sabato 16 aprile 2022

DA CHE "PACE" STAI?


I giovani, i maschi, insieme al sagrestano della nostra basilica erano adibiti ai lavori più pesanti e infatti erano loro che si dovevano procurare i tavoli, trovati e spostati dalla canonica, dall'ufficio di Monsignore e alcuni anche dalla sagrestia, e portati e allineati al transetto destro dell'altare maggiore, poi eravamo noi ragazze insieme alla perpetua, che stendevamo sopra immense tovaglie bianche e profumate, e insieme avevamo così preparato il tavolo che all'indomani, il giorno di festa, il giorno di Pasqua, sarebbe stato apparecchiato da ogni fedele che si recava alla Messa.

Era la tradizione, forse folklore, che superava la fede stessa, ma ogni domenica di Pasqua nessuno poteva recarsi a Messa senza avere tra le mani anche un solo uovo cotto, un uovo sodo, che posavamo su quei candidi tavoli, e ognuno aveva il suo modo di portarlo, chi un cesto, chi avvolto in un tovagliolo accuratamente chiuso con i lembi intrecciati, chi addirittura un vassoio o un piatto, chi incartato, e tutto posavamo quel cibo umile, chi oltre uno, due o tre, anche cinque o sei, non era il numero che aveva rilievo, ma il gesto. Una volta posato sul tavolo insieme a tanti altri, si apriva il suo involucro e lo tenevamo aperto bene in evidenza insieme a tanti altri che pareva facessero capolino tra quell'insieme colorato di tovaglioli, stracci e cartoni. A un certo punto della funzione pasquale l'officiante usciva dall'altare maggiore e si avvicinava a quella lunga e variopinta tavola e aspergeva sopra le uova, l'acqua a benedire. Terminata la Messa, ognuno riprendeva con cura le sue uova ricomponendo il contenitore e poi a casa, prima del pranzo pasquale con i parenti e amici, divideva in parti eguali l'uovo sodo e ognuno ne prendeva il suo pezzetto e lo mangiava. Tutto questo prima di ogni cibo e ogni bevuta ed era in quel preciso attimo, in quel determinato momento che davvero sentivamo la Pasqua, la vera Pasqua di pace, tra di noi, tra parenti e amici stretti, tra fratelli e sorelle, tra madri e figli, tra padri e nonni.

Pace, una parola che difficilmente viene usata e concepita, l'uomo ha un rapporto di conoscenza di pace che esula il principio stesso della parola, per l'uomo pace è sinonimo di compromesso, si da un qualche cosa solo se si ottiene un'altra cosa, io ti do se tu al contempo mi dai, e solo così possiamo vivere in pace l'uno verso l'altro. Abbiamo coscienza piena della pace, ma una pace di “interesse”, oggi più che mai in questi giorni in cui la guerra ci sta stretta e vicina, abbiamo bisogno forte di pace. E' già difficile dire “da che parte stai?” che qualsiasi sia la risposta si rischia il linciaggio, ma è già di per se assurdo proporre una simile domanda, nella guerra non “si sta per l'uno o l'altro” se non siamo amanti della guerra stessa. Ed ecco allora che nasce naturale la risposta “ io sto per la pace!” Ma “ da che pace stai”? Forse quella che ti permetta ancora di vivere egoisticamente con la libertà di un ristorante sotto casa, la televisione a scelta, il supermercato anche per l'eccesso, il lavoro e la casa di proprietà, forse è da questa parte che sta la tua Pace? O la pace che abbia il compromesso di poter andare ancora avanti, tra una guerriglia di oggi, una violenza domani, una rivoluzione, un estremismo lontano, ma che non intacchi il conto bancario e azionario, o se non altro quel tanto da trovare altre soluzioni o altre guerre da fare. Ma è duro il concetto, è quasi innaturale, come se l'uomo non fosse abituato a dare e donare, quando eravamo bambini, il nostro compagno di banco ci poteva chiedere un inchiostro di china di un colore che lui non possedeva mentre magari aveva una matita di un rosso che noi non avevamo, ed ecco che alla richiesta di lui della china, rispondevamo forse si certo, SE....se tu mi dai la matita di quel rosso particolare.....mai che fosse partito da noi o dall'altro il bisogno di dire ….ho la china di un colore speciale, se la vuoi la puoi usare, oppure ho visto che non usi nessun rosso per colorare con le matite, se vuoi ne ho qui quante ne desideri........

