lunedì 30 maggio 2022

COSIMO ROSSELLI - ESPOSIZIONE AL POPOLO DEL MIRACOLO EUCARISTICO


Il 30 dicembre del 1230, nel complesso conventuale di Sant'Ambrogio in Firenze avvenne un famosissimo (tutt'ora ricordato) miracolo conosciuto come il Miracolo dell'Incarnazione.

Ricorreva in quella mattina la festa di San Fiorenzo e il sacerdote proposto del monastero delle monache benedettine di Sant'Ambrogio, Uguccione, portava a termine il suo esercizio nel dire messa, ma l'ormai sua veneranda età gli causò un'innocente distrazione, infatti non asciugò bene, come solitamente viene fatto, il calice, per cui alcune gocce di vino consacrato vi rimasero esposte. L'indomani, per il consueto rito mattiniero della messa, riprendendo il calice vi trovò meravigliosamente del sangue rappreso.

Naturalmente il vescovo di Firenze di quel tempo volle il famoso calice e comunque dopo un anno ( proprio il 7 Dicembre 1231 per la festività di Sant'Ambrogio) con una solenne processione e con la partecipazione devota di tutta la popolazione, il calice venne riposto nella chiesa dove anche oggi risiede.

A testimonianza di tutto ciò fu commissionato (intorno al 1486) un sorprendente affresco al Maestro Cosimo Rosselli, affresco denominato Esposizione al Popolo del Miracolo Eucaristico e che si trova proprio nella cappella del Miracolo , anche se diversi storici ne danno una diversa interpretazione, credendolo eseguito proprio per ricordare una processione indetta nel 1340 in occasione della pestilenza che afflisse Firenze e il calice fu “usato” dal vescovo Francesco Silvestri di Cigoli, proprio per “rimedio a sì grande male”, portando la reliquia in processione. Qualunque sia l'interpretazione, è presente comunque la documentazione scritta del lavoro del Rosselli e della sua richiesta per tale affresco “che à dipinto per l'adornezza del Miracholo.....e che debba avere fiorini centocinquantacinque larghi d'oro in oro.....7 Aghosto 1486”.


L'affresco è ritenuto il capolavoro del Rosselli (lo stesso Vasari ne fa menzione e lode) anche per la sua devozione ai particolarissimi dettagli, come il paesaggio in lontananza che si ritiene sia presumibilmente Fiesole, la donna che stende i panni e persino il gatto che caccia un piccione sul cornicione della finestra. Ma oltre i dettagli è importante la sua fedele rappresentazione sia degli edifici che delle persone. Da notare per esempio la cura delle vesti ma anche dei copricapi delle signore che indossano quasi tutte delle bionde parrucche in quanto al tempo la moda le richiedeva per apparire più belle. La scena principale, sulla destra, in corrispondenza della facciata della chiesa di Sant'Ambrogio, un vescovo espone il calice circondato da preti e suore tra cui la stessa committente sopra citata, la badessa. Vi sono poi gruppi di persone e sono tutti personaggi realmente esistiti come in quel gruppo al centro, in primo piano, a cui vengono attribuiti i nomi di tre umanisti: Marsilio Ficino, Giovanni Pico della Mirandola e Agnolo Poliziano. L'uomo sulla sinistra che guarda verso noi spettatori pare che sia proprio l'autoritratto del Rosselli.

La rappresentazione così fedele e veritiera che il Rosselli ha effettuato fa si che ancor oggi è riconoscibile (in quanto nel tempo non ha subito eccessive alterazioni strutturali) la chiesa di Sant'Ambrogio.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Cosimo Rosselli – Affresco dell'Esposizione al popolo del Miracolo Eucaristico – Cappella del Miracolo - Chiesa di Sant'Ambrogio (Firenze).

mercoledì 18 maggio 2022

TOMMASO DI STEFANO DETTO IL GIOTTINO - PIETA' DI SAN REMIGIO


Siamo nella seconda metà del Trecento e nell'arte Giotto ha già spopolato con la sua innovazione artistica e tanti ormai sono i suoi seguaci o “imitatori” ma tra i tanti uno in particolare ha l'ambito di essere citato e nominato in quanto non solo ha cercato in pieno di riprendere gli spazi e i volumi del Giotto ma ha anticipato quel pathos descrittivo del gotico e del rinascimento stesso.

