lunedì 30 agosto 2021

ANTONELLO DA MESSINA - ECCE HOMO


Quando ci troviamo di fronte un'opera del grande maestro Antonello da Messina, dopo l'impatto iniziale di meraviglia e stupore, ci inonda un forte e ragguardevole dubbio, un dubbio che ci porta a dover soprattutto pensare, meditare e cercare nel nostro profondo la risposta più vicina alla domanda stessa che l'opera e/o il Maestro ci propinano. Ogni opera di Antonello è volutamente e magistralmente rivolta a chi la osserva e è sua caratteristica stimolarci e non indurci soltanto a “guardare” ma a “scoprire” ovvero analizzare il pensiero, la “voce” del soggetto rappresentato e spesso il soggetto è descritto in un momento particolarmente emozionale, come il pianto o il dolore, che non possiamo rimanere inerti e indifferenti.

Questo “Ecce homo” di Piacenza, facente parte del Collegio Alberoni, è un'opera con tecnica ad olio su tavola leggera e sottile di legno di rovere, e rappresenta il Cristo alla colonna ( così a volte è conosciuta questa opera), ma il volto e l'espressione del figlio di Dio, emanano tutto lo sbigottito dolore e una silente ma profonda richiesta rivolta a chi lo guarda, che pare urli “Perchè?”.

“PERCHE' ?” è l'urlo che in questi giorni rode chi ancora ha un anima e un cuore, un urlo che, come il Cristo allora, non ha risposta e il raccapricciante volto da dove povere e umili stille di pianto escono furtive, supplicano e invocano un logorante aiuto, una supplica che al contempo colui che la dice ne conosce la risposta , vana.

“Ecce homo” furono le parole di Ponzio Pilato quando mostrò il Cristo flagellato agli astanti e al popolo, e “ecce homo” sono ora le parole che il mondo urla donandoci gratuitamente stazio e violenza, dolore e sottomissione di “umile” gente.

Antonello di Messina ha sempre voluto con le sue opere pittoriche lasciare un ampio spazio all'apertura mentale e alla riflessione, tale che i suoi dipinti non avessero mai a cessare di essere ammirati.

“ECCE HOMO”


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Antonello da Messina – Ecce Homo

venerdì 27 agosto 2021

CASTELLO DI SORCI (AR)


Il castello di Sorci è un antico maniero sito in località San Lorenzo vicino ad Angiari in provincia di Arezzo. E' stato dimora di varie signorie come i ghibellini aretini Tarlati di Pietramala, dei più noti Pici di Sansepolcro, ma tra questi vi è pure il famoso condottiero Baldaccio Bruni.

Una leggenda locale attribuisce il nome del maniero all'esistenza, nell'anno 1000, nella zona di un altro castello, dei Gatti, che guarda caso sarebbe stato antagonista dei Sorci e che ebbe pure la meglio sulle due famiglie.

Intorno al 1400, il feroce condottiero Baldaccio soggiornava in questa dimora nei momenti di pausa, tra una battaglia e un'altra, insieme alla consorte Annalena Malatesta di Giaggiolo discendente dal più noto Paolo. Quivi Annalena trovò poi rifugio perenne dopo l'uccisione a tradimento del consorte da coloro che lui riteneva amici e che invece una volta convocato a Palazzo Vecchio a Firenze, in quanto Gonfaloniere di Giustizia, fu ferito e gettato dalla finestra del palazzo; in terra, quasi morto, gli venne tagliata la testa e fu lasciato poi in bella vista a mercè della gente, davanti al Palazzo, nel 1441.

Il castello, dopo la morte della Malatesta, entrò nella mani dei Pichi che lo rivalutarono anche strutturalmente fino ad arrivare ai giorni nostri quando la famiglia Barelli occorse un nuovo rifacimento e restauro che dagli ultimi anni del Seicento aveva portato la dimora a un lento ma progressivo decadimento.

C'è pure una leggenda, per alcuni non proprio tale (ad esempio da parte del proprietario Barelli), di cui pare che ogni cinquanta anni il fantasma di Baldaccio si aggiri nel castello per ricordare a tutti l'ingiustizia subita della sua atroce morte.



Roberto Busembai (errebi)


Disegno Errebi

mercoledì 18 agosto 2021

HARRY MACQUEEN - SUPERNOVA


Avesse scelto due persone comuni, “normali” direbbe la società odierna e maschilista, il film sarebbe stato prevedibile e la storia si sarebbe persa nello scontato, in una coppia “normale” quando ad un uomo subentra una malattia degenerativa scatenante, è “normale” che la donna si occupi di lui, che lo accudisca anche nelle mansioni più denigranti, certo lo fa per amore ma il concetto “generale” è che la donna …...è più portata ( a fare anche la serva e la badante), e l'amore magari che lei riserva in tutto il suo essere verso quell'uomo che si sta svanendo non è compreso o comunque ritenuto “ un dovere”.

Io credo che il regista Harry Macqueen, ha scelto volutamente e categoricamente una coppia di uomini per questo film, perchè sapeva che avrebbe fatto valere ogni sorta di giudizio e pregiudizio, ogni malignità e ogni stereo patico pensiero, perchè solo così è riuscito a far capire e a dare il vero peso e la vera importanza alla parola AMORE.