E' solo un esempio, anche banale e di poca importanza, ma basta a far capire che pace non è contraccambiare con interesse ma deliberatamente volerla senza alcun fine.

Domani è Pasqua e io voglio immaginare un “domani” dove si stenderà una immensa tovaglia bianca su questo mondo e ognuno che posa un uovo sodo con sopra una bandierina con i colori della Nazione a cui appartiene così da illuminare la tavola di svariati colori. Poi improvvisamente vedere un vento impetuoso che fa volare tutte quelle bandierine e allora al momento in cui si dovrebbe riprendere il nostro uovo, capire e comprendere che tutte le uova sono assolutamente uguali e lo sono nel colore, nella forma e soprattutto nel sapore!


Buona Pasqua

Zia Molly


Immagine web: Photo by Loretoidas

domenica 10 aprile 2022

DOMENICA DELLE PALME


Ci svegliavamo quasi alle prime luci dell'alba, io e mia sorella, spinte dalla frenesia della festa e dal pensiero del sicuro divertimento che avremmo provato. Sapevamo di dovere andare a Messa, ma quella mattina era particolare, dovevamo cogliere senza essere sgridate, da alcune piante di olivo che erano nel “campo” (allora non esisteva il giardino, il campo era la zona attigua alla corte dove abitavamo e era di tutti, era in quel luogo che avvenivano le coltivazioni così dette casalinghe, ovvero gli orti e di alcuni frutti, come anche qualche olivo), dei rametti di foglie da portare in chiesa. Ci sentivamo furtivamente complici di un furto, e la cosa ci entusiasmava ancora di più, pensando a quante volte, invece, avevamo “rubato” ciliegie, furtivamente ma consce della nostra colpa e con la paura di essere scoperte, ciliegie o fichi a seconda della stagione in “campi” lontani e diversi. La mamma ci attendeva in cucina con già il latte munto, bollito e fumante nella tazza, un poco di pane avanzato “arrostito” nella stufa a legna, il caminetto solitamente in quel periodo primaverile cominciava a fermare la sua funzione, la tiepida stagione non lo richiedeva e la stufa a legna era obbligatoriamente accesa per la funzione di cuocere il pranzo o la cena. L'aria spesso era umida, la terra e l'erba bagnata, ma il piccolo viottolo tra i campi che dovevamo attraversare per raggiungere la piccola chiesa, a noi pareva un vero mare verde su cui navigare. Spavalde seguivamo il passo di nostra madre che insieme ad altre due o tre signore, abitanti delle corti vicine, procedevano lente ma decise scandendo i passi con rassicurazioni o informazioni varie sul procedere di alcune semine o malattie di qualche animale o che altro, ma tutte con uno o due rametti di olivo tra le mani. Giunte poi in chiesa, che era sempre colma di persone nonostante fosse mattina appena nata, ci portavamo, anche a spinta talvolta, ma eravamo bambine e il nostro passare solitamente apriva la folla, al limite dell'altare, come se la funzione ci attirasse, e in effetti era così, tutti quei gesti, parole, lumi accesi, il fumo acre dell'incenso bruciato, e la voce del prete, forte e decisa, spesso cantilenante ci avvolgevano in un mondo particolare e fantastico. Non eravamo certo prese poi tanto dalla fede in se stessa, ma ci attirava la cosa che sentivamo giusta e affatto pericolosa, e poi il nostro innocente divertimento si concentrava poi tutto nell'attimo in cui , l'officiante chiedeva a tutti di alzare l'ulivo che avevamo in mano, che lui avrebbe con cura e devozione benedetto spargendo acqua con quel “pennello” come lo chiamavamo noi, in lucido argento.

Era la domenica delle Palme, una domenica in cui la Chiesa ricorda l'acclamata entrata di Gesù in Gerusalemme, una giornata in cui domina il concetto vero e proprio della pace, pace tra gli uomini, pace in terra, pace nell'anima e nel corpo, soltanto pace!

Ma anche senza essere bigotte, o altamente devote, o anche solamente atee, io penso e sono certa che il concetto di pace debba essere unanime, e in questo periodo non so fino a che punto invece possa essere interpretato. Lo ripeto spesso, ma ribadirlo penso sia comunque necessario, io sono una signora di una certa età, e non voglio certo fare comizi o discussioni in merito, non ne ho la conoscenza adatta e non sono certo in grado di poterne fare e anche potendo non mi sentirei davvero di farne, ma con il piccolo ricordo che ho accennato , voglio soltanto far capire quanto poco basta per rendere felici e sereni le persone, si eravamo bambine, ma quanti bambini adesso NON provano più queste emozioni? Ecco che senza dover fare comizi o sbandierare multicolori bandiere, basterebbe che l'uomo guardasse due occhi grandi di una piccola creatura e si immedesimasse e ritornasse come quel bambino, forse sarebbe davvero in grado di sparargli?

