“Adesso che la casa pare strapulita, luccicante e brillante, adesso che la cena è stata consumata, la televisione fortunatamente spenta, mi dedico un sottofondo musicale e mi lascio andare con le note, a leggere , finalmente, un libro, uno di quelli che sommessamente stavano ad aspettare, da tempo, che fosse aperto, ora che non ho fretta e ho un enormità di tempo, mi posso a lui dedicare, così mi siedo sul divano, metto gli occhiali e inizio a leggere questo romanzo o non so bene, certo già dalla copertina sono affascinata e per un poco, spero, dimentico questo virus che da giorni assale e come è fare del morbo, divora e uccide.”
Martina si era davvero lasciata andare, sotto una luce fioca ma suffieciente a farle leggere e fantasticare, immedesimarsi e volare e......ma improvvisamente il campanello di casa emetteva il classico suono, un suono che da tanti giorni sembrava quasi scomparso, per non averne più avuto da nessuno, il bisogno di usare.
“ Chi può mai essere a quest'ora tarda della sera, nessuno può uscire o vagare per le strade, o forse è la vicina che ha bisogno di un aiuto o magari l'anziano signor Giuseppe del piano di sopra, che si senta male?”
Così pensando Martina posa il libro cercando di non perdere il segno della pagina dove già si era immersa, gli occhiali sul tavolo vicino, e giunge alla porta e la apre.
“ Bonsoir è lei la signora Martina? Ma certo lo si vede dall'espressione, ho aderito alla sua richiesta e adesso eccomi qua a far la festa”
Un nobile signore, con la tuba in testa, fiocco nero e camicia ben stirata, bianca su un completo nero dai risvolti in seta lucida anche quelli di colore nero.
“ Ma......” furono le uniche parole che Martina seppe pronunciare che quel signore era già entrato e si era presentato...
“ Mi scusi madame” e con la maestria di un dongiovanni le prese la mano nella sua inguantata di bianco tessuto e se l'avvicinò alla bocca per un cenno di bacio poi “ Conte Arsenio Lupin per favorirla” e già era seduto sul divano accavallando pure una gamba sull'altra.
Non ebbe nemmeno il tempo di riprendersi dalla inconsueta sorpresa che già si sentiva bussare alla porta, e Martina non ebbe che d'andare ad aprire a sua volta.
“ Buonasera Martina, non mi riconosce? Ma certo, come può una donna bella come lei dimenticarmi” e prendendola sotto braccio l'educato signore, in veste orientale, un manto dorato con disegni ricamati, un foulard arrotolato sulla testa e uno spadino tenuto da una parte con una cintola in corda di fili intrecciati e colorati stretta sulla vita, un grosso diamante smussato che gli scivolava sopra il petto quasi nudo per il largo scollo dell'abito, tenuto da un collare in maglia d'oro, si accinse ad entrare e mentre l'accompagnava nel salotto si ebbe a presentare:
“ Mia dolce signora, sono al vostro cospetto e ne sono lieto, ho accettato di petto il suo nobile invito, mi presento anche se non ce ne sarebbe di bisogno, Sandokan Re della Malesia.” e inchinandosi si sedette al lato opposto del primo ospite che con ragguardevole stupore e meraviglia, ebbe occhio al diamante e non riusciva a staccarsene dal guardare.
Martina non aveva parole e non riusciva nemmeno a parlare, ma ancora aveva la forza di pensare e si chiedeva se questo era un sogno e se lei dormiva, ma nonostante si sforzasse di svegliarsi capiva invece che era reale quello che le accadeva e tutto contro i rigori delle leggi e delle ordinanze, delle distanze e degli obblighi di mascherine e guanti e …...la porta era rimasta aperta ed ecco che sulla soglia una compita donna, mora, in un copioso abito lungo, ottocentesco, di colore scuro, sicuramente nero, dalle trine cadenti sulle spalle, un cappello a larghe tese, pure nero ma con due camelie rosa finte ad ammorbidire il nefasto colore, il volto bianco ma dolce insieme; entra con il solo rumore del vestito che struscia sul pavimento e davanti a Martina si presenta, sfoderando un sorriso brillante con labbra copiosamente colorate in un rosso vivace.
“Carissima amica, è un piacere esserle a fianco, non potevo non accettare l'invito a questo conviviale, Emma, Emma Bovary”
“ Madame Bovary!” fu l'esclamazione del signor Lupin.
Ma le sorprese non erano terminate e in poco la casa era invasa dai più svariati personaggi della letteratura, veri o inventati, nobili o disgraziati, giovani o vecchi, avventurieri o screanzati; seduti sopra il letto adesso conversavano in gaia tranquillità Atticus Finch di Maycomb con Dean Moriarty, come se la moralità del primo fosse svanita nelle prodezze anche illegali dell'altro, in cucina tra un fornello e una pentola, tra una preghiera e un'esclamazione, tra un pomodoro rosso e un crocifisso tolto dalla parete, si dibattevano come sempre Don Camillo e Peppone tanto da far chiasso e rumore.
Il divano oltre ai già detti, vi sedevano stretti stretti, il bellissimo e romantico dottor Zivago con a fianco la nobile e intrigante signora Anna, la Karenina, anche lei con un ingombrante cappello nero sulla testa e un abito nero dalla scollatura evanescente coperta soltanto da un velo trasparente, e pure il bagno era occupato, appoggiato al lavabo, ammirandosi allo specchio, si specchiava un giovanotto dal funereo bianco volto, sguardo perso e scrutatore, Dorian Gray bello come il sole e etereo come la nebbia e nel tinello vagavano............
Il libro cadde dal divano, il rumore destò Martina che s'era addormentata, un primo assonnato sguardo intorno, la certezza di avere sognato e ritrovarsi nella casa vuota e silenziosa di sempre, quella di questi lunghissimi giorni, e giusto il tempo di pensare.... “Forse era meglio sognare......”
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Friedrich Frotzei - The Old Bookcase