martedì 29 marzo 2022

WILLIAM ADOLPHE BOUGUEREAU - LA PIETA'


Era il 19 Luglio del 1875 e Georges, all'età di sedici anni, il figlio maggiore del Maestro Adolphe Bouguereau, moriva e per diversi mesi, quasi un anno, l'artista fu sopraffatto dal suo dolore.

Poi per dare una motivazione al continuare della sua vita, si tuffò con anelata passione e determinazione alla pittura nell'intento di poter esprimere con la sua arte il suo dolore, il suo sentimento e rendere commemorazione al figlio e alla sua vita perduta.

Ci sono documenti, i suoi quaderni, che testimoniano quel periodo fatto di ricerche affannate, nervosi disegni, gettiti di immagini e paesaggi alla ricerca di una Pietà che esprimesse in pieno tutta la profondità d'animo. Bouguereau era quasi alla soglia della pazzia, poi improvvisamente, la luce, l'ispirazione, il genio era pronto, e su un enorme tela in soli due mesi il miracolo era avvenuto.

La Pietà di Bouguereau fu presentata al Salon di Parigi nel 1876 e la critica pare avergli dato buoni elogi, anche se la sua pittura al tempo non ricevesse favori, era considerata, data la sua eccellente bravura, senza sentimento, una pittura perfetta, “troppo perfetta” da fotografia, fatta esclusivamente per evidenziare la tecnica ma priva di attrazione del cuore. Fortunatamente poi, anche tramite Dalì, l'artista sarà preso in considerazione e finalmente apprezzato per la sua magistrale capacità di imprimere la realtà in ogni suo aspetto anche e sopratutto quello interiore.

Quello che subito impressiona in questa tela, è la Vergine, ma direi la madre, che con un gesto particolare di stretta a se del corpo del figlio, riesce a entrare nel cuore e nell'animo di quel profondo dispiacere e dolore che prova, Un dolore unico e immenso che solo una madre può conoscere, che solo una madre non dovrebbe conoscere! E quello sguardo, diretto verso chi guarda il quadro, uno sguardo che urla “perche?” con gli occhi arrossati e le lacrime che scendono non sentite a fiotti. E quanti “perchè?” sentiamo adesso ancora gridare?

La veste è nera o blu profondo, a sottolineare il suo eterno lutto interiore, un abbraccio ancora più forte, prima di dovere adagiare quel corpo inerme in un chiuso sacrario e non poterlo più rivedere, perchè quel Cristo raffigurato è già pulito dalle ferite e dal sangue perduto, è un bianco e freddo corpo di morte che risalta sulla veste citata. In basso la brocca e il telo che sono serviti per pulirlo e in evidenza con la sua perfetta e precisa rappresentazione pittorica, la corona di spine a rappresentare “l'arma” della morte e del male, una corona di spine che pare pungerti se potessimo avvicinarci a toccarla, una corona di spine che adesso non occorre toccare, per provarne il dolore.

Gli angeli a contorno, figure ognuna nei propri gesti e pensieri che sono a ricordare la giovane vita del Cristo, ma sopratutto per Bouguereau la giovane vita di suo figlio.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Adolphe Bouguereau – La Pietà

sabato 26 marzo 2022

PER LA PACE


VOGLIO FARMI PROMOTORE DI UN'INIZIATIVA CHE TENDA A SENSIBILIZZARE L'OPINIONE PUBBLICA VERSO LA PACE.

Noi non abbiamo voce in capitolo, ma possiamo far sentire il nostro pensiero con un "mezzo" grande e mondiale che è il "social" per cui vorrei che tutti coloro che sono per LA PACE, da oggi e per una settimana condividessero e promuovessero questa immagine sulle loro bacheche, sulle loro pagine, sui loro social. Questa mia personale bandiera è volutamente semplice, elementare, naturale perchè la PACE è semplice naturale e elementare che debba esistere, è un'immagine dai colori quasi sbiaditi, usurati, consumati, perchè la PACE è sofferta, voluta ardita, creduta, pensata, urlata, desiderata, ambita.....

Condividete questa immagine per una settimana e promuovetela, FACCIAMO SENTIRE LA NOSTRA VOCE IN TUTTO IL MONDO.

