sabato 25 gennaio 2020

L'OMINO GIALLO

La pagina ingrandita con un semplice gesto, un volo virtuale sulla mappa di una qualunque città o luogo preferito, e di colpo ti senti turista in un posto che soltanto a te rimane segreto l'esserci stato e essere ora presente, in una stagione che è semplicemente diversa da quella attuale e in un anno che può essere giusto anteriore di quasi, addirittura otto anni. Giri intorno con un semplice movimento di mouse, e allora appaiono quelle opere d'arte di costruzioni medievali, quelle in cui la città che ora vivi, ne è vanto di tante generazioni, qui sono passate le storie di secoli e millenni, e resti sorpreso di vederlo a te appresso, quasi meglio che vederlo dal vivo, dal reale, e poi ti intrufoli, seguendo le frecce virtuali, negli antri e nelle "straduncole", che si liberano al tuo passare, attraversi persino una figura di camion, un fantasma farebbe come te uguale, e ti ritrovi sul ciglio di un marciapiede, un semaforo acceso sul rosso, basta un piccolo movimento di un tasto, e il semaforo adesso è acceso di verde, allora la cosa assume un divertimento, ritorni quell'attimo indietro e ritrovi quel colore rossastro, da far impazzire le auto nel centro, fosse possibile farlo nel vero.
Con le frecce indicate e sovrimpresse, ti sposti in avanti o indietro, ingrandisci una panchina e un portone, sei curioso di leggere i nomi su il campanello, ma purtroppo nonostante ti sposti e insista nell'ingrandire la zona, non si mostra nitidamente e ti devi accontentare a rimanere con la voglia non esaudita, e allora ritorni nella strada tra le auto e le biciclette che non fanno rumore, tra le ombre e le figure delle persone che non parlano e non dicono niente, e nel silenzio di questa città fatta di cose nuove ed antiche, di strade bagnate o asciutte a seconda delle foto scattate, ti riponi nel tuo solito posto , quello in basso sulla destra dello schermo di un computer, e aspetti composto un prossimo giro del mondo, a seconda di colui che ne conviene.
La pagina si spegne scomparendo veloce, e si ritorna di nuovo a parlare senza bocca e senza voce, senza pensiero e senza parole.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

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