martedì 26 gennaio 2021

FILIPPINO LIPPI - APPARIZIONE DELLA VERGINE A SAN BERNARDO


In un vecchio “quadernuccio di conti” conservato nell'Archivio della Badia di Firenze, si legge: “ Uno devoto amico et benefactore de lo nostro monastero dè avere a dì 9 luglio fiorini sesanta larghi, li quali diede contanti per elemosina, et dixe non voleva che de essi se ne spendesse alcuno in nostri bisogni, ma voleva che si spende sono in alcuno ornamento in nostra chiesa de le Campora: et io, intesa sua buona voglia, dixili: eci da fare una cappella apresso quella de Angiolo Vectori: dixe essere contentissimo et che cominciassimo con questi. Et di poi lui soperirebbe come bisognasse, et dipoi, come buono amico, dixe: et se per lo monastero avete bisognio, richiedetemi voi et don Lutiano, et forzeromi fare cosa vi sia grata.”

Il benefattore era Pietro di Francesco del Pugliese che commissionò a Filippino Lippi la tavola con la Visione di San Bernardo che ebbe sede nel monastero della Campora, fuori la Porta Romana, in Sant'Ilario a Colombaia che i monaci avevano avevano costruito su un terreno acquistato con l'elemosina di molti cittadini fiorentini. Nel suddetto “quadernuccio” sono presenti anche le partite, ovvero le spese inerenti alla costruzione e al rifacimento della suddetta Cappella e trova pure menzione ….. “ item. Per la dipintura dello altare, cioè della tavola la quale dipinse m. Filippino, ducati 150.” Attualmente l'opera d'arte è visibile in Badia Fiorentina a Firenze.

L'Apparizione della Vergine a San Bernardo, è un'opera pittorica a olio su tavola, che il maestro Filippino Lippi dipinse su commissione come ho citato all'inizio, e prende spunto appunto dalla leggenda che narra di San Bernardo, già provato dalla malattia e ormai stanco da avere peso persino della penna, un giorno, mentre stava scrivendo le Omelie in onore della Madre celeste, gli apparve la Vergine che portandogli conforto per quello che faceva gli restituì la salute.

Ed ecco la maestosità e il genio del grande Maestro a renderci quel magico e spirituale momento, San Bernardo appoggiato allo scrittoio, stanco e cereo in volto per la difficile malattia, che con la penna in mano trascrive le sue Omelie mentre improvvisamente si concretizza e materializza al suo cospetto una dolce e pia donna, la Vergine che sicura della sua magnificenza e sacralità con fare limpido e delicato, coprendosi per con la mano sinistra al petto, tenue e leggera scivola il braccio destro sul libro in atto di conforto e invito al monaco. Il volto espressivo, l'elegante atteggiamento della Vergine, le stesse mani affilate, sono qui le caratteristiche pittoriche del quattrocento fiorentino ma al tempo stesso il Filippino le fa dimenticare, tanto donano quel misto tra fantastico e umano e reale, da farne una scena presente e possibile. E' un'interpretazione della Vergine che da ora in poi sarà sempre più umanizzata, è un anticipazione Rinascimentale che cede alle vecchie rappresentazioni del Medioevo, tra nuvole e a pochi accenni, eterea e evanescente, qui la Vergine si fa donna, umana, vera e al tempo stesso l'arte le rende la bellezza e la gentilezza spirituale con lo stile gentile, uno stile che avvicina e ricorda l'allievo Filippino al maestro Botticelli.

L'uomo in basso, sulla destra, in ginocchio e con le mani giunte in atto di preghiera è il padre del committente, Francesco del Pugliese e gli angeli che attorniano la Vergine, angeli che hanno perso l'etereo volto e le ali di messaggeri, ma assumere sembianze umane, sono i figli del committente, come è incerta la veridicità del volto della Vergine che alcuni paiono ritenere fosse addirittura la moglie di Pietro del Pugliese.

Il Filippino svolge la scena all'aperto, in un ipotetico studio costruito su massi e tronchi di legno, da dove, in lontananza si notano figure di monaci di cui alcuni in assoluta sorpresa e stupore ammirano una inconsueta luce, la luce della Vergine che soltanto Bernardo può vedere. Sulla roccia appare un cartiglio dove è impresso un motto del filosofo Epitteto “ Sustine et abstine” ovvero “ Sostieni e rinuncia”) che insegna cioè a come convivere con le avversità della vita che poi è in perfetta armonia con gli scritti di San Bernardo di Chiaravalle.