La domenica della Palme non è soltanto un evento religioso, deve essere anche un evento morale e civile, un evento nel cuore e nell'anima, un semplice ramo d'olivo piantato nel cuore perchè abbia a fiorire!


Zia Molly

Immagine web

martedì 5 aprile 2022

ASSOLUTAMENTE NOI


Io credo che sia giunto il momento in cui dobbiamo trovare pure un modo, un diversivo, un ancòra di salvataggio per non sopperire giornalmente e passivamente a notizie purtroppo disastrose, senza naturalmente fare il classico struzzo che nasconde la testa nella sabbia, ma coscientemente consapevoli che la nostra esistenza non è più, o non lo è mai stata, effettivamente nelle nostre mani e per quello che ancora ci compete e ancora ci è rimasto (parlo da anziana che sono) da vivere si debba trovare un qualcosa a cui aggrapparci e/o se non altro, trovare un senso ai nostri giorni e al nostro scorrere giornaliero esulando un attimo il triste momento e “vietarci” di soffermarci troppo spesso su immagini che pur essendo oltremodo e ripeto purtroppo reali, non possiamo comunque porre un “benedetto” rimedio. Consapevolezza e conoscenza assolutamente, odio e ripugnanza innanzitutto ma, tutto questo, è altamente deleterio per la mia salute e fisicità, la mente umana specialmente senile, è caparbia nel poter scindere un dolore tanto da farselo assolutamente suo, provandone lo strazio e lo sgomento come propriamente vissuto, ed ecco perciò che credo fortemente che è giunto il momento di ovviare, un poco, un attimo, un'ora, il tempo di un respiro, e magari uscire e capire quanto è bello il sapere e potere ancora camminare, con il sole o con la pioggia, con il vento o senza, magari concedersi la lettura di un bellissimo libro, bellissimo per noi che lo abbiamo scelto, potrebbe anche essere un fumetto ( che io adoro assolutamente e che lo trovo altamente adatto a fa si che la mente divaga), magari avere cura di se stesse, preparandosi con tutto l'amore possibile e la gioia infinita, una calda tisana o un semplice ma energetico caffè e gustare la bevanda scelta forse sedute su di una comoda poltrona o su una semplice sedia, il luogo non ha importanza, l'importante è metterci tutte se stesse, tutta la volontà personale e gridarsi anche se appare un controsenso, la vita è bella e io la amo! Dobbiamo trovare uno svincolo perchè solo così saremo in grado di proseguire e garantire un futuro diverso ai nostri nipoti e figli, dobbiamo amare innanzitutto noi stessi e così facendo cercare nel buio assoluto, e se non c'è, crearla, una luce, un vero arcobaleno. Io credo che sia giunto il momento di volersi davvero bene, dobbiamo placare quel naturale odio interiore che è impossibile che non nasca a tanta cattiveria e criminalità, ma per non rispondere o tramutarsi anche noi in assassini, che saremmo forse anche più cruenti, è giunto il momento di credere nel fiore di questa nuova primavera e cercare quell'attimo di gioia personale, che potrebbe anche essere il solo dare un bacio a chi tenete nel vostro cuore, a un fratello, sorella, amico, amica, parente, figlio o figlia, moglie o marito.


Zia Molly


Photo Errebi (Roberto Busembai) Prato della Pieve di Romena a Pratovecchio (AR)

PAOLO UCCELLO - LA BATTAGLIA DI SAN ROMANO


Ho scelto volutamente questa opera del grande Paolo di Dono (Paolo Uccello), una battaglia, una guerra, ma perché la rappresentazione è molto dissimile da quelle che vediamo in questi giorni, è una guerra tra cavalieri, tra addetti ai “lavori”, tra armi bianche, senza squarci o sangue, senza volti o corpi in primo piano, è una scena sempre di guerra ma …..medievale e forse molto più, se mi concedete un eufemismo, “rispettosa” di quella d'oggi dell'era tecnologica e spaziale.

