lunedì 27 dicembre 2021

OPERE D'ARTE RUBATE E DISPERSE




A conclusione di questo anno trascorso insieme con la scoperta di varie opere d'arte pittoriche, dei grandi o minori Maestri della pittura sia italiana che estera, voglio fare un pensiero su una piccolissima parte di opere (tra la moltitudine purtroppo) che sono state rubate o trafugate ma comunque ancora risultanti scomparse. Sono opere di un valore monetario immenso, oserei dire inestimabile, non v'è dubbio, ma soprattutto sono di un valore supremo sia culturale che artistico che viene a mancare nel grande scenario della cultura pittorica. Di ognuna, tra quelle che nomino, vi aggiungo una didascalia dei fatti che hanno portato alla loro scomparsa e anche, dove possibile, un minimo di storia della tela stessa e del Maestro a cui appartiene.

Nel contempo voglio anche ringraziarvi tutti quanti per tenere alta la visibilità di questa pagina, pagina a cui io tengo particolarmente e che con voi, che siete le colonne portanti per sostenerla abbiamo fatto sì che crescesse sempre di più. Non sono uno studioso o un esperto in materia, sono solo un autodidatta a cui piace la pittura e la sua storia, sono come voi, uno a cui piace il bello e del bello vuole conoscerne il valore intrinseco e non soltanto l'esteriorità. GRAZIE!


JOHANNES VERMEER – IL CONCERTO



Il dipinto del 1664 è un'istantanea di una scena domestica, una tranquilla e serena vicissitudine di gesti e parole, dove il Maestro, come ci ha abituati in altre sue opere, pone risalto e cura alla luce e ai magici dettagli, una giovane donna impegnata al suono di un clavicembalo mentre un'altra segue la musica con il canto mentre di spalle un uomo le accompagna con un liuto. Questa tela fa parte del famosissimo e rocambolesco furto del 1990 ( che fruttò ai due ladri travestiti da agenti, un immenso valore in quanto riuscirono a trafugare circa 13 opere d'arte famosissime e preziose) al “Isabella Stewart Gardner Museum” di Boston.


REMBRANDT VAN RIJN – LA TEMPESTA DEL MARE



Anche questa tela fa parte del furto già sopra nominato ed è l'unico dipinto di genere marino di cui si conosca del Maestro. La tempesta è abilmente rappresentata in tutta la sua drammaticità dai toni chiari e scuri e ritrae, sottolineandolo ancora con giochi di luce e ombre, il miracolo di Gesù intento a calmare le acque davanti a un esagerato panico dei discepoli.


FERNAND LéGER – NATURA MORTA CON CANDELIERE



Stando alle dichiarazioni, sospette e comunque di poca credibilità, di uno dei partecipanti alla finalità del furto, questa opera, insieme alle altre, sarebbe stata distrutta per paura di essere scoperto.

Il quadro fu rubato su commissione da un abile ladro soprannominato appunto per le sue “qualità” “ Spiderman”, per un compenso di circa 50.000 dollari, ma nel frattempo questi, vista la facilità della cosa, trafugò altre quattro opere tra cui un Picasso, Modigliani, Matisse e Braque. Il committente, un noto antiquario di Parigi, dette il tutto a un suo amico -compare, quello che poi scoperto asserì di averle bruciate. La rapina avvenne nel 2010 al “Museo d'Arte Moderna “ di Parigi


PABLO PICASSO – PICCIONE CON PISELLI



Questo lavoro pittorico assolutamente facente parte del movimento cubista fondato appunto da Picasso insieme a Braque, dove forme geometriche si uniscono e si mescolano insieme a un misto di colori neutri, è uno dei quadri che furono rubati in sovrappiù a quello che era stato commissionato nel famoso furto di Parigi, più sopra nominato.


VINCENT VAN GOGH – FIORI DI PAPAVERO



Questa opera del grande Maestro fu dipinta intorno al 1887, circa tre anni prima del suo raccapricciante suicidio e pare che abbia avuto origine da un'ispirazione che Van Gogh ebbe dalle opere di un pittore francese, Adolphe Monticelli, che usava nei suoi lavori tonalità forti e vivaci alternandoli a profondi sfondi sopratutto di tono molto scuro. L'opera fu rubata nel 2010 al “Museo Mohamed Mohmoud Khalil” del Cairo in Egitto.


MICHELANGELO MERISI DETTO CARAVAGGIO – NATIVITA' CON SAN FRANCESCO E SAN LORENZO



Qui davvero si stringe il cuore, questa magistrale opera del grande Caravaggio, in balia del mondo e magari con un presentimento che sia anche rovinata se non del tutto distrutta, davvero stringe l'anima e stende un velo nero e fitto su la cultura in genere.

L'opera si trovava sopra l'altare dell'Oratorio di San Lorenzo nella maestosa e barocca chiesa di Palermo, ma niente e nessuno può fermare l'ingordigia della mafia (così in un primo momento si supponeva fosse il mandante), nemmeno la sacralità del luogo, e un giorno, nel 1969, fu eseguito il saccheggio. L'opera era di grandi dimensioni e coloro che fecero il furto ebbero il tempo di levarla dalla cornice e con disinvoltura con un involucro addosso, uscire indisturbati e non visti dall'oratorio, però bisogna anche sottolineare che era di notte! Di questa opera, e di altri oggetti di valore, non se n'è più saputo niente.


JAN VAN EYCK - I GIUDICI GIUSTI



Nel 1934, questa singola tavola, facente parte di un grandioso Polittico dell'Agnello Mistico sito nella cattedrale di San bavone a Gand, raffigurante vari personaggi famosi dell'epoca del Maestro, fu rubata e al suo posto fu trovato un messaggio in lingua francese che indicava il latore del furto la Germania e la motivazione, dal Trattato di Versailles. Dopo circa un anno, il governo belga riuscì ad avere un collegamento con il presunto ladro, addirittura un emerito politico del luogo, ma soltanto epistolare, e poco prima di morire, costui affermò di sapere dove si trovava l'opera ma che non lo avrebbe mai rivelato. E così è stato. Attualmente ne esiste una accurata e precisa copia eseguita dall'artista belga Jef Van der Veken.


RAFFAELLO SANZIO – RITRATTO DI GIOVANE UOMO



Presumibilmente pare sia il vero autoritratto di Raffaello, ma al di la di questa supposizione, sta di fatto che è stato oggetto di vicissitudini rocambolesche, in primis faceva parte delle famose e importanti opere d'arte trafugate dai nazisti nel periodo della seconda guerra mondiale, e questa si trovava nel Museo Czartoryski e fu inviata a Berlino e poi Dresda per far parte poi della notevole collezione privata di Hitler a Linz. Misteriosamente riapparse a Cracovia nel castello di Wawel, ma attualmente non si hanno più sue notizie anche se nel 2012 una falsa notizia acclamava il suo ritrovamento.