Se bene osservate, dietro il santo, in una cavità della roccia ci sono raffigurate due strane figure, una è ben riconoscibile in una civetta (simbolo delle tenebre), l'altra è un demone che è intento a mordere le sue catene, infatti questa non è altro che una simbologia medievale riferente alla Vergine, in quanto salvatrice dell'umanità dal peccato e dalle catene della vita.

Filippino Lippi associa il puro sentimento pure nello sfondo e nella composizione, i personaggi si muovono adesso liberamente e non sono più circoscritti in un chiostro o tra le arcate di una chiesa, la natura fa da scenario e diventa parte stessa della rappresentazione, questo è il Quattrocento fiorentino.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Filippino Lippi – Apparizione della Vergine a San Bernardo ( Badia Fiorentina - Firenze)

venerdì 15 gennaio 2021

I DUE AMICI E L'ORO SCOMPARSO - FIABA POPOLARE TIBETANA


C'era una volta un padre che viveva in un piccolo paese nelle altissime montagne del Tibet, che raggiunta ormai la vecchiaia e sentendosi vicino alla morte, chiamò a se l'unico figlio che aveva e gli disse:

“ Sonam, figlio mio carissimo , io ormai sono prossimo alle soglie della mia uscita da questo paradiso terrestre, e prima che io possa abbandonarti voglio che tu diventa possessore di tutto l'oro che posseggo. Questo dono voglio che tu lo custodisca con cura e intelligenza e mi raccomando di non fidarti mai di nessuno, neppure di tua moglie, quando ne avrai una”

Con queste parole il buon padre sperava di poter avere impartito una giusta lezione al figlio, perchè con questa potesse affrontare, da ora in poi, le insidie del mondo.

Un giorno Sonam dovette partire per un lungo pellegrinaggio in un lontanissimo monastero, e chiaramente non poteva certo portarsi dietro tutto quell'oro e al tempo stesso non poteva certo affidarlo a qualcuno, quando invece pensò di poterlo lasciare tranquillamente al suo grande amico Tamchu, che viveva vicino a casa sua con la moglie e due figli. Di Tamchu poteva fidarsi ciecamente, erano cresciuti insieme e insieme avevano sempre affrontato ogni difficoltà o anche felicità.

Infatti prima di partire si recò a casa dell'amico con due borse cariche d'oro e gli chiese se poteva custodirle nella sua assenza.

L'amico accettò ben volentieri quel compito e rassicurò pure Sonam che vivesse tranquillo il suo pellegrinaggio che al suo ritorno avrebbe ritrovato le sue due valige come le aveva lasciate.

Passò un anno intero, poi Sonam ritornò al paese e subito si recò dal suo amico a ritirare l'oro, ma l'amico gli corse incontro costernato e dispiaciuto dicendogli:

“ Amico mio carissimo, la sfortuna si è accanita contro di noi e durante la tua assenza l'oro si è trasformato in sabbia!”

Sonam rimase un poco stupito da quella strana notizia ma poi si riebbe e anzi, come se non fosse successo nulla, disse al suo amico di rallegrarsi, in fondo era sicuro che lui aveva fatto del suo meglio per custodire le due borse e per festeggiare il suo ritorno pasteggiarono felicemente insieme.

Dopo il pranzo, Sonam fece una proposta all'amico:

“ Sai bene Tamchu, quanto io desideri avere una famiglia e dei figli, ma al momento non ho ancora trovato la mia anima gemella, perciò mi piacerebbe potermi prendere cura dei tuoi figli per qualche mese, stai certo che li farò mangiare e li rivestirò come grandi signori. Staremo bene tutti e tre nella mia casa!”

Tamchu fu entusiasta dell'idea e dentro di se pensava:
“ Sonam è una persona davvero di cuore, ha perso l'oro per causa mia e lui invece di avere rimorso nei miei confronti, desidera prendersi cura dei miei figli”.

Sonam portò allora a casa sua i due ragazzini e come aveva detto non gli fece mai mancare nulla, però nel frattempo comprò anche due piccole scimmiette di diversa età e le ammaestrò perchè rispondessero e facessero festa quando le chiamava, una Tendzin e l'altra Thupten, che erano poi li stessi nomi dei due ragazzini del suo amico.