Rpberto Busembai (errebi)

Immagine Errebi

martedì 22 marzo 2022

RAFFAELLO SANZIO - LO SPOSALIZIO DELLA VERGINE


Anche l'arte ha bisogno di dolcezza, serenità e bellezza, ha bisogno di esprimere amore e purezza, semplicità e naturalezza, e allora chi miglior Maestro può offrire tutto questo? Raffaello Sanzio, perchè solo lui ha potuto donarci e ancora farci abbandonare a quella gentile rappresentazione della vita e delle cose, a quella naturalità innocente che diversamente abbiamo perduto e che non riconosciamo neppure più nei nostri bambini, soltanto a lui possiamo ricorrere per respirare un attimo di estraneità e cullarci di sorprendente e evanescente senso di leggerezza, quel senso che, prima di tutto questo, avevamo e non apprezzavamo a fondo e soltanto adesso ne sentiamo la mancanza e il bisogno.

Ho scelto lo sposalizio della Vergine di Raffaello, perchè sia di buon auspicio e di speranza quell'unione e che quel fatidico anello che poi è l'interprete principale di tutta l'opera, sia prodigioso davvero come lo è si è sempre creduto nella realtà dei tempi.

La commissione di questo quadro ha in primis una lunga e affascinante storia prima di arrivare direttamente a Raffaello ed è proprio di questa storia che ho piacere di esporre a coloro che ancora non la conoscessero, anche se famosa e abbastanza notoria, ma facendo così apprezzare e valorizzare di più il concetto e l'opera stessa.

Nell'anno 1472, un frate francescano di nome Vinterio fa sosta a Perugia, era in pellegrinaggio verso Assisi dove avrebbe assistito all'allora festività del Perdono. Ma cosa mai aveva da farsi perdonare un frate francescano? In effetti costui l'aveva combinata grossa, per vendicarsi di un'accusa di furto di vari calici a Città della Pieve, dove poi risultò innocente ma i suoi concittadini di Chiusi non credevano alle sue risultanze, aveva rubato, per davvero, prima di abbandonare la città, un prezioso anello dalla chiesa di San Francesco in Chiusi, una preziosa reliquia della Vergine Maria. La leggenda voleva che l'anello possedesse doti particolari e soprannaturali, tanto che, per esempio, fosse in grado di compiere miracoli, come dare la vista ai ciechi, oppure di allontanare e spaventare gli spiriti maligni, ma soprattutto di avere la forza di tenere salda ogni unione e di sanarla se ce ne fosse stato bisogno, la leggenda raccontava anche che questo “monile” fosse stato portato a Chiusi da una principessa romana Mustiola avendolo ricevuto in dono dal suo amato fidanzato, che però essendo di fede cristiana, per questo fatto aveva subito la lapidazione e la quasi consorte ebbe la stessa punizione e poi santificata divenne figura molto venerata di Chiusi.

Figuratevi quando la città venne a conoscenza del furto e non solo ma lo seppe in quanto il fraticello ladruncolo aveva affidato l'anello a un certo Luca di Francesco delle Mine il quale a sua volta lo aveva donato al Comune di Perugia e quest'ultimo addirittura ne indisse una sontuosa festa dichiarando così l'anno 1473 l'anno dell'anello.

La reazione di Chiusi fu naturalmente forte, la richiesta di restituzione del maltolto fu il minimo, si arrivò persino a sentenziare una guerra tra le due cittadine senonché il papa in carico in quel periodo, ovvero Sisto IV della Rovere, si intromise come paciere e dichiarò che l'anello dovesse rimanere a Perugia.

Dopo l'ostensione della reliquia e la grande festa, Braccio Baglioni, il signore di spicco di allora della città, (che malelingue pensarono pure che fosse il mandante del furto stesso, in quanto teneva troppo a quella reliquia) si prodigò perchè questo anello non subisse altri ignobili furti, perciò fu costruita una cassa di legno ferrato con sette chiavi, ognuna delle quali fu data in possesso alle diverse autorità; il vescovo, al priorato, al capitolo, al collegio del Cambio e della Mercanzia, ai notai e ai dottori. Poi la stessa venne rinchiusa in un'altrettanta cassa, stavolta di ferro, chiusa con quattro chiavi che furono date in custodia ai principali ordini religiosi; agostiniani, francescani, domenicani e serviti. Più di così!

Assolutamente, la cassa fu ingabbiata sotto l'altare della cappella del Palazzo Comunale, sotto la costante guardia di addirittura dieci priori!