CLAUDE MONET – CHARING CROSS BRIDGE



Questo dipinto fa parte di una lunga serie di opere impressioniste, appunto del Charing Cross Bridge, che Monet eseguì negli anni tra 1899 e il 1904, dove il suo scopo fu di dipingere il ponte in ogni momento della giornata e dai diversi punti di vista. Questo è stato rubato nel “Kunsthal Museum” di Rotterdam nel 2012 insieme a altri come la Tete d'Arlequin di Picasso, Femme devant une fenetre ouverte di Gauguin , un Matisse, un De Haan e un Lucian Freud.

Furono accusati e condannati un gruppo di ladri rumeni e uno di essi affermò che le opere erano state tutte bruciate nella stufa da sua madre per nascondere le prove. Furono eseguiti accertamenti e esaminata pure la stufa in questione, ma non ci furono e non ci sono ancora, prove sicure e determinanti che possano vagliare quanto detto dal ladro.


HENRI MATISSE – RAGAZZA CHE LEGGE IN BIANCO E GIALLO



Il dipinto rappresenta una giovane ragazza impegnata nella lettura con vicino un bellissimo vaso di fiori, nel totale stile e forza dell'impressionismo. Questa fa parte del furto suddetto del gruppo di ladri rumeni, che la madre di uno di essi, spaventata dall'arresto del figlio, trafugò i quadri e prima li seppellì in un cimitero e poi successivamente li bruciò. Ma questa versione non è mai stata portata al vaglio.


LUCIAN FREUD – RITRATTO DI FRANCIS BACON



Tra una gremita folla di persone nella “Neue Nationalgalerie” di Berlino, dove questa opera, nel 1988, proveniente dalla collezione Tate per una retrospettiva in onore dell'artista, scompare improvvisamente, senza che nessuno si accorga del fatto. Fu presunto che il furto fosse da addebitare a un giovane studente o fan di Bacon, Freud stesso, per ritrovare l'opera, diffuse e fece addirittura un volantino in bianco e nero con la scritta rossa “Wanted” assicurando coloro che ne avessero data notizia una lauta ricompensa ( circa 300.000 marchi). Ma del quadro non si è ancora saputo niente.


PAUL CéZANNE – VISTA DI AUVERS-SUR-OISE



Nel 1999, nel passaggio del millennio, tra un esplodere di fuochi artificiali, un uomo approfittando del trambusto clamoroso, entrò con fragore rompendo un lucernario nel “Museo Ashmolean” di Oxford in Inghilterra e tranquillamente si defilò, bloccando con del fumo le telecamere di sicurezza, con sottobraccio questo fantastico quadro di grande valore, infatti, per i critici d'arte, esso rappresenterebbe il passaggio di Cézanne ad una pittura molto più intensa e matura.


Roberto Busembai (errebi)


Immagini web rappresentanti le opere d'arte esposte nell'articolo.


giovedì 23 dicembre 2021

BUON NATALE AMICI CARISSIMI


Non posso negare che la mano è titubante nello scrivere, del resto è condizionata dalla mente e questa, appunto, vaga e rimbalza, come una pallina di flipper, sospinta non da impulsi elettronici ma da attimi emozionali di dubbio, incertezza, paura, fobia, delusione, rancore, e tanta tanta rabbia. La speranza di questi giorni, la luce di rinascita del Natale, il calore dei dolci sentimenti, la volontà stessa del volersi bene, della riconoscenza altrui e del sapere amare e rispettare posizionano, stagnanti, in un angolo buio e seminascosto del cuore. La mano ancora tentenna a scrivere gioia e stupore, la mente non vuole parlare di male, non vuole esaltare il dolore, la mano e la mente si estraniano forzatamente, ma è giusto e pure normale, non fingere, ma fortemente sperare.

Voglio farvi con tutto il mio umile cuore, con tutta la mia umile forza di vita, con tutto me stesso gli auguri di un sereno Natale, che non sia di luci e colori, di dolci e sapori, di cori e di canzoni, ma nasca dentro, singolarmente, in voi, quella vera, fresca e limpida luce da farvi star bene e poterla anche donare, perchè quello è davvero Natale, e che ognuno possa nel loro silenzio e nel loro intimo sospirare, avere un pensiero grandioso a chi in questo momento non possa gustare nemmeno la luce e l'aria del giorno.

Buon Natale amici carissimi e devoti.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Michelangelo Buonarroti – Tondo Doni – Sacra famiglia (particolare del Bambino Gesù)

mercoledì 15 dicembre 2021

IL TRASLOCO


Oggi c'è stato il grande trasloco,

tutti affannati io per gioco,

mamma Luisa teneva la borsa

mentre Paolino era dietro di corsa,

papà Tommaso lo scatolone

quasi faceva un ruzzolone,

si caricavano su un camioncino

tutte le cose per benino,

le pentole e le stoviglie

le portavano le figlie,

i tavolini e la scrivania

erano in fondo a scivolar via,

sopra di tutto gli scatoloni

tutti ammucchiati parevan milioni

io cagnolino fedele e contento

stavo da parte con divertimento,

ma la cosa più bella ed eccezionale

quando si è pensato che era Natale,

in ultimo e sopra perchè dimenticato

han messo l'albero già tutto addobbato.

Io sono cane e spesso disordinato

ma come questo trasloco, vi giuro,

non mi era mai capitato.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web

IL CENTRINO


IL CENTRINO


Girava per la città un volantino raffigurante un volto di un uomo, era un avviso importante rivolto a tutta la cittadinanza, una scandita attenzione e preoccupazione per quella persona raffigurata.

La foto, un poco sbiadita, era quella di un uomo dai capelli neri e ricci, dalla pelle brunita a far pensare che fosse sicuramente dei paesi arabi o africani, con baffi e una barbetta folta che gli attraversava il limite del sottomento, partendo da orecchio a orecchio, ma la cosa che lasciava ancora più turbati era l'atteggiamento, lo sguardo, un guardare sfrontato, disinteressato e menefreghista di tutto e di tutti. L'avviso del volantino dichiarava che questa persona, Paolo, era un famosissimo killer conosciuto come “ Il Centrino” perchè non sbagliava mai un colpo, sfuggito in maniera rocambolesca dalle prigioni del luogo, era molto pericoloso, non aveva nessun pregiudizio o remora a far fuori qualcuno o a compiere rapine o rapimenti, la città doveva stare all'erta e chiunque lo avesse visto, di non agire personalmente o compiere atti eroici insulsi ma di avvisare la polizia immediatamente.

