martedì 16 novembre 2021

LA VOLPE E IL PETTIROSSO


La volpe un pettirosso un giorno incontrò

e subito amicizia gli dimostrò

ma il pettirosso era molto previdente

e dell'amicizia non se ne fece niente.

Passarono dei giorni e delle settimane

che il pettirosso senza briciole rimane,

vola nel bosco tra la neve bianca

ma di cercar per niente lui si stanca.

Passa per caso e per fortuna vera

la volpe che dimenticata di lui si era,

il pettirosso a lei si avvicina

e gli racconta dell'amicizia dei giorni prima.

Beh, come sia andata o cosa si siano detti

fatto sta che adesso vivono stretti stretti

la volpe insieme al piccolo pettirosso

uno mangia una bacca, l'altra trova un osso.


Roberto Busembai (errebi)


Disegno Errebi (Roberto Busembai)

lunedì 15 novembre 2021

THEODORE GERICAULT - LA ZATTERA DELLA MEDUSA


Era l'anno 1816, una grande e bellissima fregata a vela francese, la Méduse, che era stata varata solo sei anni prima, si incagliava sulle secche del Banc d'Arguin vicino alla Mauritania, fu appurato che l'incidente era dovuto all'inesperienza dell'allora comandante Duroy. Vani furono i tentativi di disincagliare lo scafo e la nave dovette perciò subire l'abbandono su sole 6 piccole imbarcazioni di salvataggio, i passeggeri in più furono fatti salire su una zattera che fu trascinata dalle barche. Ma qualcosa non andò secondo i piani, o forse volutamente, ma la zattera fu abbandonata al suo destino. Subito perirono venti persone e altre, al calarsi della notte, si suicidarono. La zattera con i superstiti rimasti vivi andarono alla deriva per ben 15 giorni, verso i 9 giorni vi furono a bordo atti di cannibalismo, quando il battello Argus riuscì a salvare i pochi rimasti dei quali cinque morirono nella notte. Fu un fatto che ebbe molta risonanza all'epoca e dove i giornali dettero molto spazio alla notizia anche aiutati dalle testimonianze dei sopravvissuti. La giustizia comunque non si fece, come di solito, sentire, infatti il capitano che nelle norme vigenti del tempo avrebbe dovuto essere condannato a morte per simili atti, venne condannato a soli due anni di carcere e alla radiazione dal registro navale.

Il giovane artista Géricault, all'ora 27enne, fu colpito da questo fatto e colse l'occasione per crearsi notorietà, cercando di rappresentare questa tragedia. Per far si che la cosa gli venisse il meglio possibile, intervistò personalmente due sopravvissuti e costruì pure un modellino e vari bozzetti prima di mettersi al lavoro sulla grandissima tela, infatti è un enorme quadro di circa 35 metri quadrati, che a vederlo dal vivo non si può che rimanere impressionati e esterrefatti.

Infatti la composizione provoca proprio una serie di emozioni, partendo dallo sconforto fino a raggiungere la speranza, i personaggi sono “abbandonati” al destino delle onde e di un Dio che possa salvarli, ognuno è impegnato a salvarsi, pure quei tre che sventolano le camicie per farsi notare dalla nave in lontananza. La zattera è sempre più instabile e questo senso lo percepiamo non solo fisicamente, ma soprattutto moralmente, siamo partecipi del loro destino, delle loro paure, delle loro incertezze, attendiamo anche noi una nave che ci riporti la speranza e la salvezza, vogliamo ritornare ai nostri cari, ai nostri sogni, alle nostre umili dimore e dimenticare le oscenità e i disprezzi che , forse, la paura e l'egoismo ( come per questi superstiti la fame) ci ha portato a odiarci gli uni contro gli altri. Ognuno è purtroppo solo con se stesso di fronte alla morte e solo con essa crede di combattere per restare vivo.

