Un vecchio mendicante, cieco, povero, con abiti sdruciti e forse anche sporchi, sofferente, quasi morente che seduto sui gradini, con le gambe leggermente accavallate, appoggiato in un angolo di strada, fatica notevolmente a suonare una chitarra.
Uno scenario da brividi, una pittura che entra dentro l'anima e la squarcia, e quei colori, propriamente e volutamente voluti, quelle tonalità di un colore freddo come il blu, che spaccano sulla tela per gridare tutto il dolore e lo strazio di quell'uomo raffigurato, quella figura umana dalle linee distorte e spigolose, la magrezza del corpo che si poggia, affranto a una piccola, minuta speranza, una chitarra dal colore diverso, marrone, caldo, in contrapposizione, voluto proprio dal maestro Pablo Picasso, a denotare l'appiglio di ognuno che sempre ha dentro, fino all'ultimo momento di vita.
L'opera è stata eseguita su tela nel 1903, in un momento in cui Picasso oltre ad essere anche lui in povertà, risentiva del dolore per la perdita di un suo carissimo amico morto suicida, Carlos Casagemas, e nacque proprio in quel periodo la fase cosiddetta “blu” del suo operato artistico.
Ho scelto questa opera, perchè la ritengo quasi un'icona attualissima, chi non può non pensare a tutti quei nostri cari morti in questi primi cinque mesi dell'anno, chi non può non vedere il disperato e muto lasciarsi andare e pensare che per loro nemmeno una chitarra è stata una briciola di speranza.
E', a mio personale parere una delle più strazianti e commoventi opere, dopo naturalmente la magistrale “Guernica”, che Picasso ci abbia donato, un'opera che parla da sola, che urla da sola, che fende nell'animo, anche nel più crudo dei cuori.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Pablo Picasso – Il vecchio chitarrista cieco
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