Era la vigilia di Natale e gente per le strade non mancava, c'erano sempre acquisti da fare, gli ultimi ritocchi per una festa che non doveva assolutamente apparire sbiadita, ognuno cercava come meglio poteva di rendere gioiosa la casa, il luogo dove viveva e far si che il giorno di Natale si potesse tutti vivere in giusta misura e con l'animo in pace, ma questa notizia dell'evaso mise una forte preoccupazione, subissata anche dai mass media che insistevano sui giornali, sulle televisioni, la pericolosità del personaggio e incitavano alla massima e forse anche eccessiva cautela.

Ognuno camminava guardandosi bene a chi avesse di fronte, uno sguardo di dietro e una paura immensa dentro da titubare a fare le cose che erano da fare fuori casa, per non parlare poi lo stare chiusi nei propri appartamenti con il dover sempre saltare per un rumore casuale o uno squillio di campanello o un bussare di porta.

Lorenzo viveva ormai da anni sotto il ponte che attraversava il fiume della città, aveva perso la sua famiglia in un incidente aereo alcuni anni or sono e da quel momento non era più riuscito a riprendersi, il morale e la voglia di vivere si erano fossilizzati in un antro del cuore e si era così trovato in poco tempo senza lavoro, senza casa e senza “amore”. Viveva di espedienti, un pezzo di pane gettato alle anatre che lui più svelto avrebbe fatto suo, un mescolarsi tra le immondizie di un ristorante dove non mancavano a volte manicaretti davvero sorprendenti da leccarsi i baffi, aveva tentato spesso di far qualche lavoretto per qualcuno ma la risposta era sempre stata negativa, non era gradito il suo colore ambrato di pelle e la sua promiscua provenienza. Era riuscito nel tempo ad accasarsi alla meglio sotto la grande volta del ponte, tra cartoni, casse di legno, uno sdrucito materasso e alcune coperte. Era Natale ma a lui, da quel fatidico giorno, del Natale non importava proprio niente, anzi era contento solo perchè il giorno dopo avrebbe trovato una miriade di cose buone da mangiare, resti quasi interi che la gente “normale” eccedeva ad averne.

Erano le undici di sera, la vigilia si festeggiava in ogni casa, o almeno in quelle che era possibile se il lavoro lo concedeva, ma alla polizia qualcuno doveva pur essere presente e in questo particolare giorno allertato, ce n'erano anche di più di personale a disposizione, quando squillò il telefono di guardia e un commissario rispose. Qualcuno aveva visto il Killer, era sicuro, assomigliava alla foto del volantino, era in atto di dormire sotto un ponte.

Tre o quattro volanti partirono all'unisono, raggiunsero il luogo indicato e sorpresa era davvero il Killer quello che stava tranquillamente dormendo su uno sdrucito materasso sommerso da una coltre di coperte sotto la volta di un ponte.

Lorenzo nonostante le sue grida e il suo dichiararsi innocente, fu ammanettato, caricato sulla camionetta e subito trasferito in una cella di rigore nel carcere del luogo......” bentornato a casa” furono le grida degli altri galeotti mentre la stampa e la televisione diffondeva la buona notizia:

“ Il famigerato Killer detto “ Il Centrino” è stato fortunatamente arrestato, la città domani trascorrerà davvero un bellissimo Natale”.

Per Lorenzo fu tutto un andirivieni di cose che gli giravano nella testa, l'unica cosa positiva era che avrebbe finalmente dormito al caldo di quattro mura, ma non capiva perchè lo chiamassero“Il Centrino”. “ Centrino stavolta il colpo è andato fuori centro?” “ Centrino credevi di dormire all'aperto tranquillo?” e ancora da tutti gli abitanti del carcere.

Alle prime luci dell'alba, tra il passaggio della notte in luce del giorno, con una coltre nebbia che offuscava tutta la città, una strana figura, coperta di cappuccio di lana e un grosso cappotto bussò alla porta del distretto di Polizia, un giovane poliziotto di guardia, quasi assonnato, si apprestò ad aprire ma si destò immediatamente quando vide chi aveva davanti a se.

“ Sono il Centrino, mi costituisco.” Era l'alba di Natale

Paolo e Lorenzo erano due gemelli separati da piccoli, quando con la famiglia erano sbarcati come profughi sulle coste del paese dove ora vivevano. Loro non sapevano l'uno dell'altro, e ognuno era sopravvissuto tra un passaggio di famiglia a un altro intramezzo a diversi istituti di associazioni di recupero e salute e cose simili, Lorenzo aveva avuto più fortuna perchè si era dedicato al lavoro e aveva formato una famiglia, Paolo era sempre stato al margine e amava le cose facili e sbrigative fino a mettersi in proprio e “lavorare” per altri a ripulire la città da personaggi per qualcuno scomodi, a ricavare soldi con rapine ecc.

Quella notte Paolo aveva visto la notizia del “suo” arresto ed era rimasto folgorato, aveva un fratello e non lo sapeva e , miracolo di Natale, il suo cuore non poteva sopportare che quel fratello subisse la pena per lui.

Lorenzo se ne tornò al suo posto sotto la volta dell'arco del ponte, si sedette sul suo materasso sdrucito, si mise una coperta addosso e pensò:

“ Adesso sono contento, ho un fratello da andare a trovare e forse potrò anche trovare un lavoro, perchè da oggi non sono più nessuno ma sono il fratello di Centrino, quello che non sbaglia mai un colpo!”


Roberto Busembai (errebi)


Immagine: Opera di Laura Lauri


lunedì 13 dicembre 2021

LORENZO LEOMBRUNO - NATIVITA'


Un nome che fino al tardo ottocento era quasi nascosto e poco nominato tra i Maestri della scuola Mantovana, era Lorenzo Leombruno, discepolo nei primi suoi anni addirittura del Mantegna e poi di Lorenzo Costa. Già nell'anno 1511 è nominato negli stipendiati della Corte di Mantova e nominato come pittore quando nel 1521 il Marchese Federigo lo inviò a Roma perchè crescesse nello studio dell'arte, ma colui a cui era stato affidato, il Conte Baldassarre Castiglione, dopo pochi mesi, lo rinviò al mittente dicendo apertamente che in lui non aveva notato quella grande cura e amore d'aver perciò disposizione all'arte. Nonostante tutto il Leombruno fu innalzato pittore di Corte dove iniziò a dipingere varie opere nel Castello di Mantova dirigendone pure i lavori e non più sottoposto al Costa, tanto che per il beneficio e la gratitudine, il marchese stesso lo compensò con donazioni di terreno e con lettere di affetto e compiacimento.

