martedì 19 maggio 2020

JACOPO CARUCCI DETTO PONTORMO - LA VISITAZIONE

In questo pseudo rientro alla normalità, c'è una cosa che prevale su tutte, la visita ai congiunti prima e comunque il ritrovarsi dopo quasi tre mesi di quarantena. La mancanza di affetti, la loro concreta visibilità, la loro vicinanza, sono stati, oltre naturalmente alle tante morti, il dolore più grande e il “castigo” che abbiamo dovuto sopportare. Ebbene nel rivedere i miei figli, credo come tanti, ho goduto di un piacere immenso che poche volte nella mia vita ho provato, e in questo rivisitarsi, rincontrarsi ho avuto un'accesa emozione interiore che simile, se pur di diversa ragione, ho provato vedendo questa opera d'arte che stamani vengo a proporvi, l'ho veduta dopo la sua recente restaurazione in una mostra a Palazzo Strozzi a Firenze e fui rapito da un'improvvisa “Sindrome di Sthendhal” tanto mi colpirono i suoi colori accesi, la gentilezza dei personaggi ma soprattutto lo sguardo di pieno sentimento che s'invola tra la Madonna e Elisabetta nell'incontrarsi.
La visitazione” è una maestosa opera del grande Jacopo Carucci, detto Pontormo, che narra un episodio del Vangelo in cui Maria , che in seguito all'Annunciazione dell'angelo viene anche a conoscere di una vicina maternità da parte della sua cugina, da sempre sterile, Elisabetta. Essa partì alla volta di Gerusalemme per andarla a trovare e nell'incontro la cugina capì dallo sguardo della Madonna che anche essa era in attesa. Maria si trattenne a Gerusalemme per ben tre mesi, ovvero fino alla nascita del figlio di Elisabetta, il futuro Battista, Giovanni.
Ed eccoci ad ammirare questo quadro, impresso proprio nel momento in cui le due donne si incontrano, Maria è sulla soglia della casa di Elisabetta, allungano le braccia per un caloroso abbraccio mentre i loro sguardi parlano, come più delle parole, è uno sguardo fisso e intenso, insieme stanno condividendo l'esperienza di una gravidanza miracolosa. I colori delle loro vesti sono l'incanto dell'opera stessa, il culmine festoso e al tempo stesso sacro del momento, non possono che dare forte emozione, vigore, purezza, sono gli stessi colori che possiamo riscontrare in un'altra opera del Pontormo, la Deposizione sita nella Cappella Capponi in Santa Felicita a Firenze, quasi come anticipazione di un prossimo e triste futuro che i loro figli dovranno sopportare.
I colori predominanti sono il verde dell'abito di Maria e il rosa del foulard che le ricopre in parte il capo, l'arancio del mantello di Elisabetta, ma la parte dominante la fa il delicato e intenso rosa che è indossato da una delle ancelle che sono in posizione frontale rivolte verso lo spettatore.
E qui il Pontormo ha eccelso nella rappresentazione, ha colpito con tecnica ma soprattutto con il cuore, le due ancelle, sono un richiamo alle figure di Maria e Elisabetta, un gioco compositivo che prende forza appunto dalla disposizione speculare delle figure, ma soprattutto l'intensa partecipazione delle figure stesse a questo incontro, quasi come se ognuna, Maria e Elisabetta, fossero distaccate dal contesto e ne ammirino e ne restino compiaciute e commosse di quello che sta avvenendo, e sta avvenendo a loro stesse. E' una magia di accorato sentimentalismo, di manierismo puro, una corrente che al tempo comprendeva vari e grandi artisti, come il Giambologna e il Vasari, e che fu dominio in Francia da parte del collega e amico, Rosso Fiorentino.
Ed è tutto in quel sorriso misto a lacrime, quelle di Elisabetta, in quell'abbraccio delicato ma forte, quasi a sostegno l'una dell'altra per essere le prescelte di un già predetto futuro e il loro totale abbandono alla suprema volontà.
Tra le verdi pendici del monte Albano e i declivi di Poggia a Caiano, in una conca circondata da uliveti e vigneti, sorge un piccolo paese, Carmignano, e in quel paese vi è una chiesa edificata
circa nel 1211 intitolata a San Francesco, che pare avesse predicato in questi luoghi, e in questa, in una cappella della famiglia Pinadori, che poi furono i committenti dell'opera, sopra un freddo altare, risiede l'opera sopra esposta, ma sinceramente a mio titolo, non dona quell'intenso effetto che provai a Palazzo Strozzi, perchè poco illuminata e poco valutata a mio parere.
Una nota, prima del restauro, lo sfondo appariva quasi perso e scolorito, alla sua “pulitura”, sono riapparse le due persone, che si notano in basso sulla sinistra, due persone che sono quasi uno “scherzo” dell'artista, perchè proprio indifferenti a quello che sta accadendo, ma la scoperta maggiore è stata la figura di un volto d'asino, che compare all'angolo finale della casa, un asino che non se ne era mai conosciuta la presenza.
Un abbraccio, un gioco di sguardi, una intenso e interiore ricerca l'uno dell'altra, la comprensione e la condivisione dei fatti che accadono e che accadranno, insomma un nostro effettivo incontro dopo la pandemia trasportando l'incognito di un prossimo futuro reciproco.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

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