Paolo Uccello ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca della perfezione prospettica, perchè la riteneva l'elemento basilare per una visione intellettuale, era la prospettiva che legava a se le cose e che dava la misura dello spazio, della vicinanza e lontananza, e in questa battaglia lui la applica in modo notevole e sorprendentemente perfetto. Ma oltre a questa scientifica funzione Paolo Uccello non seguiva i suoi coetanei rinascimentali, dove la preponderanza pittorica era la rappresentazione naturale delle cose, lui viveva della fantasia del contesto aureo prospettico, infatti, come ho accennato all'inizio di questa esposizione, in questa guerra sarebbe risultato naturale rappresentare gole trafitte, orrori e atrocità, mentre osserviamo uno scontro di cavalli e cavalieri, i primi rappresentati in cromature e forme quasi come pupazzi, come cavalli di una fantomatica giostra, e i cavalieri nelle loro argentee armature, (l'accecante argento che dominava la scena, purtroppo nel tempo si è andato a deteriorare) paiono giocattoli moderni che assumono diverse forme, come avessero arti, corpi e teste snodati. E' una guerra senza ferocia e senza crudeltà, assurdo per un concetto di “guerra”, ma Paolo Uccello fondamentalmente non interessava poi tanto il conflitto in se stesso, che è poi quello combattuto tra Firenze e Siena (cui erano alleati Lucca e lo Sforza di Milano) e di cui la vittoria è sempre stata contesa, anche se molti l'attribuiscono a Firenze, al Maestro interessava dare forza a quel gioco prospettico dove risaltano i primi piani dei combattenti e dove lo sfondo del luogo di battaglia si allontana piano piano per consentirne l'ampia veduta (siamo nelle colline toscane , nei pressi di Montopoli).

Questa gigantesca opera pittorica ( 182x320 cm) , che attualmente si trova nelle Gallerie degli Uffizi a Firenze non è altro che uno dei tre pannelli che Paolo Uccello dipinse su commissione di Lionardo Bartolini Salimbeni e poi in seguito facenti parte dell'inventario di Lorenzo il Magnifico, gli altri due delle stesse dimensioni, che rappresentano la continuazione della battaglia stessa, si trovano una al Louvre di Parigi e l'altra alla National Gallery di Londra.

Una piccola nota per far sorridere , il soprannome Uccello, attribuitogli da quasi sempre gli fu derivato per la sua sfrenata passione per i piumati, infatti ne aveva una casa piena e non mancava spesso di comprarne e anche comunque rappresentarne pittoricamente. Umanamente parlando, il Maestro era di spirito nobile e anche permaloso, ma nella sua vita non conobbe mai denaro, al tempo i “dipintori” non erano poi tanto considerati.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Paolo Uccello – Battaglia di San Romano – Gallerie degli Uffizi - Firenze

domenica 3 aprile 2022

LA VITA NON E' UN GAME


Ma ce la vedete una signora come me, con le sue ormai abitudinarietà per una vecchiaia incipiente, con le sue idee forse ormai obsolete, con i suoi “antichi” valori e principi, a giocare assiduamente e continuamente con un video games? Beh potrei anche farlo, e non nego a volte mi ci sono pure divertita, ma non così con tanta partecipazione e volontà come del resto ormai tanti, anzi oserei dire tutti, stanno facendo. Il gioco, il game così conosciuto, è parte integrante se non addirittura basilare della vita quotidiana. Si gioca in casa, ma si gioca al lavoro, per strada, addirittura al cinema e al teatro, per non citare la scuola o la biblioteca, si gioca sul tram, sul treno, alcuni sono ancora più audaci e lo fanno mentre guidano! Si gioca in una sala d'attesa, all'ospedale e chi furtivamente pure a un funerale, a una festa tra amici e a un matrimonio, camminando per strada o facendo pure sport, si gioca a colazione, pranzo e cena e rigorosamente prima di dormire!