Tutto questo durò poco perchè arrivò a Mantova Giulio Romano, considerato addirittura il continuatore dell'arte di Raffaello tanto da creare malumori e battibecchi tra loro che provocarono la rottura completa con i Gonzaga da parte di Leombruno, che partì per Milano alla Corte degli Sforza ma da allora ben poco si seppe di lui, tanto da non saper nemmeno se presso la nuova Signoria ebbe fortuna.

Ho trovato questa opera, che forse non primeggia tra i grandi artisti che noi siamo soliti conoscere,

ma la ritengo così semplice e così toccante umanamente che penso sia un'opera pittorica dalla tecnica forse quasi “elementare” ma talmente profonda e religiosamente devota. Una madonna che allatta il bambino è la raffigurazione materna maggiore che si possa ottenere, e quel Giuseppe così assorto in disparte , distaccato e pensoso, non poteva essere meglio raffigurata la sua “poca voluta partecipazione”. Il tutto in un paesaggio montano così tanto sereno e limpido da accentuarne il valore intrinseco della nascita di Gesù, ovvero la Luce!


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Lorenzo Leombruno di Mantova – Natività – Museo Nazionale di Arte Occidentale - Tokyo


martedì 7 dicembre 2021

GIOTTO DI BONDONE - NATIVITA' DI GESU'


In questo periodo di ricorrenze Natalizie, è d'uopo che parlando di arte si ricorra alla Natività come espressione pittorica che dai primordi della pittura è sempre stata una capostipite come tema principale e a cui hanno attinto quasi tutti i più importanti e famosi Maestri del mondo.

E non potevo iniziare che con un'opera davvero eccezionale sia per il periodo in cui viene affrescata (intorno al 1303/1305) e sia per il Maestro (Giotto) capostipite della pittura moderna, della rivoluzione artistica.

La Natività di Gesù di Giotto è un affresco che fa parte di un'intero programma pittorico situato nella cappella Degli Scrovegni a Padova per il ciclo della Vita di Gesù, e l'importanza e il valore di questa opera sta nella piena e vasta simbologia che Giotto ha usato per avvicinarci ancora di più a questo evento, basandosi sullo studio dei Vangeli, del Protovangelo di Giacomo e anche della Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze.

La scena è ambientata in un luogo roccioso, come se i personaggi fossero nascosti, dove si stagliano le figure della Madonna che (scena alquanto insolita per questa tipologia di figurazione) porge il

Bambino Gesù con tutta la naturalezza e la tenerezza che solo una madre può avere a una levatrice, e questo gesto simboleggia l'offerta del proprio figlio al mondo rappresentato per sineddoche della levatrice stessa che sfiora il bambino.

Un'attenzione particolare va alla veste della Madonna, quell'azzurro lapislazzuli che tanto amava il Maestro e che il tempo ha deteriorato traendo in risalto il sottostante rosso, simboleggia la Grazia divina e il rosso il sangue di Gesù versato sulla Croce.

Giuseppe in disparte, con la testa tra le mani, quasi stordito e incredulo di quello che sta accadendo è volutamente messo in lontananza dalla scena a sottolineare il suo ruolo non attivo e la subordinazione al Dio Padre. La veste, di colore giallo sottolinea il cambiamento che trasformerà la storia, infatti il significato del giallo è trasformazione.

Parte allegorica del tutto, gli angeli, iconograficamente rappresentati con le ali, che pregano e si rallegrano per la venuta di Gesù, il figlio di Dio, loro sono i messaggeri e i rappresentanti della Spiritualità divina provenienti dal Cielo.

Sono poi gli stessi animali che rafforzano la scena simbolicamente, come l'Asino e il Bue simboleggiano i Gentili e gli Ebrei che non compresero, essendone pure presenti, la venuta eccezionale del Profeta, mentre le pecorelle evocano la Chiesa novella, l'avvento della redenzione degli uomini tramite Gesù.

Il bambinello è deposto in una umile mangiatoia, simbolo di povertà, povertà della condizione umana in cui Egli si è offerto, sacrificandosi, per redimerla.

Persino nelle aureole, Giotto ha voluto differenziare la santità dei personaggi, opponendole agli angeli, alla Madonna e a Giuseppe ma sottolineandone quella del Bambino che è cruciforme a evidenziare il suo prossimo futuro, il suo sacrificio.

E' un'opera assolutamente magistrale e di forza altamente religiosa e devozionale, artisticamente nuova e “rivoluzionaria” nella tecnica e nello stile.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Giotto di Bondone – Natività di Gesù – Cappella degli Scrovegni – Padova

domenica 5 dicembre 2021

NATALE SIA.....


Nel silenzio della notte, tra due luci che non smettono di brillare, albero di Natale che non spegne il suo silente sfavillare di colori illuminanti, tra calde coperte che mi pesano fino a farmi sudare, tra rumori d'auto, le ultime a passare, che svettano veloci come se il loro passare fosse unico esistenziale, tra sogni che non cedano nel cuore e sogni che navigano come velieri in alto mare, tra un dolce abbandonarsi e una faticoso cedere degli arti e della schiena, fatica di sostenersi perchè quel poco che c'è da sostenere è fragile e friabile come un grissino. E mi rigiro spesso e dormo male, e penso forse anche troppo ma la mente è quella che ancora mi rimane, e allora sorge quel cupo sentimento che davvero mi fa stare male, io che mi lamento di queste coperte che al caldo mi fanno stare, di questi rumori d'auto che svegliano il mio riposare, delle luci di un albero che io stesso ho lasciato acceso per dare tono alla festa da venire, io che posso ancora sognare di cose passate o da passare, risa e gioie custodite o da costudire, io che per questi dolori di senilità accelerata di morte naturale che si avvicina pacatamente, io che ho tutto e non desidero altro e niente, domani penso e me lo rodo continuamente, domani è Natale, ma non per tutti ugualmente.

E allora penso e rido di quanto la vita sia preziosa e bella per me che sto sudando e guardo una stella pensando che si muova con un motore d'auto appresso e brilli perchè qualcuno si è dimenticato di staccar la spina dalla tenue luna. Che Natale sia davvero ma non per me solo!


