Ho dimenticato se davvero sono vivo, perchè c'è un limite che mi porta a pensare sempre meno, a dilatare questi giorni vuoti, vuoti d'affetto e d'amore puro, ho tutto e non mi manca niente, potrei dipingere come ho sempre desiderato, ho lo spazio e l'orologio si è pure fermato, potrei leggere, libri accumulati nel tempo ne ho un numero imprecisato, eccoli sono riposti in una torre che in confronto quella di Babele era molto più ordinata, potrei anche suonare, lo facevo una volta, la mia amica chitarra è sempre disponibile e sapeste quante volte, nel passato presente, mi ha incitato, potrei pensare e lasciarmi andare a ricordi pieni e giornate assolate, a cuori magari abbandonati dagli eventi ma fermi dentro come appuntati, potrei scrivere, c'è quel romanzo che mi aspetta dai tempi del troppo lavoro e non potevo portarlo avanti, c'è pure quel giallo che avevo in testa di sviluppare, ma l'assassino e la stessa vittima sembrano che stiano seduti sul mio divano e si chiedono ancora chi dei due fa la parte di uno o dell'altro.
Ho dimenticato se davvero sono vivo, eppure ogni giorno mi alzo come meglio posso fare, senza e come sempre disturbare chi ancora magari sta nel sonno e vive nel suo viaggio di sogni persi nel cielo, colazione che diventa sempre uguale e disgusta anche nel sapore, poi organizzo, o vorrei organizzare, non sono abituato a scindere le giornate, ho sempre vissuto del momento e soltanto il lavoro mi imponeva un orario e pure in quello a volte trasgredivo, pulisco sul pulito, spolvero immaginaria polvere che non ricade, cucino perchè devo mangiare, e faccio o penso di fare tutto quello che prima ho elencato ma la sfortuna di questa libertà imposta, è che mi sta addosso come una crosta, sorta da una ferita enorme che non si vuol cicatrizzare. Vorrei fare tutto e di tutto non riesco a fare niente, si ho iniziato a leggere quel romanzo ma poi penso che un saggio sarebbe più interessante, invece mi getto nella storia e trovo i romani, quella medievale e...poi mi fermo perchè è il tempo della peste e quella a leggerla ora fa davvero tanto male.
Allora prendo il pennello, di tele in casa non mi mancano, cerco i colori, preferisco le tempere, però anche un bel quadro a olio mi piacerebbe fare, quel tramonto che ho dimenticato, la riva del mare nel silenzio di un'alba celestiale, il prato verde ricoperto di fiori come oggi penso che dovrebbe essere perchè e primavera, ma vedo che non ho il bianco, ma è solo una scusante con me stesso e sento il cellulare che squilla, mio figlio da Firenze, o quello che abita al mare, che bello poterli almeno sentire, anche due parole, perchè di chiacchierare i giovani con i vecchi non ne hanno poi tanta voglia, ma stanno bene, uno lavora ugualmente, l'altro via computer, tutto procede, mi raccomando non uscire è la loro raccomandazione, poi silenzio e silenzio enorme, non sono solo, e sono contento e non mi lamento affatto, sono con la persona che ho scelto dentro il cuore e viverci in questi giorni è un immenso ritrovarsi, scoprirsi, accettarsi, scambiarsi parole e pensieri, come mai , forse, avremmo potuto fare “ieri”. E arriva la cena e fuori pur se le giornate hanno più luce tendono comunque poi a far venire notte, ed è allora che mi chiedo, un attimo prima di andare a letto, ma domani sarà diverso? E chiudo gli occhi ringraziando un Dio, che non importa quale esso sia, che nonostante tutto mia ha ancora tenuto in questa casa e non in un ospedale o ancora peggio, non mi ha ancora elencato tra le sue braccia, e allora dormo e sogno di volare.
Ho dimenticato se davvero sono vivo, eppure ogni giorno mi alzo come meglio posso fare, senza e come sempre disturbare chi ancora magari sta nel sonno e vive nel suo viaggio di sogni persi nel cielo, colazione che diventa sempre uguale e disgusta anche nel sapore, poi organizzo, o vorrei organizzare, non sono abituato a scindere le giornate, ho sempre vissuto del momento e soltanto il lavoro mi imponeva un orario e pure in quello a volte trasgredivo, pulisco sul pulito, spolvero immaginaria polvere che non ricade, cucino perchè devo mangiare, e faccio o penso di fare tutto quello che prima ho elencato ma la sfortuna di questa libertà imposta, è che mi sta addosso come una crosta, sorta da una ferita enorme che non si vuol cicatrizzare. Vorrei fare tutto e di tutto non riesco a fare niente, si ho iniziato a leggere quel romanzo ma poi penso che un saggio sarebbe più interessante, invece mi getto nella storia e trovo i romani, quella medievale e...poi mi fermo perchè è il tempo della peste e quella a leggerla ora fa davvero tanto male.
Allora prendo il pennello, di tele in casa non mi mancano, cerco i colori, preferisco le tempere, però anche un bel quadro a olio mi piacerebbe fare, quel tramonto che ho dimenticato, la riva del mare nel silenzio di un'alba celestiale, il prato verde ricoperto di fiori come oggi penso che dovrebbe essere perchè e primavera, ma vedo che non ho il bianco, ma è solo una scusante con me stesso e sento il cellulare che squilla, mio figlio da Firenze, o quello che abita al mare, che bello poterli almeno sentire, anche due parole, perchè di chiacchierare i giovani con i vecchi non ne hanno poi tanta voglia, ma stanno bene, uno lavora ugualmente, l'altro via computer, tutto procede, mi raccomando non uscire è la loro raccomandazione, poi silenzio e silenzio enorme, non sono solo, e sono contento e non mi lamento affatto, sono con la persona che ho scelto dentro il cuore e viverci in questi giorni è un immenso ritrovarsi, scoprirsi, accettarsi, scambiarsi parole e pensieri, come mai , forse, avremmo potuto fare “ieri”. E arriva la cena e fuori pur se le giornate hanno più luce tendono comunque poi a far venire notte, ed è allora che mi chiedo, un attimo prima di andare a letto, ma domani sarà diverso? E chiudo gli occhi ringraziando un Dio, che non importa quale esso sia, che nonostante tutto mia ha ancora tenuto in questa casa e non in un ospedale o ancora peggio, non mi ha ancora elencato tra le sue braccia, e allora dormo e sogno di volare.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: God by David Altmejd
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