La zattera della Medusa di Théodore Géricault sta ancora metaforicamente e instabilmente galleggiando nella speranza di una svolta non più troppo lontana.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Théodore Géricault – La zattera della Medusa

martedì 9 novembre 2021

SANDRO BOTTICELLI - LA MADONNA DELLA MELAGRANA


In questi giorni una notizia circola tra gli addetti del mondo dell'arte, che alcune opere del Botticelli presenti al Museo degli Uffizi di Firenze, nei prossimi cinque anni saranno presentate in mostra nei paesi dell'est, e nella scia di questa notevole notizia ho preso spunto per analizzare, a mio semplice modo, una delle tante opere del Maestro suddetto.

La Madonna della Melagrana è un'opera pittorica a tempera su tavola di Sandro Botticelli (Alessandro di Mariano di Vanni Filippepi) con data presupposta intorno al 1487, in forma rotonda e circoscritta da un'ampia e notevole cornice che fu commissionata al Maestro dalla magistratura fiorentina dei Massai di Camera per decorare la sala delle udienze nel famigerato Palazzo Vecchio.

Partendo proprio dalla cornice, già rimaniamo stupefatti per il magistrale intarsio e decorazione composta soprattutto da gigli di Francia e sottolineando così il periodo in cui Firenze era alleata ai Francesi.

La tavola è di grandissimo impatto dovuto sia dalle accese tonalità di colore che “accendono” la scena e risaltano, illuminandole, le figure rappresentate e trascina la vista, ammirandolo, al punto focale della Vergine con in braccio il bambino, infatti dominano con la loro possanza quasi tutta la tavola centrale e sovrastano con una gentilezza e eleganza particolari tipiche dell'epoca ma soprattutto tipiche del Botticelli. Dietro queste due sante figure si materializzano sei “premurosi” angeli, ognuno impegnato in diverse cose, come leggere un passo di un libro o porgere in dono un fiore e gli sguardi sono altrettanto diversi come chi contempla la scena o chi addirittura è rivolto verso lo spettatore.

Il volto della Madonna è il tipico volto Botticelliano, dalla forma ovale ( bisogna sottolineare che da quando il Maestro dipinse la Nascita di Venere dove la protagonista altri non era che la nobile Simonetta Vespucci, della quale il maestro se ne “innamorò” artisticamente parlando, da ritrarla in moltissime altre sue opere) ricoperta da un velo trasparente sediziosamente decorato, rivestita di un ampio manto blu scuro dove dietro, gli angeli anche loro con vesti altamente eleganti e decorosi, risaltano. Lo sguardo della Madre è assolutamente intenso e rivolto devotamente verso lo spettatore, quasi a comunicare un messaggio, quel messaggio che è ben rappresentato dal movimento della sua mano che guida quella del bambino Gesù a trattenere una succosa melagrana, quest'ultima simbolo di fecondità abbondanza e regalità ma altresì i chicchi rossi e succosi al suo interno sono la rappresentazione delle gocce di sangue a sottolineare il sacrificio del Cristo per la salvezza degli uomini.

Il tutto raccolto nel tondo della cornice dona quel senso di interiorità e dolcezza da toccare davvero il cuore e emozionare.

Una nota: Studi recenti dimostrano che dietro la riproduzione del semplice frutto di melagrana, vi sia celato un particolare anatomico, ovvero che rappresenti un cuore, infatti un notevole chirurgo, il dott. Davide Lazzeri (studioso di medicina nell'arte) ha così dichiarato:


La disposizione dei semi e dei setti del frutto sbucciato disegna i due atri del cuore, i due ventricoli e il tronco polmonare principale. Perfino la corona della melagrana è separata in due parti che mimano la vena cava superiore e l’arco dell’aorta con le sue tre branche.”


La cosa comunque non sarebbe alquanto strana e unica, infatti era noto che molti artisti del '400 seguissero lezioni di anatomia per poter offrire realisticamente le loro rappresentazioni di figure umane.


Roberto Busembai (errebi)


Immagini web: Sandro Botticelli – Madonna della Melagrana ( Museo degli Uffizi- Firenze)