Parlo del Pittore Tommaso di Stefano, detto Giottino, che nelTrecento fu uno dei più famosi maestri fiorentini e che pure il Vasari esalta nelle sue Vite, e della sua opera più significativa e anche una delle pochissime opere pervenutaci nel tempo, La Pietà di San Remigio che è attualmente visibile alla Galleria degli Uffizi a Firenze.

E' un'opera pittorica su tavola nella quale rappresenta il tragico momento della deposizione dalla Croce e l'ultimo addio (il compianto) dei suoi congiunti e soprattutto della Madre Maria. Il Giottino prende a descrivere una certa quantità di personaggi e li colloca ognuno in posizione e atteggiamento diversi proprio per creare quel senso di spazio tridimensionale e al tempo stesso di “anticipare” la rappresentazione dei diversi sentimenti tra coloro che partecipano al compianto .

La scena è volutamente divisa in due parti ben distinte, parti che sono caratterizzate dalla grande croce nel centro, infatti nella parte destra rientrano le figure Sante, come la Madonna, la Maddalena e San Giovanni mentre nella sinistra compaiono due figure con costumi “moderni”, inginocchiate si vedono una suora e una ricca signora, comprensibile dal fastoso costume, e queste altre non sono che le committenti della tavola, benedette dalle figure di San Benedetto in vesti bianche e San Remigio in vesti vescovili in quanto la tavola stessa era destinata alla chiesa intitolata al suo nome e per tanto tempo è stata sopra l'altare maggiore. Da notare che le due figure committenti, sono le uniche che non hanno l'aureola in quanto non sante e perciò rappresentate anche in una dimensione più piccola in quanto dobbiamo fare un richiamo alla proporzione gerarchica che era tipica dello stile bizantino del Duecento e che qui comunque il Giottino lo ha a malapena evidenziato, in quanto i committenti, i signori, saranno loro che prenderanno più valore e prestigio nell'ambito sociale e vorranno sempre più essere ben rappresentati.

Per dare ulteriore luce e creare un mondo divino il Giottino ha ricoperto il fondo con foglia d'oro, così da fare apparire i personaggi come fossero fuori da ogni preciso luogo e determinato tempo.

Un'opera d'arte davvero sconvolgente se si pensa al periodo in cui venne eseguita, un'opera come abbiamo detto anticipatrice in cui il Giottino ha saputo trasmetterci tutto il dolore e il compianto dei personaggi, ha saputo magistralmente e genialmente ricondurci a un evento religioso con pacata fede e accorato sentimento.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Tommaso di Stefano detto Giottino – Pietà di San Remigio ( Galleria degli Uffizi - Firenze)

martedì 3 maggio 2022

CARLO CRIVELLI - MADONNA CON IL BAMBINO (Accademia Carrara di Bergamo)


Ci sono opere d'arte che colpiscono subito per la loro raffinatezza d'immagine e per l'accuratezza di particolari e soprattutto per l'abbinamento dei colori e delle giuste sfumature, restiamo davvero abbagliati a tante pitture già per la forma e lo stile, la precisione e il magistrale talento del Maestro, ma ci sono altrettante opere d'arte pittoriche che non basta soffermarsi a tutto questo che ho detto, ma hanno bisogno di un'eventuale e accurata lettura, insomma hanno bisogno di essere scoperte piano piano e trovare così la piena valorizzazione di un'opera che magari al momento ci appariva “bella” ma non di più.