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Photo by Joni Niemela

venerdì 3 dicembre 2021

NICK CARTER (Detective privato) - BONVI






La storia di questo fumetto, ha del fantastico e dell'originale, infatti questi nacque per esigenze di spettacolo, ovvero, al tempo, stiamo parlando dei primi anni '70 in Italia, i cartoon veri e propri venivano importati dall'America e tutto quello che si vedeva in Tv era USA, onde per cui al sopravvenire di una certa crisi, importare cartoons divenne dispendioso. Si pensò allora di inventare una trasmissione dove i fumetti non si muovevano ( era proprio il processo di animazione che rendeva costoso il cartoon) , ma era la stessa macchina da presa che creava movimenti nelle inquadrature, con effetti di carrellate, zoomate ecc e che accentuava i rumori, le scene e altro con l'apparizione delle famose “nuvolette”. La trasmissione era la goliardica “Fumetti in Tv” ideata da Giancarlo Governi e Guido de Maria e il fumetto in questione, del grande disegnatore Bonvi (Franco Bonvicini) e lo stesso De Maria, fu Nick Carter. Beh che dire, fu un enorme e galattico successo, la trasmissione e il fumetto stesso divennero le icone del periodo, la stessa frase che il cinesino “ Ten” era solito ripetere ad ogni inizio di parola : “ Dice il saggio....” era divenuta popolare e facente parte del linguaggio nazionale con la classica, del finale, pronunciata dal fidato amico di Nick Carter, Patsy, :” e l'ultimo chiuda la porta”.

E la porta fu davvero chiusa per sempre nel 1977 quando lo stesso Governi dichiarò : “....ci accorgemmo che il video si stava inondando di pessimi cartoni animati giapponesi e coreani, rovinando così il gusto delle nuove generazioni....”.


Ho trovato queste strisce su un sito web e visto il periodo natalizio in cui siamo mi sono sentito di postarle, fanno parte di una pubblicazione su il Corriere dei ragazzi del dicembre 1972.


Roberto Busembai (errebi)


Immagini web . Nick Carter Story – La notte di Natale ( di Bonvi)

mercoledì 1 dicembre 2021

IL CALENDARIO DELL' AVVENTO - 1 DICEMBRE


Nel nostro calendario dell'Avvento

oggi il primo giorno è contento,

si danno inizio alle feste natalizie

con gioia e con delizie,

si pensa a fare l'albero con le palline

e aggiungerci poi tante lucine,

si pensa a cosa ci porterà Babbo Natale

sperando che non ci tratti male,

ma noi siamo sicuri e contenti

che sarà un mese di felicità per tutti quanti.

Nel nostro primo giorno del calendario

troviamo un pettirosso infreddolito

sopra dei pacchi dentro uno stivale,

naturalmente voi bambini avete conosciuto

a chi appartiene quello scarpone rosso,

e dentro ci son pure tanti pacchi

tutti ben incartati e con i fiocchi,

dai non ci vuole poi tanto a voi furbetti

sapere chi è il suo padrone,

ma mi raccomando tenete i vostri segretti stretti stretti

che tanti ancora non sanno a chi appartiene!

Lasciamoli così nell'incertezza

e diamo al pettirosso una calda carezza.

Roberto Busembai (errebi)

Immagine web

martedì 16 novembre 2021

LA VOLPE E IL PETTIROSSO


La volpe un pettirosso un giorno incontrò

e subito amicizia gli dimostrò

ma il pettirosso era molto previdente

e dell'amicizia non se ne fece niente.

Passarono dei giorni e delle settimane

che il pettirosso senza briciole rimane,

vola nel bosco tra la neve bianca

ma di cercar per niente lui si stanca.

Passa per caso e per fortuna vera

la volpe che dimenticata di lui si era,

il pettirosso a lei si avvicina

e gli racconta dell'amicizia dei giorni prima.

Beh, come sia andata o cosa si siano detti

fatto sta che adesso vivono stretti stretti

la volpe insieme al piccolo pettirosso

uno mangia una bacca, l'altra trova un osso.


Roberto Busembai (errebi)


Disegno Errebi (Roberto Busembai)

lunedì 15 novembre 2021

THEODORE GERICAULT - LA ZATTERA DELLA MEDUSA


Era l'anno 1816, una grande e bellissima fregata a vela francese, la Méduse, che era stata varata solo sei anni prima, si incagliava sulle secche del Banc d'Arguin vicino alla Mauritania, fu appurato che l'incidente era dovuto all'inesperienza dell'allora comandante Duroy. Vani furono i tentativi di disincagliare lo scafo e la nave dovette perciò subire l'abbandono su sole 6 piccole imbarcazioni di salvataggio, i passeggeri in più furono fatti salire su una zattera che fu trascinata dalle barche. Ma qualcosa non andò secondo i piani, o forse volutamente, ma la zattera fu abbandonata al suo destino. Subito perirono venti persone e altre, al calarsi della notte, si suicidarono. La zattera con i superstiti rimasti vivi andarono alla deriva per ben 15 giorni, verso i 9 giorni vi furono a bordo atti di cannibalismo, quando il battello Argus riuscì a salvare i pochi rimasti dei quali cinque morirono nella notte. Fu un fatto che ebbe molta risonanza all'epoca e dove i giornali dettero molto spazio alla notizia anche aiutati dalle testimonianze dei sopravvissuti. La giustizia comunque non si fece, come di solito, sentire, infatti il capitano che nelle norme vigenti del tempo avrebbe dovuto essere condannato a morte per simili atti, venne condannato a soli due anni di carcere e alla radiazione dal registro navale.

Il giovane artista Géricault, all'ora 27enne, fu colpito da questo fatto e colse l'occasione per crearsi notorietà, cercando di rappresentare questa tragedia. Per far si che la cosa gli venisse il meglio possibile, intervistò personalmente due sopravvissuti e costruì pure un modellino e vari bozzetti prima di mettersi al lavoro sulla grandissima tela, infatti è un enorme quadro di circa 35 metri quadrati, che a vederlo dal vivo non si può che rimanere impressionati e esterrefatti.

Infatti la composizione provoca proprio una serie di emozioni, partendo dallo sconforto fino a raggiungere la speranza, i personaggi sono “abbandonati” al destino delle onde e di un Dio che possa salvarli, ognuno è impegnato a salvarsi, pure quei tre che sventolano le camicie per farsi notare dalla nave in lontananza. La zattera è sempre più instabile e questo senso lo percepiamo non solo fisicamente, ma soprattutto moralmente, siamo partecipi del loro destino, delle loro paure, delle loro incertezze, attendiamo anche noi una nave che ci riporti la speranza e la salvezza, vogliamo ritornare ai nostri cari, ai nostri sogni, alle nostre umili dimore e dimenticare le oscenità e i disprezzi che , forse, la paura e l'egoismo ( come per questi superstiti la fame) ci ha portato a odiarci gli uni contro gli altri. Ognuno è purtroppo solo con se stesso di fronte alla morte e solo con essa crede di combattere per restare vivo.

