martedì 26 maggio 2020

PIETRO VANNUCCI DETTO PERUGINO - IL CENACOLO DI FOLIGNO

In tanti anni che sono andato a Firenze, direi da quando sono nato, tanto ne sono vicino e tanto mi attira l'arte che ne effonde e si respira, che sinceramente non avevo mai saputo ( e questa è stata una lacuna quasi imperdonabile) di un bellissimo Cenacolo, visitabile del resto gratuitamente, presso un ex convento di suore. Oltretutto questa ubicazione è in una lunghissima e stretta strada nel centro della città (via Faenza),in cui vi ho passeggiato non ricordo più quante volte, una strada nota e frequentata, in quanto, partendo da Fortezza da Basso raggiunge l'antica Basilica di San Lorenzo, dove, tra l'altro, si possono visitare le Cappelle Medicee.
Il Cenacolo in questione è attribuito al pittore umbro Pietro Vannucci meglio conosciuto come il Perugino, maestro dell'eccellentissimo Raffaello Sanzio.
Si trova nel ex refettorio delle terziarie francescane del convento di Sant'Onofrio , detto anche delle monache di Foligno, da cui il vero titolo dell'opera “Cenacolo di Foligno”.
Il convento, dopo l'invasione di Napoleone, dovette essere abbandonato e il loco fu usato per laboratorio di sete e in seguito officina, mentre l'affresco era stato assolutamente scialbato e ricoperto con calcina. Ma nel luglio del 1843 si venne a scoprire una parte di quello scialbo e si fece la sorprendente scoperta dell'affresco che subito ebbe notorietà mondiale in quanto ritenuto assolutamente opera del famosissimo Raffaello. Ma nel tempo e con una più accurata ricerca e analisi si è potuto affermare che il latore di questa meraviglia fosse proprio il Perugino, basti notare, i tipici esili alberi sulle colline, che si potrebbero da soli affermare come la sua firma, ma anche la sfumatura del cielo usando toni azzurrini per consolidare una tenue foschia.
E' un affresco che offre nell'ammirarlo un senso di pienezza interiore mista una profusa tenerezza che pare aleggi tra i conviviali, un Gesù, al centro della tavola come convenuto, con un'espressione misericordiosa ma mista anche a un senso di attesa l'attesa che si compia il tradimento. Infatti Giuda, di fronte a lui ma di spalle a chi osserva, è pronto al suo “dovere” ma sembra in questa rappresentazione che Perugino gli abbia inferto un che di titubanza, infatti è rivolto con la testa verso chi lo sta osservando, quasi a chiederci come comportarsi, anche se la funzione delle mani parlano da sole, la destra abbandonata sul tavolo mentre con la sinistra, stringe con decisione e fermezza, il sacchetto dei fatidici 30 denari.
E il Cristo, cosciente e sapiente dell'accadimento, che gli rivolge, non visto da Giuda, lo sguardo con assoluta compassione e misericordia. Due personaggi chiave della Passione, due personaggi che ribadiscono in questa opera, la loro conoscenza dei fatti ma anche la loro sofferta sorte a cui non possono rinunciare o fuggire, perchè così è stato scritto e voluto nel regno dei Cieli, per la salvezza del mondo intero.
C'è una diffusa signorilità tra gli astanti e nell'ambiente in cui si svolge la Cena, aleggia, nonostante quello che accadrà, un doveroso e prezioso senso di pace e tranquillità, il Perugino ha dato sapore e colore al principio sacro cui l'Ultima Cena appartiene, e lo ha fatto con una praticità e eleganza ineguagliabili.

Roberto Busembai (errebi)

Immagine web : Pietro Vannucci detto Perugino - Il cenacolo di Foligno

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