata e protesa verso di lui. Faustina è in rigorosa veste color rossa, un colore molto di moda nella Venezia del tempo, un sontuoso abito di seta, una cuffia di broccato e una vistosa collana di perle, uno dei tanti simboli con cui il Lotto riempiva le sue opere, infatti questa denotava proprio la sottomissione della donna al marito. Dalla collana pende un bellissimo cammeo raffigurante Faustina Maggiore, la nobile romana moglie dell'imperatore Antonio Pio, ritenuta e iconicamente riconosciuta come la moglie perfetta.

L'iconografia e simbologia come detto erano parte integrante del Lotto e in questa opera è ancora più marcatamente e vistosamente rappresentata con il giovanissimo Cupido alle spalle dei coniugi che pone un giogo sulle loro spalle dalla facile lettura, ovvero un riferimento tangibile degli obblighi matrimoniali e infatti da quel gioco si ergono foglie di alloro , a sua volta simbolo di virtù e molto allusivo alla loro fedeltà. Pare la rappresentazione del giogo sia stata volutamente proposta dal padre dello sposo, per avvertirlo che il matrimonio era una cosa seria e non come era abituato alle sue scappatelle, perchè intendesse che il matrimonio è una condizione di dipendenza fra i due coniugi. L'ironia del tutto è stata ben scandita dal Maestro aggiungendo all'espressione del Cupido un sorriso ambiguo rivolto a Marsilio mentre posa il giogo.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Lorenzo Lotto – Micer Marsilio Cassotti e sua moglie Faustina ( Museo del Prado - Madrid)

martedì 13 settembre 2022

MICHELANGELO MERISI DETTO CARAVAGGIO - SAN MATTEO E L'ANGELO


Certo anche un grande Maestro come lo è stato Michelangelo Merisi detto Caravaggio si è trovato un giorno colto dalla disperazione.

Era l'anno 1602 e il Cardinale Matteo Contarelli commissiona al Caravaggio un quadro che sarebbe poi stato posto alla parete centrale della Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi a Roma, un quadro che avrebbe concluso i già due presenti ai lati, riguardanti le storie di San Matteo. Il Maestro si mette al lavoro e da una sua rivoluzionaria e spettacolare versione, un San Matteo umano, un uomo grossolano, un popolano seduto e con le gambe nude e incrociate stenta a ragionare su di un libro mentre l'angelo che lo dovrebbe istruire per lo scrivere le Sacre Scritture è un “buffetto” romano, scanzonato che pare quasi divertirsi dell'ignoranza di quell'uomo. Immaginate lo stupore e scalpore che ha sollevato e che il Cardinale certo non l'avrebbe nemmeno pagato e soprattutto lo avrebbe addirittura screditato. Immaginiamo il tormento di quell'artista che si era espresso nel meglio dei suoi “rivoluzionari” sentimenti, che aveva dato tutto il cuore perchè l'opera colpisse anche il più ingenuo dei fedeli che davanti a quella avrebbero certamente pregato e donato il loro amore. Farne un altro era l'unica soluzione e la fortuna volle che il Marchese Giustiniani lo volesse a ben volere e acquistò quel quadro dai preti della chiesa che erano tanto scossi da quei piedi scalzi e sporchi in primo piano del Santo e con quelle gambe nude e male accavallate.





E così Caravaggio si mise al lavoro e ne compì un altro, degnamente stupendo ma sicuramente di meno fascino e forza interiore, San Matteo è più decoroso negli atteggiamenti ma dimostra ancora una certo muscolatura grossolana e quella titubanza nel dover scrivere e imparare quasi per forza e quell'angelo “parruccone” che assume ancora la bonarietà di un ragazzotto di paese e quasi si sforza a enumerare le cose da scrivere e insegnare. Ed ecco la maestria del Maestro pittore che con la immancabile forza della luce fa si che il tutto assuma quel senso aulico che si rispetti per ogni Santo rappresentato e renda il Santo Matteo attento e consapevole della sua missione mentre l'angelo che lo istruisce è la diretta ispirazione mistica tale da eseguire devotamente la scrittura evangelica.