Di una coppia d'uomini che stanno insieme da oltre trenta anni, uno dei due è consapevole di essere affetto da una sindrome di demenza molto precoce e che in poco tempo lo renderà estraneo al suo mondo tale da non poter nemmeno essere in grado di conoscere colui che da sempre ha amato e è stato il suo conforto. Dall'altra parte l'altro uomo consapevole di quello che va incontro, non desta assolutamente nessun ripensamento o dubbio, il suo forte e immenso amore giustifica la sua forte e decisa partecipazione e devozione al punto in cui dichiara al suo compagno, in un loro momento di confronto, ….”voglio essere con te fino in fondo e sarò io a pulirti il tuo cazzo di culo!”.

E' un film dove il sesso scompare, svanisce, non esiste e non è importante che esista, qui ha forza l'amore e con esso la vita e la morte che si rincorrono in un concerto di incertezze e volontà.

Anche se appare lento nello svolgimento, la sua lentezza, i silenzi, i lunghi scorci panoramici, servono a far si che lo spettatore abbia a meditare tanto da poter realizzare con i personaggi quel forte e sottile filo della speranza che sempre deve essere e deve sorreggere.

Supernova è una stella che esplode e rilascia nel firmamento i suoi gas e le sue polveri e brillerà ancora per anni e anni e anni anche se muore e l'amore è supernova perchè al culmine della morte non morirà mai, solo se sarà stato davvero un grande amore.

Non si può non sottolineare la bravura eccezionale dei due interpreti, Colin Firth e Stanley Tucci, davvero una recitazione da oscar, entrambi, due uomini dal carattere diverso ma sorprendentemente due spettacolarità recitative che lasciano davvero segno nel cuore.

Non so se mi ha colpito perchè in toto mi appartiene, o mi ha colpito perchè non è facile oggi giorno parlare e descrivere la parola amore con la più assoluta semplicità e profondità insieme, un film assolutamente da vedere.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Locandina del film

lunedì 2 agosto 2021

MOSES LEVY - LA MAREGGIATA


Sono toscano e per lo più sono di Lucca, vicino e parente della tanto amata e invidiata Versilia, che ogni estate ancora fa sognare per le sue grandi e farinose spiagge e per il suo immenso mare, e parlo soprattutto di Viareggio, che fu un tempo, prima capitale del vacanziero ancora inteso come colui che si abbandonava a fasti di un semplice stare a prendere il sole e godersi dei tuffi e delle nuotate in quel che “allora” era un mare pulito e sano e non si conosceva inquinamento, plastica e rumori d'aerei in cielo e auto nei viali.

C'è stato in quel lontano periodo, parlo degli anni '20 del Novecento, giusto giusto un secolo scorso, un pittore che innamorato di Viareggio ne espresse con i colori sulle grandi tele tutto il fascino e il gioioso, il ricco e il fascinoso, il naturale e abitudinario, insomma tutto quello che offriva ( e ancora offre anche se in un contesto diverso e moderno) una giornata sulla spiaggia e un bagno in mare.

Viareggio come ho detto era allora il fulcro delle vere vacanze, notorio e addirittura importante tanto d'avvicinare personaggi famosi e di un certo livello, ma era anche e comunque la vacanza del popolo in generale, ognuno voleva andare a Viareggio, e tra la nascita dei primi stabilimenti balneari, tra le lunghe e interminabili spiagge libere, ognuno, da grande a piccino, da bambino a anziano poteva godere di questo mare. Tuffi, incontri sulla spiaggia, due chiacchiere tra amici, bambini gioiosi, bagnanti di ogni età e ceto, chi si prodiga nuotando, chi ancora deve imparare, i timori di alcuni di non toccare il fondo, le urla “finte” per scherzare di affogare, una gita con il pattino, e mamme sulla riva ad aspettare o controllare chi più indifeso non avesse davvero ad affogare. Viareggio naturalmente era anche vita serale, locali dove timide note musicali alleviavano i clienti o soltanto i passanti, ma la vita balneare era il suo maggior fascino.

Moses Levy, tunisino, rese per il suo grande amore che provava in questo vivere giocondo e felice, una vastità di pitture che avevano proprio come protagonista il mondo balneare, quadri dove la tecnica di prospettiva si perde tra le onde, perchè per Moses l'importante è far “sentire” quel vociare di persone, quella felicità di correre o tuffarsi, e poi di rendere partecipi a chi osserva i suoi quadri del rumore e dell'incanto del mare stesso, le sue onde spumeggianti e il blu sempre più profondo.

“La mareggiata” un olio su tela di 60x120, di proprietà di una collezione privata, è una delle sue più famose e trascinanti opere su questo tema, un quadro che non può che darci quella viva atmosfera e voglia di un tuffo per sopprimere questo afoso caldo estivo che ci attanaglia.

Moses Levy , allora, ha raggiunto il suo scopo!


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Moses Levy - “La mareggiata” olio su tela 60x120 – Collezione privata