Chissà perchè quando penso ad un bottone, sento freddo, forse è per un ricordo infantile che non sono mai riuscito a togliermi da dosso, e non me ne dispiace affatto, e anzi visto che ormai ho svelato un mio segreto profondo, vi voglio raccontare del perchè di questa stranezza.
Mia zia era una "zittella", così si diceva un tempo di coloro che non avevano trovato un marito o forse non lo avevano voluto trovare perchè magari impostogli da una famiglia patriarcale, o dovuto anche da dover sopperire a dei genitori anziani, al tempo non c'erano le colf o le badanti, e lavorava presso una ditta di filati, potete immaginare che nonostante le otto o nove ore sudate sulle macchine di quell'industria, quando era a casa, tolte le dovute faccende casalinghe, la sua massima realizzazione era il cucire e ricamare. Abitava nella mia casa, insieme ai miei genitori, mio padre era suo fratello, e di lei ricordo la meticolosità e la felicità nel portare a termine un semplice decoro su un lenzuolo o un ricamo colorato su una tovaglia in cotone o lino, e la dovizia nel cercare i fili, i colori e le matasse, ed io che spesso mi intrufolavo in questo mare di filati solo per divertimento di vederli tutti intrecciati e annodati, sopportando le grida e gli scappellotti che spesso mi rifilava la zia se scoperto.
Ma c'era una scatola di latta, bassa e quadrata, lunga abbastanza da un lato, con sopra raffigurati dei disegni di auto antiche e figure di donne con il cappello, che dentro conteneva un mare, e non esagero nel dire questo nome, un mare di bottoni, e di cui io ne ero affascinato anzi direi addirittura ammaliato. Bottoni in corno colorati, rossi, verdi, alcuni bianchi ma in madreperla, poi c'erano quelli di stoffa o ricoperti da essa, quelli erano davvero particolari per i disegni geometrici o fiori che i tessuti avevano impressi, c'erano poi quelli elaborati, intarsiati, alcuni quadrati, altri in diverse forme come ellittici, romboidi, e quelli di metallo.....quelli erano luccicanti alcuni poi parevano fossero dorati. Ma la differenza non era solo nel colore e nel materiale, ma anche nei buchi, perchè quando si dice bottone si ha subito visione di una cosa piccola rotondeggiante con due buchi nel mezzo, e quello sarebbe il classico bottone, ma in quella scatola ce n'erano alcuni che di buchi ne avevano addirittura quattro e spesso erano quelli un poco più grandi del solito, poi c'erano quelli particolari che di buchi non ne avevano affatto, ma avevano un prolungamento nel retro con un apposito buco per poterlo fissare al tessuto. Io in questo mare di bottoni ci tuffavo tutta la fantasia che un bambino come me, che allora avrò avuto circa tra i sette e i nove anni, possa avere. Facevo spesso le divisioni, mettendo da parte quelli di uno stesso colore solo per il gusto di conoscere quale era il colore dominante, e il bianco e il rosso si contendevano il primato seguiti dai marroni e pure i verdi. Era abitudine che prendessi da parte quelli più grossi, magari con i quattro buchi e farli credere fossero soldati che difendevano il reame di quel bottone enorme ma particolare, che era forse l'unico presente in quella marea, ma che aveva al cospetto tutti quanti e su tutti egli comandava. Allora si prostravano al suo passare tutti i bottoni che non avevano il buco nel mezzo, perchè si sentivano in dovere di rendere omaggio a colui che invece aveva avuto la fortuna di avere il buco, anzi magari quattro, e poi i bianchi in madreperla che fingevano da odalische e ballavano alla sua presenza. Insomma ogni volta era un fantasticare immenso, e quante volte mi ci sono lasciato andare, ho fatto battaglie, naufragi, conquiste di volo, e altre ancora che non ricordo nemmeno.