La zattera della Medusa di Théodore Géricault sta ancora metaforicamente e instabilmente galleggiando nella speranza di una svolta non più troppo lontana.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Théodore Géricault – La zattera della Medusa

martedì 9 novembre 2021

SANDRO BOTTICELLI - LA MADONNA DELLA MELAGRANA


In questi giorni una notizia circola tra gli addetti del mondo dell'arte, che alcune opere del Botticelli presenti al Museo degli Uffizi di Firenze, nei prossimi cinque anni saranno presentate in mostra nei paesi dell'est, e nella scia di questa notevole notizia ho preso spunto per analizzare, a mio semplice modo, una delle tante opere del Maestro suddetto.

La Madonna della Melagrana è un'opera pittorica a tempera su tavola di Sandro Botticelli (Alessandro di Mariano di Vanni Filippepi) con data presupposta intorno al 1487, in forma rotonda e circoscritta da un'ampia e notevole cornice che fu commissionata al Maestro dalla magistratura fiorentina dei Massai di Camera per decorare la sala delle udienze nel famigerato Palazzo Vecchio.

Partendo proprio dalla cornice, già rimaniamo stupefatti per il magistrale intarsio e decorazione composta soprattutto da gigli di Francia e sottolineando così il periodo in cui Firenze era alleata ai Francesi.

La tavola è di grandissimo impatto dovuto sia dalle accese tonalità di colore che “accendono” la scena e risaltano, illuminandole, le figure rappresentate e trascina la vista, ammirandolo, al punto focale della Vergine con in braccio il bambino, infatti dominano con la loro possanza quasi tutta la tavola centrale e sovrastano con una gentilezza e eleganza particolari tipiche dell'epoca ma soprattutto tipiche del Botticelli. Dietro queste due sante figure si materializzano sei “premurosi” angeli, ognuno impegnato in diverse cose, come leggere un passo di un libro o porgere in dono un fiore e gli sguardi sono altrettanto diversi come chi contempla la scena o chi addirittura è rivolto verso lo spettatore.

Il volto della Madonna è il tipico volto Botticelliano, dalla forma ovale ( bisogna sottolineare che da quando il Maestro dipinse la Nascita di Venere dove la protagonista altri non era che la nobile Simonetta Vespucci, della quale il maestro se ne “innamorò” artisticamente parlando, da ritrarla in moltissime altre sue opere) ricoperta da un velo trasparente sediziosamente decorato, rivestita di un ampio manto blu scuro dove dietro, gli angeli anche loro con vesti altamente eleganti e decorosi, risaltano. Lo sguardo della Madre è assolutamente intenso e rivolto devotamente verso lo spettatore, quasi a comunicare un messaggio, quel messaggio che è ben rappresentato dal movimento della sua mano che guida quella del bambino Gesù a trattenere una succosa melagrana, quest'ultima simbolo di fecondità abbondanza e regalità ma altresì i chicchi rossi e succosi al suo interno sono la rappresentazione delle gocce di sangue a sottolineare il sacrificio del Cristo per la salvezza degli uomini.

Il tutto raccolto nel tondo della cornice dona quel senso di interiorità e dolcezza da toccare davvero il cuore e emozionare.

Una nota: Studi recenti dimostrano che dietro la riproduzione del semplice frutto di melagrana, vi sia celato un particolare anatomico, ovvero che rappresenti un cuore, infatti un notevole chirurgo, il dott. Davide Lazzeri (studioso di medicina nell'arte) ha così dichiarato:


La disposizione dei semi e dei setti del frutto sbucciato disegna i due atri del cuore, i due ventricoli e il tronco polmonare principale. Perfino la corona della melagrana è separata in due parti che mimano la vena cava superiore e l’arco dell’aorta con le sue tre branche.”


La cosa comunque non sarebbe alquanto strana e unica, infatti era noto che molti artisti del '400 seguissero lezioni di anatomia per poter offrire realisticamente le loro rappresentazioni di figure umane.


Roberto Busembai (errebi)


Immagini web: Sandro Botticelli – Madonna della Melagrana ( Museo degli Uffizi- Firenze)

sabato 30 ottobre 2021

FANTASMINO


Una FIABA per Hallowheen.....dolcetto o scherzetto?

Era una notte buia e tempestosa e tirava vento.....mammamia iniziar una fiaba per ragazzi in questa maniera c'è da far rizzar i capelli anche al mio nonno che ha quasi cento anni e di capelli in testa ne ha solo uno, che lui tutte le mattine inumidisce con due gocce d'acqua e poi lo pettina con cura e devozione. E' vero che parleremo della festa di Halloween, la festa delle zuccone arancioni ridotte a teschio (brrrr che paura) con dentro un lume di candela, perchè la luce tremuli e metta timor a chi s'avvicina (rivolto alle streghe e fantasmi), ma è anche vero che non vogliamo fare una fiaba d'horror, ma soltanto una cara fiaba dolce e serena come tutte quelle che finora ho scritto. Bene allora poniamo le nostre zucche sul davanzale della finestra e davanti al portone di casa, mettiamoci seduti intorno al nostro camino acceso, chi non ha il camino val bene anche la stufa o per i più fortunati il termosifone, e ascoltate tranquilli, non vi voglio spaventare.