Passati due mesi e più, Tamchu venne a riprendersi i figli ma trovò Sonam triste e sconsolato.

“ Oh carissimo amico Tamchu”, disse Sonam “ la sfortuna stavolta si è accanita con noi nuovamente,
e i tuoi carissimi e dolci ragazzi li ha trasformati in scimmie!”

Tamchù stravolto, non credendo a quella “novella” chiamò i suoi figli e infatti due scimmiette gli corsero incontro facendogli feste e prendendolo pure per mano. Era disperato.

“ Oh Sonam, ma come potremmo fare a far ritornare i ragazzi nelle loro sembianze?”

L'amico rifletté un poco e poi, tristemente disse:

“ Ci sarebbe una maniera, ma solo se avessimo dell'oro, e pensare che se n'avessi ancora ti avrei potuto aiutare, ma ci vorrebbe tanto, tanto oro.”

“ Ma quanto oro? Dimmelo!”

“ Beh penso che almeno due borse piene”.

“ Mah allora me le procurerò io, subito in un attimo” e corse via.

Dopo poco ritornò con le due borse piene d'oro e le consegnò a Sonam, che appena prese disse a Tamchu di aspettarlo, salì le scale con le due scimmiette, salendo nei piani superiori della sua grande casa, per poi ridiscenderne quasi subito con i due ragazzi, mano nella mano.

Tamchu riabbracciò i suoi figli, e al contempo si sentì profondamente imbarazzato nei confronti dell'amico, aveva capito il messaggio.

Ma il frutto dell'amicizia matura proprio in queste situazioni e i due si guardarono in faccia e....scoppiarono in una bella risata.


Mia libera interpretazione di una fiaba Tibetana


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Disegno by Nurroward

martedì 12 gennaio 2021

EGON SCHIELE - LA FAMIGLIA


L'incontro tra Schiele e Klimt fu davvero una folgorazione, il Maestro si innamorò talmente dell'arte così sentita e particolare di quel povero giovane e ne divenne il padre putativo, fu Klimt ad aiutarlo e incitarlo, comprò vari suoi disegni, gli procurò persino modelle e lo introdusse nel mondo di ricchi mecenati per garantirgli una tranquillità finanziaria.

La difficile infanzia e l'adolescenza di Schiele furono le basi del suo modo di raffigurare, di esporre i sentimenti così talvolta caotici e impressionanti, ma veri e pieni di ogni pur vera promiscuità interiore.

Il lavoro che presento oggi è l'ultimo capitolo di questo grande artista (1918), un autoritratto di famiglia, lui con la moglie e il presunto figlio, infatti quando venne realizzato questo dipinto, l'adorata moglie Edith è incinta, la donna che ne rimase talmente affascinato da farne la sua musa perenne nei suoi dipinti. L'artista è all'apice della notorietà e della felicità per questo bambino che deve nascere, ma il destino, come oggi stiamo provando anche noi, era alle soglie, una pandemia stava letteralmente ripulendo vite umane, la purtroppo famosa Febbre spagnola.

Nel gennaio del 1918 il Maestro Klimt ne venne sopraffatto e il dolore del giovane Egon Schiele non aveva eguali, ma ancora non sapeva che dopo pochi mesi la cara moglie incinta di sei mesi, perdeva la vita per lo stesso motivo e lui seguì la stessa sorte dopo appena un mese, aveva soltanto 28 anni.

Questa famiglia rappresentata nella sua veridicità, nella sua pienezza di valore intimo e particolare, non è mai esistita o se non altro lo è stata parzialmente nel sogno del grande artista.