E' il caso della Madonna con il Bambino del Maestro Carlo Crivelli, un'opera appartenente all'Accademia Carrara di Bergamo, che colpisce per la classica raffinatezza di stile del pittore e per i suoi accesi colori, a parte il manto della Madonna che nel tempo ha perso il suo splendore in quanto l'orato che gli apparteneva è andato perduto. Ma se si osserva più del dovuto non ci manca di notare una quantità di cose e oggetti che paiono quasi un'allegoria del Maestro, ovvero impiantati nel contesto del quadro magari solo per un suo capriccio o piacimento, e invece proviamo insieme ad analizzare quanto ci vuol dire con questa simbologia, quanto di più ci vuol far valorizzare quelle Sante figure rappresentate.

L'immagine della Madonna con il Bambino è posta al di la di un parapetto quasi appoggiata a una vistosa tenda rossa da cui sovrasta una grossa ghirlanda con frutta varia ma da cui spiccano due grosse e colorate mele, lo stesso frutto che il bambino Gesù stringe tra le sue piccole mani, ed è proprio questa mela il primo messaggio. La mela è il simbolo del peccato, il frutto colto da Eva e mangiato anche da Adamo, il peccato originale di cui Gesù il Redentore, incarnandosi, ne sostiene il peso, e le stesse mele nella ghirlanda marcano ancora di più questo concetto.

Un altro frutto che subito lascia perplessi e attoniti, è quel cetriolo in primissimo piano, posato sul parapetto. Anche in questo caso ha valore simbolico e molto accurato se vogliamo perchè bisogna partire dal concetto delle letture sacre, che sia l'Antico Testamento che il Nuovo Testamento per il pensiero medievale, erano volti a sostenere delle concordanze. Bisogna risalire ai fatti di Giona che dopo essere stato inghiottito dalla Balena fu rigettato fuori, vivo, dal vomito dell'animale tre giorni dopo e secondo la leggenda biblica egli si svegliò sotto alberi di zucche. I tre giorni in cui Giona ha trascorso nel buio del ventre della balena sono paragonati perciò ( per il concetto di cui sopra, di concordanza) ai fatidici tre giorni in cui il Cristo vive nell'aldilà prima della sua resurrezione.

Zucche e cetrioli essendo della stessa famiglia, cucurbitacee, nel Rinascimento erano considerati la stessa cosa, viene da se la lettura che il cetriolo altro non è che la rappresentazione simbolica dei giorni del Cristo nell'aldilà.

Il cetriolo si trova in mezzo a altre due precisi simboli, il garofano e la ciliegia, il primo appare quasi fuori luogo, in quanto è ritenuto simbolo nuziale e parrebbe quasi senza senso ma un'analisi più accurata e se vogliamo propriamente mistica ci porta a pensare alla Madonna che incoronata Regina del Cielo dopo l'Assunzione e considerata dalla Chiesa come sposa di Cristo, ecco che ritorna giusto il simbolo del garofano. La ciliegia, chiamata il frutto del Paradiso, è simbolo di virtù.

Per terminare questa lunga ricerca, volgiamo lo sguardo verso il paesaggio dietro le figure e notiamo che è totalmente diverso tra quello di sinistra a quello di destra, nel primo gli alberi sono verdi mentre nel secondo sono completamente secchi, ebbene altresì non sono che il primo il ritorno alla vita , l'Incarnazione, mentre il secondo rappresenta l'aridità , la morte di Gesù.

Molti quadri di Crivelli ( e della sua bottega) sono pieni di questi simboli e sono proprio questi che rispondono in modo esaustivo alle più svariate informazioni se vogliamo anche puramente teologiche, ma rispondono anche sulle credenze del periodo stesso in cui le opere furono dipinte.

Come avete notato, spesso non basta una semplice veduta, l'immagine del tempo, diversamente da ora, ha bisogno di più accurata e posata visione per essere compresa.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Carlo Crivelli – Madonna con il Bambino (Accademia Carrara di Bergamo)