Il primo dipinto che come detto fu acquistato dal Giustiniani giunse poi nei secoli a venire, tramite le varie ereditarietà, al Kaiser Fredrich Museum di Berlino dove però purtroppo nell'ultimo conflitto mondiale subì la distruzione dai bombardamenti.

La seconda versione, fortunatamente, è ancora ben visibile nella Chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma.


Roberto Busembai (errebi)


Immagini web: Prima versione (perduta) di San Matteo e l'Angelo di Caravaggio – San Matteo e l'Angelo di Caravaggio ( Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma)

lunedì 5 settembre 2022

CRISTOFANO ALLORI - GIUDITTA CON LA TESTA DI OLOFERNE


Dal Libro di Giuditta nel Vecchio Testamento prende spicco il racconto di Oloferne e Giuditta e narra che al tempo il re assiro Nabucodonosor essendo impegnato in una tremenda campagna militare contro un popolo che occupava l'Iran centrale, ovvero i Medi, lasciò al suo fidato e bravissimo generale Oloferne l'impresa di occuparsi della parte occidentale del paese, sferrando così un'imponente guerra di sottomissione al popolo d'Israele. La vittoria sembrava conquistarlo ma accampatosi nella città di Betulia, una ricca e vedova giovane si presentò al suo accampamento con la fedele serva, prostrandosi per l'aver riconosciuto le colpe del suo popolo e di cedergli la sua indiscutibile fiducia e approvazione. Oloferne, ammaliato da quella bellissima giovane e dalle sue parole la invita a un grandioso banchetto premonitore di assoluta vittoria, ma la donna una volta fatto ubriacare il generale e addormentatolo, lo decapita con un netto colpo di spada.

L'esercito Assiro a quella vista si disperde e si ritira immediatamente lasciando Giuditta eroina liberatrice del popolo Israelita.

A questa storia, divenuta l'icona dell'astuzia, coraggio e fede in Dio, se non soprattutto una rivincita della donna sulla supremazia maschile, hanno fatto ricorso nel tempo tanti artisti e ognuno ne ha dato una sua precisa e personale interpretazione, anche se la scena clou è quasi sempre la stessa, ovvero il momento dell'afferrato omicidio, basti pensare al grande Caravaggio, alla geniale Artemisia Gentileschi se non addirittura al più moderno Klimt, ma non solo alla pittura ma anche alla scultura come quella di Donatello visibile al Palazzo Vecchio a Firenze nella sala dei Gigli.

Uno dei capolavori personali su questo tema è senz'altro quello di Cristofano Allori, pittore fiorentino del 1600, che da una versione della storia da lasciare assolutamente inquieti e al tempo stesso sbigottiti, l'atto è già stato eseguito, il capo tagliato in mano all'eroina, ma la scena non è affatto macabra o spaventosa, non c'è sangue e dai volti non si enuncia nessun sentimento di violenza, quello che terrorizza, spaventa è proprio quel silenzio che accomuna i tre personaggi, che spiccano ognuno da uno sfondo caravaggiesco, assolutamente scuro.

L'Allori ha saputo offrire innanzitutto un manierismo adulto rappresentando il volto di Giuditta in uno sguardo obliquo con un'espressione sospesa tra malinconia e languore, ma la maestria è ancora più grande nella rappresentazione del sontuoso abito offrendo una matericità delle stoffe che avvolgono il longilineo corpo dell'eroina.

La figura di Giuditta si staglia dal fondo scuro, il giallo e ricco abito la impreziosisce ancor di più, la spada, oggetto dell'uccisione, è riscontrabile appena dall'elsa che è tenuta nella sua mano destra, il devoto apprezzamento dell'atto è dato dal volto della serva che si staglia dal bianchissimo manto che l'avvolge mentre la testa di Oloferne pare abbia ancora vita nello staccarsi dal fondo dorato, impreziosito e damascato dell'abito della stessa.

Al tempo l'opera ebbe un immenso successo tanto che a Parigi, già città di artisti e mode, ne andavano a ruba milioni di copie con il profondo rammarico di non avere la possibilità di vederne l'originale. Ma la fortuna del dipinto era avvalsa anche da diverse interpretazioni e leggende che nel Seicento riempivano i salotti, infatti si mormorava che la splendida figura di Giuditta altre non fosse che l'amante dell'Allori una certa Mazzafirra e che la serva fosse addirittura la madre della sua donna, come pure vagavano voci che il volto di Oloferne fosse l'autoritratto del Maestro stesso.