L'anno 1488 il forziere con l'anello ebbe nuova destinazione, fu trasferito sopra l'altare di un'apposita cappella dedicata a San Giuseppe nella nuovissima cattedrale di San Lorenzo, e dove l'anno successivo si dette ricerca di un pittore che fosse in grado degnamente e sorprendentemente di rappresentare lo sposalizio della Vergine Maria. E voi pensate che fosse il Raffaello il prescelto? No ancora troppo presto per lui, allora il Maestro del momento era Bernardino di Betto ovvero il grande Pinturicchio. Il lavoro fu accettato, ma il Maestro era molto occupato in altre faccende affaccendato e con scusanti e varie gli anni passavano e del dipinto non se ne faceva niente. Trascorsi ben dieci anni si ebbe il buon senso di chiedere nuovamente a un altro maestro pittore e stavolta la richiesta fu fatta a Pietro Vannucci detto il Perugino che compì il lavoro magnificamente tra il 1500 e il 1505. Proprio in quel periodo, il nobile Albizzini, che aveva il patronato della cappella di San Giuseppe in San Francesco a Città di Castello, per abbellirla ebbe la voglia di avere una cosa simile a quella che stava facendo il Perugino in cattedrale a Perugia e scelse un allora giovanissimo pittore, Raffaello.

Raffaello ebbe perciò motivo di dover vedere l'opera del Perugino, ma al contempo si capì subito che la sua non era una “copia” ma, anzi, un'evoluzione pittorica senza eguali, anche se a prima vista paiono uguali, la diversità in Raffaello è soprattutto nell'eleganza e nell'elasticità e naturalità dei personaggi che non sono fermi e statici come in quelli del grande Perugino, ma “vivono” “ agiscono” e “si muovono” . La stesso tempio che si erge alle spalle del gruppo dei personaggi in primo piano, è un edificio che si potrebbe costruire e non più una quinta scenica come si usava allora. Notevole poi la rappresentazione in primo piano di quel personaggio che spezza la verga, che ci riporta alla fonte del quadro stesso, ovvero ai Vangeli apocrifi.

Raffaello al tempo aveva 21 anni, ma era cosciente della sua grandezza e delle sue magnifiche qualità , tanto da volutamente e astutamente firmare ben evidente in lettere latine: RAPHAEL VRBINAS MCIII.

Nella speranza che questa leggenda dell'anello sia ancora valida, facciamo che possa riconsolidare un rapporto tra due Stati di cui conosciamo i nomi e le atroci vicissitudini.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Raffaello Sanzio – Lo sposalizio della Vergine

lunedì 7 marzo 2022

ELISABETH LOUISE VIGEE – LEBRUN – LA PACE CHE PORTA L'ABBONDANZA


Ho voluto includere con questa opera pittorica di Elisabeth Louise Vigéè – Lebrun due tematiche odierne, una quella raccapricciante e inspiegabile, dolorosa e incivile, stolta e massacrante che è la guerra e per la quale è impossibile trovare degne parole ma soltanto ribrezzo e totale ribellione, senza parti alcuna e prese di posizione, la guerra come tale è altamente disprezzabile in una civiltà (e ho detto civiltà) moderna, in un Mondo dove la tecnologia e l'avanzamento culturale e scientifico già dovrebbero essere sufficienti per dialogare e scambiarsi, da persone qualificate e civili ,pensieri, opinioni e modi d'agire , se poi nel processo di combattimento si cade nell'omicidio, perchè quello sui civili e indifesi altro non è , allora non è comprensibile che un'intera “generazione” sia così “invasa” di odio da poter uccidere a sangue freddo....la guerra pur orribile e ingiustificabile non è assolutamente questa. L'altra tematica è quella della non considerazione delle donne, che potremmo ritornare comunque a riproporre in parte le parole che ho detto sopra, se siamo in un mondo “civile” la differenziazione, l'emarginazione, lo sfruttamento, la violenza non devono farne parte, oggi è la festa della donna, ma che non siano fiori o mimose ma pensieri e fatti, opinioni e scambi sereni, e non solo esclusivamente oggi.

Questo dipinto rappresenta due figure femminili che si abbracciano , una, quella con il mantello verde, colore della speranza, che è smosso dal vento altro non è che la Pace, l'altra, con i fiori intrecciati ai capelli e che porta una cornucopia è l'Abbondanza, a contrastare questo giubilo di tranquillità, questa luce se vogliamo di colori e di effusioni, un cielo minaccioso, nubi oscure che pare volgano a rovinare questo idillio.

L'opera è visibile al Museo del Louvre a Parigi ed è datata 1780 e firmata Lebrun e fu presentata al Salon nel 1783 dove riscosse un notevole successo.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Elisabeth Lebrun – La pace che porta l'abbondanza

sabato 5 marzo 2022

CENTENARIO DELLA NASCITA DI PIER PAOLO PASOLINI


Finché l’uomo sfrutterà l’uomo, finché l’umanità sarà divisa in padroni e servi, non ci sarà né normalità né pace. La ragione di tutto il male del nostro tempo è qui.

Pier Paolo Pasolini

Disegno Errebi (Roberto Busembai)