L'opera è conservata al Museo Osterreichische Galerie Belvedere di Vienna, e circa due anni fa ho avuto la fortuna di poterlo ammirare e sapendone gli antefatti vi assicuro che fa venire i brividi e commuovere, oltre la spettacolarità del disegno particolare di Schiele.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Egon Schiele – La famiglia (Museo Osterreichische Galerie Belvedere di Vienna)

martedì 5 gennaio 2021

FRANCO CARDINI - I RE MAGI


La storia dei tre Magi che nelle sacre scritture soltanto Matteo ne fa menzione, è ricca di versioni e tradizioni diffuse in ogni parte del mondo e ne sono presenti innumerevoli identificazioni e attributi, chi li identifica come simbolo, i tre, delle razze primigenie sorte dai tre figli di Noè, chi come i tre continenti del mondo antico quali Asia Africa ed Europa, chi i momenti dell'esistenza quali giovinezza, maturità e vecchiaia, chi li ritiene abbiano un nesso con l'astrologia, chi naturalmente li sottolinea nel culto religioso e altre ancora, ovvero leggenda cristiana e mito pagano tra Oriente e Occidente

Ebbene il libro dello storico Franco Cardini non è altro che un viaggio alla scoperta di questi TRE MAGI portandoci verso la scoperta di tre figure che vanno oltre quella di massima consuetudine ovvero i donatori di oro, incenso e mirra al Gesù Bambino. Un'interessante scoperta che pone in rilievo l'importanza non soltanto religiosa di queste tre figure che hanno sempre avuto un fascino particolare e che nei nostri presepi hanno avuto sempre un primo piano nel giorno dell'Epifania.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Copertina del libro

NICOLA DA VERDUN - RELIQUIARIO DEI RE MAGI A COLONIA


La leggenda narra che tre uomini, tre Magi, tre illustri signori, tre grandi e ricchi uomini, spinti dal desiderio di conoscere il nuovo Re dei Giudei che una stella cometa indicava loro il luogo esatto dove si trovasse, intrapresero un lungo viaggio per deporre e venerare Gesù, portandogli in dono Oro Incenso e Mirra ovvero la Sapienza regale, il sacrificio e il dominio di se.La tradizione cristiana narra che l'imperatrice Elena (madre di Costantino) ritrovasse le spoglie dei Magi e le regalasse al vescovo di Milano Eustorgio, dove furono custodite poi nella basilica di Sant'Eustorgio ma poi trafugate nel 1162 da Federico Barbarossa e consegnate al vescovo di Colonia.

Ed è proprio a Colonia che esse sono costudite in un reliquario magnifico e spettacolare, che è visitabile esposto in una teca di vetro dietro l'altare maggiore della cattedrale.




Il reliquiario è un preziosissimo lavoro di oreficeria che fu commissionato intorno al 1180 dal vescovo Filippo di Heinsberg a un grande artista del periodo Nicola di Verdun e comunque terminato intorno al 1220 da artigiani di Colonia e della Mosa dopo l'avvenuta scomparsa del Maestro. Per valorizzare ancora di più questo oggetto, lo stesso re Ottone donò 3 corone d'oro che ivi ancora sono deposte al suo interno.

Il reliquiario è un complesso di legno ricoperto tutto di argento dorato e assume una forma di basilica, è completamente intarsiato e decorato con altorilievi e rifinito con smalti, filigrane , circa più di 200 gemme e antichi cammei.

Il lato principale, che poi rappresenterebbe l'ingresso di quella ipotetica cattedrale, vi sono raffigurati i Re Magi in adorazione al figlio di Maria, che occupa proprio la parte centrale con in braccio il bambino, mentre sulla parte superiore viene rappresentato il Cristo sul trono affiancato da due Angeli. Da notare che questa parte è l'unica ad essere stata realizzata in oro per volontà e dono di Ottone IV. Il pannello centrale, quello tra queste due rappresentazioni, è movibile e scopre una grata dalla quale i pellegrini, un tempo, potevano scorgere i crani dei Re, anzi era usanza che si potessero calare strisce di stoffa al suo interno, che raggiunte le reliquie, si poteva così ottenere una reliquia di contatto, e poi queste strisce, devotamente ricamate con raffigurazione dei Magi o con inscritte preghiere, venivano vendute ai pellegrini avendo così un “santo” ricordo del loro viaggio.

Nel lato opposto invece sono rappresentate scene della passione di Cristo, nella parte bassa, mentre nella parte superiore il Cristo è nell'atto di coronare martiri Felice e Nabore, infatti le reliquie di questi martiri era anch'esse nella cattedrale di Milano e il Barbarossa non poteva che trafugare anch'esse e che si trovano comunque nel reliquiario, mentre nelle parti laterali vi sono rappresentati profeti e apostoli.


Roberto Busembai (errebi)


Immagini web: Immagini del Reliquiario dei Re Magi a Colonia di Nicola da Verdun