Spesso mia zia doveva ricorrere a questa scatola per rifinire un cappotto o una giacca particolare, perchè cuciva anche per alcune signore, non tanto per diletto ma per poter avere qualche denaro in più per contribuire meglio al bilancio familiare. Solitamente cercava quei piccoli bottoncini bianchi, per me molto insignificanti nelle mie avventure, che chiudevano le asole di camicie o camicette, ma un giorno però si trovò in grossa difficoltà perchè dovendo aggiungere un bottone particolare a un cappotto di cammello che la "Contessa" di Montefiore gli aveva fatto commissione tramite la sua serva Igeria, una vecchia che mi era antipatica perchè aveva il vizio di toccarmi la testa e dirmi....ma non cresci mai?,non riusciva a trovare quel bottone. Io, ormai conoscendo a memoria o quasi, tutti quei bottoni, insistevo nel dirle che era inutile cercare ma lei senza posa cercava e mescolava con la mano tutti quei miei amici di avventure, e quasi ne sentivo le loro grida di paura e i loro pianti a dover essere così smossi e buttati da un capo a un altro senza alcun ritegno.
" Non c'è davvero." questa fu finalmente la sua esclamazione e subito:
" Giovanni, (che sarei io) , vai subito al negozio di bottoni e fatti dare due bottoni uguali, dico uguali, a questo che ti do io" e così dicendo tolse con le forbici il filo che teneva stretto un antipatico bottone rotondo, marrone anzi testa di moro, con bordatura rialzata , quattro buchi e un disegno geometrico intarsiato nel suo interno, che era fissato a quel cappotto color cammello della "Contessa", e me lo pose in mano con i relativi soldi. Metto Contessa tra le virgolette perchè al tempo credevo e pensavo che una donna o un uomo che avessero un titolo nobiliare di cui nominare, avessero una certa imperiale, signorile imponenza, mentre questa Contessa a vederla pareva una stracciona che non vuole assolutamente ne lavarsi ne tenere in decoro la sua persona, perciò ho sempre creduto e pensato che "Contessa" fosse solo un dispregiativo ironico.
" Ma zia, fuori sta nevicando? E' freddo"
" Che importa ti vesti ben bene, cappuccio di lana e sciarpa, cappotto e guanti e vai, non fare il bambino capriccioso, poi questo bottone è importantissimo e il trovarlo ci darà la possibilità di fare un buon Natale".
Non avevo altro da dire, dovetti soccombere e infilarmi nel gelo di quella sera, ma una cosa mi consolava, sarei andato da solo in quel fantastico negozio di bottoni, dove tutte le specie, le forme, i colori sono in bella vista, dove ogni scatolina sulla scaffale ha in bella vista la tipologia del bottone, che fantasticheria, un volo di bottoni in una stanza.
Era un freddo incredibile, per dispetto si era alzato anche un forte vento gelido, e il cappotto, il cappuccio di lana e i guanti non fecero poi tanto riparo, mi sentivo gelare piano piano, e ogni passo era sempre più pesante, come se il sollevare le gambe per camminare fosse come sollevare dei pali di ghiaccio. Finalmente arrivai al negozio, dentro c'era abbastanza caldo, una stufa in legna sbuffava in un angolo e le signorine commesse, due carinissime signorine in carne, erano davvero grosse, ma erano simpaticissime e cordiali, che mi tolsero il cappotto e mi fecero accomodare vicino alla stufa, mentre ad una di esse lasciai il bottone facendone la richiesta di due identici.
Mentre mi scaldavo, i miei occhi, la mia mente e il mio cuore erano tutti riversi verso quei bottoni che al di sopra degli scaffali pareva mi avessero riconosciuto e tutti quanti iniziarono a salutarmi, ad additarmi, io ero quello che aveva scoperto il signore dei bottoni, ero quello che custodiva il bottone grosso dai quattro buchi, e quelli che erano un poco più distanti o magari rivolti verso l'interno, si davano da fare perchè potessi ascoltarli, e tutti, proprio tutti mi imploravano che salutassi il Signor bottone e facessi il loro nome e..........
Quando mi svegliai, ero disteso nel mio letto, con intorno mia madre che brontolava mia zia del perchè mi avesse mandato fuori con quel tempo, avevo la febbre molto alta ma seppi poi che comunque avevo trovato quei bottoni.....ero stato efficiente, ma quanto freddo!.
