Vi aspettavo come si aspetta una dolce nevicata da un cielo bianco, freddo nel tempo ma non nel cuore, vi aspettavo e rimaneva in sospeso quel pensiero, quel desiderio di stringervi al petto o non potendo, almeno sentire la voce, vedervi nel vivo e potervi un istante toccare. Vi aspettavo come si aspetta un dolcetto, da bambini, dono di una buona azione, regalo per una mansione elargita, per un pensiero donato, per avere detto cose belle e comunque essere stato gentile o buono nel fare o dire le cose. Vi aspettavo da tempo e non potevo ancora pensare di non potervi, magari, più rivedere perchè questo “male” che ci ha assalito non si degna dell'età che portiamo, non si degna di portarci rispetto se non altro perchè siamo di lui più anziani e bisognosi di cure e tanto rispetto. Vi aspettavo con la paura dei giorni che non hanno mai avuto il giusto tramonto, il pensiero soltanto di non sentire parlare di morte e di persone malate, di sapere che forse domani non avremmo avuto la forza di reagire e soffocare con un niente, e nell'angoscia del sonno che prendeva perchè, anche se non stanco di lavoro, ma di testa e di mente lo ero, dormivo per forza e cadevo in quel tepore del sonno leggero in attesa di un rumore o un suono che mi facesse destare.
Vi aspettavo come un sogno di cui non si conosce mai la fine perchè si è svegliati prepotentemente o dai raggi del sole a da chi come me, riposa vicino e mi può ancora donare conforto. Vi aspettavo e non sapevo davvero se questo bisogno l'avrei davvero esaudito, è stato un pensiero agonizzante morto dentro la gola come un urlo frenato, un brivido nascosto, un rivolo di sudore asciugato da non farlo notare.
E' accaduto stamani, quando il sole già alto brillava nel cielo, quando il cancello d'ingresso si è aperto come non faceva da mesi, per far entrare un'auto che da lontano veniva. E' accaduto stamani e ancora non mi pare vero, che loro, i miei figli, sono venuti a trovarmi come da tempo non li potevo vedere. E' accaduto stamani ed è allora che ho sentito tutto il peso degli anni che mi portavo addosso, ho sentito quella stanchezza di vita che mai mi aveva invaso in questi giorni di quarantena forzata, ho sentito il pericolo della mia fragile natura che avanza nel tempo a corrodere il fiato, ho sentito, stamani, la felicità di rivedere i miei “ragazzi” avendo la piena coscienza di essere alla fine di una lunga storia.
Vi aspettavo da tanto e non posso dirmi che sono contento, perchè già il dirlo è poco, in confronto alla felicità che io sento, anche se sono vecchio ma posso dire che questo virus letale, una cosa mi ha davvero fatto vedere e conoscere, vedere quanto mi senta un padre maturo e conoscere quanto i miei figli mi riconoscano in questo.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web
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