FANTASMINO

Tanto tempo fa, in un paese vicino al mio, a circa venti chilometri di distanza, c'era al ridosso di un piccolo bosco d'abeti, una casa tutta strampalata e strana, che era conosciuta come la casa delle streghe, perchè a vederla metteva davvero paura.
Era una costruzione tutta in legno, stretta e lunga, quasi fosse una torre, con tante finestrelle e una sola porta d'accesso. In alto terminava quasi affusolata e aveva un tetto stretto e a spiovente, quasi avesse la parvenza a freccia. Era tutta dinoccolata, ovvero non si sapeva come facesse a stare ancora in piedi, tanto era cadente e vecchia, il portone d'ingresso, quando si doveva aprire, cigolava a più non posso e il suo rumore era così forte che bisognava mettersi le mani alle orecchie per tapparsele.
A ridosso, quasi a intrappolarla, c'era cresciuto un glicine violaceo, che nella primavera rendeva il tutto molto bello e quasi romantico, tanto era fiorito, ma nell'inverno pareva che le radici e i fusti della pianta fossero catene di legno che incatenavano le finestre e i terrazzi.
Ma la cosa che faceva meraviglia, era il fatto che fosse anche abitata.
E non dalle streghe!
Infatti in questa casa vi abitava un vecchierello, tipo il mio nonnino, molto nervoso e indisponente, non proprio cattivo ma sicuramente dal cuore gelido e dall'aspetto iroso. Insomma una persona da starci con la dovuta distanza. Nessuno era mai riuscito ad entrare in quella casa, e nessuno sapeva come questo omino facesse ad andare avanti da solo, senza che nessuno gli potesse dar d'aiuto. I ragazzi del luogo, si divertivano nelle giornate di caldo, quando sovente stavan per i campi a giocar di palla o rimpiattino, a tirar dei sassi contro le finestre per far venire fuori il povero anziano, ma questi urlava certo, contro i vandali, ma sempre dal di dentro senza mai metter fuori la faccia.
Nessuno lo aveva mai visto, per essere sinceri, e chiaramente si diceva fosse vecchio perchè erano tanti i tempi da cui se ne parlava, persino la nonna di Giannino, un ragazzo del posto, si ricordava di questa persona intransigente già da quando era bambina.
Non c'era temporale dai forti lampi e tuoni, che lui avesse paura da uscirne fuori, tanto che si diceva che se fosse venuto anche il terremoto, lui non sarebbe certo uscito dalla tana.
Ora come si sa, quando c'è qualcosa che pare un po' diversa dalle altre, desta anche più curiosità, e la curiosità è manna per i ragazzi. Tanti avevan tentato di avvicinarsi più di tanto ma poi erano stati colti dalla paura e dal timore di trovarsi quella persona davanti a rimproverarli, ma detto fatto, un giorno , Giannino si fece coraggio e disse ai suoi compagni:
“ Io oggi vado alla casa delle streghe a trovare il vecchio”
“ Ma te sei matto” gli disse Antonino, un suo amichetto, mingherlino, tutto ossa e spilungone che a vederlo pareva si rompesse solo a guardarlo tanto era fragile.
“ Dai non fare lo stupido, che ti importa di andar là dentro?” chiese Marino, un altro amico, questo paffuto, tondo e bene in carne, l'opposto perfetto di quello che s'era detto prima.
“ Sono curioso e poi io non ci vedo chiaro, c'è qualcosa che non mi convince, come fa una persona a campar così tanto, che già mia nonna ne parlava da piccolina......devo vederlo a tutti i costi.” Deciso rispose Giannino
Nel pomeriggio, intorno alle quattordici, si erano dati appuntamento i tre ragazzi, nel vicino giardino comunale, nei pressi del chiostro dei gelati, che nella buona stagione trovavi sempre aperto, e che belli e buoni gelati faceva quel signore, mettendoli nei coni di cialda profumata, cioccolata, crema e poi il pistacchio...e anche la panna..., scusate, la gola mi aveva rapito, continuiamo la storiella. Il primo ad arrivare fu Giannino, impaziente di fare la sua impresa, poi subito Antonino, e infine tutto sudato e senza fiato Marino.
“Allora sei proprio deciso?” chiesero in coro gli amichetti
“Certo, e veniamo ai patti. Se entro le due ore da quando sono entrato, non mi vedete uscire, andate a cercar aiuto, altrimenti diversamente aspettatemi qui alla panchina. Avete capito bene?”
“Certo, e fai attenzione” rispose Antonino
“Va bene ma due ore mi sembrano tante” dubbioso rispose anche Marino.
“ Ho detto così e così sia” e si incamminò verso la vicina casa delle streghe.

Era ormai giunto quasi al portone, le gambe cominciavano un pochettino a tremare, il cuore sembrava impazzito, ma Giannino non demordeva, voleva a tutti i costi entrare dentro e fattosi coraggio aprì il portone.......
Un rumore assordante di cigolio si alzò nella casa al solo trascinar di porta, e meraviglia delle meraviglie quando il ragazzo fu dentro e vide.
Un ampio salone, con pavimento tutto di ceramica arabescata, di azzurro mare con disegni di navi, onde e timoni, nel mezzo un bellissimo tavolo in legno lucido chiaro con sopra un veliero in miniatura certamente di tempi antichissimi, alle pareti quadri raffiguranti tempeste marine o fari solitari. Un salone nel mare aperto, pareva, e il tutto con polvere alta e ragnatele gigantesche che penzolavano dal soffitto dalle forme più strane, pareva che in quella casa non abitasse proprio nessuno.
“Signore, signor vecchietto?” ebbe a chiamare Giannino, con voce tremante dall'emozione più che dalla paura.
Ma non ricevette risposta.
Si addentrò allora nella casa, attraversato la grande sala, si ritrovò in cucina, anche quella tutta arredata in stile marino, persino il lampadario era fatto con le lampare e l'orologio alla parete altro non era che un timone. Poi trovò le scale e salì con cautela, addentrandosi tra le ragnatele che ricoprivano tutta la scalinata, e arrivò al piano superiore. Uno stretto corridoio portava all'unica stanza che c'era, proprio in fondo, attraversando le tante finestre, la porta era chiusa, allora Giannino bussò, ma nessuno rispose e tentò comunque di entrare e.......
Intanto il tempo passava e i ragazzi rimasti seduti sulla panchina iniziavano a spazientirsi e a preoccuparsi.
“ E' quasi un'ora che è dentro la casa, per me il vecchietto l'ha mangiato” disse Antonino
“Ma dai, mangiato!!!!! Diciamo che gli avrà fatto una bella ramanzina, ma comunque a quest'ora doveva essere già uscito”.
“ E poi mi domando ma perchè c'è andato, io a quel vecchietto non sai cosa gli farei!”
“ Ma dai cosa faresti te? Antonino ma se non riesci neppure ad aiutarti a stare in piedi eheheh”
Antonino stava per arrabbiarsi ma vide Giannino uscir di corsa dalla casa, e....invece di venire loro incontro, si diresse da tutt'altra parte e anche con molta fretta.
“Giannino, Giannino, noi siamo qua!!” gridarono i ragazzi ma non ricevettero risposta alcuna, finchè sparì dietro l'angolo di una strada che portava alla chiesa.
Non fecero in tempo a realizzare la cosa, e a corrergli dietro che ricomparve ancora in fretta ma stavolta seguito da Don Mario il parroco del paese, con tutti i paramenti per un'estrema unzione, e andarono tutti e due nella casa della strega.
"Giannino ha trovato il vecchio e questi sta per morire" disse Antonino
" o forse a veder Giannino gli è preso un colpo"
"Perchè non andiamo a vedere?" dissero in coro e via subito verso la casa anche loro.
Entrati si meravigliarono pure loro del bel salone addobbato alla marinara, entrarono nella cucina, ma non trovando nessuno salirono sulle scale e videro la stanza in fondo al corridoio....ma era chiusa...bussarono ma non rispondeva nessuno, allora tentarono di entrare e.....
Ora voi mi domanderete, ma si può sapere cosa succede in quella stanza, della quale io non ve ne dico niente?
In quella stanza abita un fantasmino, si di quelli con il lenzuolo bianco addosso e due fori per occhi, per vedere meglio. Questo fantasmino è molto dispettoso e burlone e si diverte a prender in giro le persone, a volte si finge vecchietto, a volte ragazzino, a volte fa due parti insieme come per esempio un ragazzo e un prete, a volte anche il narratore di fiabe e trascina con le sue fantasie i ragazzi che lo stanno ad ascoltare.....l'ultima volta che l'ho sentito nominare pare che raccontasse di una casa stregata e di un vecchietto......ehehehe avete capito quel che ho detto? Bene se mi volete ancora trovare andate dentro quella casa, dopo aver ammirato il gran salone e visto il veliero sul tavolo in legno chiaro, andate nella cucina e guardate che ore sono nell'orologio fatto col timone, poi salite le scale, prendete per il corridoio dalle tante finestre e arrivate all'unica porta, sarà certamente chiusa, bussate e non vi verrà risposto, ma non fermatevi e con spavalderia entrate e................