Mia zia era una "zittella", così si diceva un tempo di coloro che non avevano trovato un marito o forse non lo avevano voluto trovare perchè magari impostogli da una famiglia patriarcale, o dovuto anche da dover sopperire a dei genitori anziani, al tempo non c'erano le colf o le badanti, e lavorava presso una ditta di filati, potete immaginare che nonostante le otto o nove ore sudate sulle macchine di quell'industria, quando era a casa, tolte le dovute faccende casalinghe, la sua massima realizzazione era il cucire e ricamare. Abitava nella mia casa, insieme ai miei genitori, mio padre era suo fratello, e di lei ricordo la meticolosità e la felicità nel portare a termine un semplice decoro su un lenzuolo o un ricamo colorato su una tovaglia in cotone o lino, e la dovizia nel cercare i fili, i colori e le matasse, ed io che spesso mi intrufolavo in questo mare di filati solo per divertimento di vederli tutti intrecciati e annodati, sopportando le grida e gli scappellotti che spesso mi rifilava la zia se scoperto.
Ma c'era una scatola di latta, bassa e quadrata, lunga abbastanza da un lato, con sopra raffigurati dei disegni di auto antiche e figure di donne con il cappello, che dentro conteneva un mare, e non esagero nel dire questo nome, un mare di bottoni, e di cui io ne ero affascinato anzi direi addirittura ammaliato. Bottoni in corno colorati, rossi, verdi, alcuni bianchi ma in madreperla, poi c'erano quelli di stoffa o ricoperti da essa, quelli erano davvero particolari per i disegni geometrici o fiori che i tessuti avevano impressi, c'erano poi quelli elaborati, intarsiati, alcuni quadrati, altri in diverse forme come ellittici, romboidi, e quelli di metallo.....quelli erano luccicanti alcuni poi parevano fossero dorati. Ma la differenza non era solo nel colore e nel materiale, ma anche nei buchi, perchè quando si dice bottone si ha subito visione di una cosa piccola rotondeggiante con due buchi nel mezzo, e quello sarebbe il classico bottone, ma in quella scatola ce n'erano alcuni che di buchi ne avevano addirittura quattro e spesso erano quelli un poco più grandi del solito, poi c'erano quelli particolari che di buchi non ne avevano affatto, ma avevano un prolungamento nel retro con un apposito buco per poterlo fissare al tessuto. Io in questo mare di bottoni ci tuffavo tutta la fantasia che un bambino come me, che allora avrò avuto circa tra i sette e i nove anni, possa avere. Facevo spesso le divisioni, mettendo da parte quelli di uno stesso colore solo per il gusto di conoscere quale era il colore dominante, e il bianco e il rosso si contendevano il primato seguiti dai marroni e pure i verdi. Era abitudine che prendessi da parte quelli più grossi, magari con i quattro buchi e farli credere fossero soldati che difendevano il reame di quel bottone enorme ma particolare, che era forse l'unico presente in quella marea, ma che aveva al cospetto tutti quanti e su tutti egli comandava. Allora si prostravano al suo passare tutti i bottoni che non avevano il buco nel mezzo, perchè si sentivano in dovere di rendere omaggio a colui che invece aveva avuto la fortuna di avere il buco, anzi magari quattro, e poi i bianchi in madreperla che fingevano da odalische e ballavano alla sua presenza. Insomma ogni volta era un fantasticare immenso, e quante volte mi ci sono lasciato andare, ho fatto battaglie, naufragi, conquiste di volo, e altre ancora che non ricordo nemmeno.