L'opera apparteneva al tempo a Ferdinando II de' Medici il quale poi ne fece dono a Carlo de' Medici per poi arrivare, per eredità, al Palazzo Pitti (FI)dove tutt'ora è visibile nelle sale della Galleria Palatina.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Cristofano Allori – Giuditta con la testa di Oloferne ( Galleria Palatina – Palazzo Pitti (FI)

sabato 3 settembre 2022

UN CAFFE', UN RITORNO ED UN PENSIERO


Quando si ritorna, che sia da un viaggio o da una semplice giornata, è sempre ben gradito un presente che accomuna, tutti, chi ha atteso e chi è arrivato, un lieto stare insieme intorno ad un bel dolce e una bevanda calda e invitante come un buon caffè....e anche io con voi voglio fare questo, perchè tre mesi di silenzio sono davvero tanti, e mi sento io colpevole di questo allontanamento, non certo dovuto per controversie ma solo per un riposo mentale ma soprattutto fisico che la mia persona aveva davvero bisogno. Ma oggi sono di nuovo a voi con tutto l'impeto che sempre mi appartiene di raccontare le vicissitudini del quotidiano vivere cercando di colorare un grigio sempre presente e spesso, come pare adesso, più tendente al buio nero che a un grigio perla.

Non voglio annoiarvi con l'elenco delle mie “vacanze” che poi si completerebbe in quel poco dicendovi che sono stata la mare, un mare che ho quasi a “due passi” e che pure l'inverno mi attira e lo consolo, un mare che quest'anno spesso mi ha costretta ad abbandonare per il troppo caldo, il rifrangersi del calore sulla sabbia era davvero incredibile, un'estate calda e soffocante come non mai ma sicuramente da me ancor più accentuata e sofferta per la precarietà naturale del peso degli anni. Come si dice in toscana, quello che mi frega è la testa, ovvero avrei dentro quella voglia di correre, gioire, sfaticare, saltare e ballare come una giovincella ma poi devo sottostare, ahimè, al fisico che non risponde, la linea tra il dire e il fare è interrotta irrimediabilmente, e allora, come accade in questi giorni, vorrei andare a vedere il Jovanotti beach, impelagarmi tutta tra i giovani e la sabbia, tra il mare e le canzoni, tra il frastuono assordante e il muoversi delle onde, ma chi ci resiste a un'attesa sotto il sole e tutto il resto.

Comunque questa mia non è “disperazione” tutt'altro, è solo un nuovo modo di vedere le cose, si attraversano i monti magari sulle dolci colline, si ammirano quei luoghi che la fretta e frenesia della gioventù non ci aveva fatto soffermare, e allora come sarà bello quel borgo antico che ci sono stata varie volte, e mai avevo notato quella chiesa romanica e il suo fascino culturale, come sarà bello quel lago appenninico che spesso avevo ammirato soltanto come contorno su di una verde valle e adesso lo rifinisco e avvaloro per la sua maestosità di acqua e di colore, di sostentamento di vita per la vegetazione, gli animali e le stesse persone che vi vivono vicine. E del mare non avremo più la frenetica voglia di fare un tuffo di corsa o di serenate notturne intorno a un fuoco sulla spiaggia, ma cogliere conchiglie e godersi dei tramonti che solo la natura sa davvero pitturare.

E allora eccoci di nuovo a questo tavolo da salotto, con un caffè o tè a secondo il piacere, una fetta di dolce, magari una torta di riso che a me piace tanto, due chiacchiere, un grosso abbraccio e poi teniamoci vicini così per questo lungo inverno che dovremo passare, la vostra zia Molly è ancora piena di cose da parlare, discutere e condividere, la vita è un gioco a carte coperte, non conosciamo il seme e il valore, ma ad ogni carta che voltiamo sul tavolo della sorte, spesso sta a noi darle il giusto modo di valere e saperla con intelligenza e amore giocare......Noi giochiamo sempre, sarà la sorte se vuole farci perdere non certo ci abbandoniamo ad aspettare.


Zia Molly

immagine web