Roberto Busembai (errebi)


Immagine web

martedì 26 ottobre 2021

ANTONIO ROTTA - LA MORTE DEL PULCINO


Questo è un dipinto ad olio su tela che fu realizzato circa a metà del 1800 dal pittore Antonio Rotta, che forse pochi conoscono ma che è stato uno di quei maestri che hanno rappresentato la vita quotidiana dell'epoca con tutte le sfaccettature e profondo della moralità e del sentimento (movimento comunque tipico dell'800), e che si trova al Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto.

Il motivo per cui ho scelto questo particolare quadro è per sottolineare come l'innocenza e la purezza dei sentimenti abbiano presto a cambiare e maturare quando la vita li pone davanti e con mano la sua verità. Questi due splendidi bambini, bambini di ieri ma che non differiscono nell'interiorità con quelli di oggi e di sempre, bambini che forse hanno sentito parlare della morte, ma al tempo dalle favole che venivano loro raccontate, oggi pure dalle stesse favole ma soprattutto dai cartoons e film vari di cartoni, una morte aleatoria, un qualcosa che spesso nei cartoni passa quasi inosservata e poi magari non fa neppure quel vero danno che in realtà provoca. Ma quando la morte si fa viva, nella realtà, quando un bambino si trova a dover soccombere contro le volontà di una natura reale, lo strazio, il dolore, il distacco che prova è profondo e immenso e vale già questo a far sparire una buona parte di quella spensieratezza e innocenza che distinguono la sua entità di bambino. La rappresentazione di questi due bambini di fronte alla morte di un pulcino, a loro molto caro, è così straziante e vera che ne apprendiamo totalmente la drammaticità interiore dei figuranti.

Perchè ho scelto questo quadro, perchè oggi di morte ne “viviamo” tanta e in questa “tanta” ne sono spettatori, se non attori principali, i bambini, e spesso e purtroppo dimentichiamo, noi adulti, quanta maggiore sofferenza e sbigottimento essi provino.

Rotta in questo è stato davvero maestro a impressionarlo!


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Antonio Rotta – La morte del pulcino ( Museo arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto)

martedì 19 ottobre 2021

ANTONIO POSSENTI - AUTORITRATTO CON FARFALLE


Voglio farvi conoscere, se non già ne siete a conoscenza vista la grande notorietà che possiede, un pittore locale, un concittadino che ha fatto della sua arte la materia vera della sua vita. Un emblematico personaggio che non schivava assolutamente gli incontri casuali e che affabile e solare accettava una qualsiasi argomentazione da cui poi avrebbe sicuramente ricavato uno spunto ai suoi lavori. Una pittura “autodidatta” che ha maturato e cresciuto nel tempo adducendone la spettacolarità dei colori e delle espressioni. Il Maestro Antonio Possenti è stata, ed è ancora, una persona e un artista che ha riempito la mancanza, dove ce ne fosse stata, di gioiosità e di allegria, di naturalezza e di impressionismo di colori e situazioni. Le sue tele, grandi o piccole, esprimono quella libertà di conoscenza dell'umana vita rapportata e rappresentata nel filosofico concetto di coglierne l'aspetto migliore e più allegro. I suoi personaggi sono quasi burleschi, giullari, saltimbanchi , una rappresentazione di un mondo di fiabe, ma fiabe reali, un magico mondo di quasi memoria Felliniana, un circo in tutte le sue sfaccettature fuori dal “tendone”. Era un incanto vederlo lavorare, e non ti privava, nel suo piccolo studio affacciato alla famosa piazza Anfiteatro ( sfondo poi di innumerevoli suoi dipinti), non aveva segreti pittorici o alchimie strane da difenderne la vista, era il pittore di tutti e tutti lo hanno davvero amato e compreso, il suo sfondo era la città , ma anche e sopratutto, il mare della nostra Versilia, e le montagne della nostra Garfagnana. Ho gradito presentarvi questo pittore e le sue innumerevoli e infinite tele, perchè in questi giorni dove una parola “libertà” viene così tanto nominata e spesso nominata male e senza senso, tale da farne svanire il suo grande e profondo valore, in queste pitture, in questi colori e in queste raffigurazioni la parola suddetta assume tutto il suo pieno e profondo significato e, a mio parere, ha anche molto da insegnare.

Ho scelto, tra i suoi lavori e tra i suoi tanti autoritratti, questo delle farfalle perchè denota tutta l'essenza dell'artista, i suoi occhi spalancati alla ricerca sempre del nuovo e del fantastico, accerchiato da una miriade di libere e multi-colorate farfalle, che altro non sono che i suoi pensieri e i sogni di tutti nella piena “libertà” di viverli. Tutto con divertimento, perchè la vita stessa è un divertimento, il divertimento di viverla.

Se volete ammirare le sue opere vi lascio il link della sua pagina personale. Vi garantisco che farete un bel viaggio! http://www.antonio-possenti.it/Gallery.htm


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Antonio Possenti – Autoritratto con farfalle