Spesso mia zia doveva ricorrere a questa scatola per rifinire un cappotto o una giacca particolare, perchè cuciva anche per alcune signore, non tanto per diletto ma per poter avere qualche denaro in più per contribuire meglio al bilancio familiare. Solitamente cercava quei piccoli bottoncini bianchi, per me molto insignificanti nelle mie avventure, che chiudevano le asole di camicie o camicette, ma un giorno però si trovò in grossa difficoltà perchè dovendo aggiungere un bottone particolare a un cappotto di cammello che la "Contessa" di Montefiore gli aveva fatto commissione tramite la sua serva Igeria, una vecchia che mi era antipatica perchè aveva il vizio di toccarmi la testa e dirmi....ma non cresci mai?,non riusciva a trovare quel bottone. Io, ormai conoscendo a memoria o quasi, tutti quei bottoni, insistevo nel dirle che era inutile cercare ma lei senza posa cercava e mescolava con la mano tutti quei miei amici di avventure, e quasi ne sentivo le loro grida di paura e i loro pianti a dover essere così smossi e buttati da un capo a un altro senza alcun ritegno.
" Non c'è davvero." questa fu finalmente la sua esclamazione e subito:
" Giovanni, (che sarei io) , vai subito al negozio di bottoni e fatti dare due bottoni uguali, dico uguali, a questo che ti do io" e così dicendo tolse con le forbici il filo che teneva stretto un antipatico bottone rotondo, marrone anzi testa di moro, con bordatura rialzata , quattro buchi e un disegno geometrico intarsiato nel suo interno, che era fissato a quel cappotto color cammello della "Contessa", e me lo pose in mano con i relativi soldi. Metto Contessa tra le virgolette perchè al tempo credevo e pensavo che una donna o un uomo che avessero un titolo nobiliare di cui nominare, avessero una certa imperiale, signorile imponenza, mentre questa Contessa a vederla pareva una stracciona che non vuole assolutamente ne lavarsi ne tenere in decoro la sua persona, perciò ho sempre creduto e pensato che "Contessa" fosse solo un dispregiativo ironico.
" Ma zia, fuori sta nevicando? E' freddo"
" Che importa ti vesti ben bene, cappuccio di lana e sciarpa, cappotto e guanti e vai, non fare il bambino capriccioso, poi questo bottone è importantissimo e il trovarlo ci darà la possibilità di fare un buon Natale".
Non avevo altro da dire, dovetti soccombere e infilarmi nel gelo di quella sera, ma una cosa mi consolava, sarei andato da solo in quel fantastico negozio di bottoni, dove tutte le specie, le forme, i colori sono in bella vista, dove ogni scatolina sulla scaffale ha in bella vista la tipologia del bottone, che fantasticheria, un volo di bottoni in una stanza.
Era un freddo incredibile, per dispetto si era alzato anche un forte vento gelido, e il cappotto, il cappuccio di lana e i guanti non fecero poi tanto riparo, mi sentivo gelare piano piano, e ogni passo era sempre più pesante, come se il sollevare le gambe per camminare fosse come sollevare dei pali di ghiaccio. Finalmente arrivai al negozio, dentro c'era abbastanza caldo, una stufa in legna sbuffava in un angolo e le signorine commesse, due carinissime signorine in carne, erano davvero grosse, ma erano simpaticissime e cordiali, che mi tolsero il cappotto e mi fecero accomodare vicino alla stufa, mentre ad una di esse lasciai il bottone facendone la richiesta di due identici.
Mentre mi scaldavo, i miei occhi, la mia mente e il mio cuore erano tutti riversi verso quei bottoni che al di sopra degli scaffali pareva mi avessero riconosciuto e tutti quanti iniziarono a salutarmi, ad additarmi, io ero quello che aveva scoperto il signore dei bottoni, ero quello che custodiva il bottone grosso dai quattro buchi, e quelli che erano un poco più distanti o magari rivolti verso l'interno, si davano da fare perchè potessi ascoltarli, e tutti, proprio tutti mi imploravano che salutassi il Signor bottone e facessi il loro nome e..........
Quando mi svegliai, ero disteso nel mio letto, con intorno mia madre che brontolava mia zia del perchè mi avesse mandato fuori con quel tempo, avevo la febbre molto alta ma seppi poi che comunque avevo trovato quei bottoni.....ero stato efficiente, ma quanto freddo!.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web
Nessun commento:
Posta un commento