Quando ero ragazzina, non lo nego, anche io avevo la passione di un gioco, il flipper, ne ero davvero infatuata, e al contempo adesso capisco pure che era da “cretini” doversi abbandonare alla casualità del movimento di una pallina di ferro, che agiva e si muoveva a seconda degli impulsi elettrici che subiva o dai contraccolpi di dove andava a sbattere, ma il divertimento non ha scusanti, giustamente, e era più forte di me non poterlo fare. Ma il gioco poi non era così nettamente passivo, avevo imparato le varie modalità di forza nel lanciare la pallina, perchè a seconda dell'intensità essa poteva entrare in una buca o gabbia o corridoio che mi avrebbero donato un punteggio molto più alto, oppure nella maestria e impulsività nel saper cogliere il momento e l'intensità giuste per azionare i due pulsanti ai lati estremi del flipper, il sistema di difesa, due leve che potevano ostruire l'uscita della pallina in gioco. E quando l'ultima pallina usciva, il gioco era finito e difficilmente si possedevano ulteriori 100 lire per ricominciare e comunque il flipper non si poteva portare a casa, era relativamente peso e ingombrante e di proprietà del locale dove si trovava, che poteva essere un bar, una sala giochi o addirittura un oratorio. Il gioco terminava quando non eri in quel determinato luogo, dopo di esso, dopo quei minuti di svago, la vita riprendeva la sua entità e per estraniarti avevi e possedevi la fantasia che comunque non ti portava mai così lontana da confondere la realtà.

Il game di oggi invece ha tramutato la vita al punto tale da non saper più riconoscere il vero dall'irreale, da non poter vivere senza, avvero da non poter concepire che la vita possa essere tale senza il game, praticamente la vita è diventata un game. Non c'è più la conoscenza del bene o del male come loro propria entità, il male è quello cattivo e il bene sono “io” e in quell'”io” c'è tutto mescolato (sia bene che male, sia vero che falso, sia reale che virtuale) tanto da non riuscire più a capire quando il gioco è game o non è gioco ma vita. Abbiamo colpevolizzato uno schiaffo dato per una ridicola e oltraggiosa battuta a una donna per la sua non capigliatura dovuta a una malattia, diventandone così, senza nemmeno arrivare minimamente a capirlo, complici di quell'oltraggio. Io sinceramente fossi stata quella persona, di schiaffi ne avrei dati due, uno per quella battuta da bullo cretino e deficiente super-gasato americano e l'altra al pubblico che su quella battuta ha pure riso! E ancora di più se fossi stata quella donna, l'offesa , avrei sputato sul palco a monito di questa povera società che è buona a ridere e farsi grande alle spalle del debole o del malato, del povero o del discriminato, e visto che “le donne” si sono pure sentite oltraggiate dallo schiaffo e non da chi le ha offese, un altro sputo non me lo sarei negato. Se un uomo reagisce a un'offesa nei tuoi confronti, donna, penso che sia normale soprattutto se l'offesa è così altamente pesante e pubblica, e non mischiamo cose come maschilismo e femminismo in un atto che sarebbe stato uguale fosse accaduto inversamente. Ma il problema poi non è quello che ha fatto o detto ecc...il problema vero e proprio è che il “gioco” dello spettacolo in onda è stato “rovinato” da un imprevisto, il super eroe, colui che ha tirato lo schiaffo, si è tolto il mantello e il costume da eroe e è diventato improvvisamente “umano” Oooooohhhhh! Il “gioco” non deve finire bisogna provvedere, ed ecco che si abbatte totalmente il super eroe e ne creiamo un altro, quello che ha detto la “battuta”. Ucciso il super eroe si può tornare a giocare!

Non siamo più capaci di comprendere il valore umano, la debolezza umana, la pandemia ne è stata testimone, non siamo stati capaci di affrontarla amorevolmente e degnamente, abbiamo urlato e sbraitato sulle “imposizioni” (così chiamate) di difesa medica, abbiamo guerreggiato perchè ci proibivano le nostre uscite serali, le nostre cene e pranzi al ristorante, ci siamo agitati per un green pass perchè ritenuto di “controllo”, sapendo coscientemente che non serve un green pass per sapere quello che fate o dove andate e quanto spendete o cosa comprate, basta un telefonino, quello che usate per fare i games! Abbiamo urlato, in piena pandemia, che non volevamo le mascherine e adesso che esternamente non ce n'è davvero più di bisogno, tutti con la mascherina.... “fa moda e poi ci siamo abituati”.

Abbiamo una vera guerra alle porte e purtroppo quello che ci spaventa non sono le bombe ma la paura che il nostro display venga frantumato, perchè sappiamo benissimo che il gioco continua ugualmente ma noi non siamo abituati a giocare senza vedere, non siamo abituati al sacrificio, non siamo abituati a farne senza di tutto, noi conosciamo il “game” della vita.......MA la vita non è un “game”.


Zia Molly


Immagine web