Andava bene così, un giorno lei a casa di lui, un altro in un prato o dentro l'auto, e si incontravano con la consapevolezza del loro rapporto che non era esclusivamente sesso, ma cresceva piano piano, e ogni volta era bellezza e fascino insieme. Andava bene così perchè i suoi non dovevano sapere, ovvero sua madre non doveva sapere, il padre se n'era lavato le mani della famiglia, un giorno, che ubriaco era entrato in casa, aveva spaccato tutto quello che aveva trovato tra le mani, schiaffeggiato sua moglie, rinchiusa lei in cameretta, che aveva cinque anni allora, ora poco di più della maggiore età. Andava bene così perchè non c'erano ostacoli in quel leggero momento, lei aveva il suo spazio di libertà che scambiava con lui e lo faceva lieto ed era il padre perduto oltre che l'amante, ma un padre nello starle vicino, amante nell'ascoltarla, accarezzarla e fare l'amore.
Andava bene così e sarebbe andato anche oltre ma.....
Un giorno, che non era d'aprile e neppure d'agosto, era un giorno comune, come al solito si incontrarono, quella volta avevano deciso di regalarsi un giorno di mare, e sulla spiaggia deserta in quel primo di marzo, si trovarono a camminare sulla battigia di un mare agitato che scagliava le sue onde bianche con impeto e forza, quasi a volerli punire. Era strano il volto di lei e il suo sorriso, un velo traspariva allo sguardo e tradiva un sentimento che lui non riusciva a capire, ma aspettava che fosse lei a parlare, e compiva quei soliti gesti di sempre nel fingersi, anche lui, libero come erano abituati.
Il vento si alzava sempre più violento, e ripararono perciò dietro a un'altura, una duna, sdraiandosi vicini sulla sabbia e godersi mano nella mano il cielo che li sovrastava, lui a contare nel cuore gli attimi che ancora lei avrebbe avuto a parlare, lei a contare le nuvole che avrebbe dovuto fare scendere nel loro stare insieme.
“ Paolo, ho una cosa da dirti, e non so come fare.....”
“ Avevo capito che c'era qualche cosa, aspettavo, ti giuro, con ansia. Non devi trovare parole particolari, parla come sempre hai fatto, come sempre siamo in grado di fare, liberamente, tutto diverrà più semplice. Tua madre?”
“ No, no stavolta non c'entra mia madre, almeno per ora......C'è stato un errore......c'è stato un mio sbaglio o tua disattenzione”......
E sulla rena si aprivano solchi di righe incavate da un dito nervoso, quello di Giulia, che scavava quasi che in quel mare di sabbia ci fosse la soluzione per quello che aveva da dire.....
Poi un silenzio grande come lo stesso mare, un silenzio che pareva un rumore assordante che scendeva nel cuore, poi un sospiro profondo, più fondo di ogni abisso....
“Aspettiamo un bambino!”
E cadevano lacrime silenziose sugli occhi e si ristette chinando la testa sulle sue ginocchia con le gambe portate al petto.
E sulla spiaggia la notte ebbe il sopravvento, un turbinio di cose e di fatti scorrevano nella mente di Paolo, la vita sembrava finita, il sogno di tutto, le speranze come briciole di un biscotto crollavano al limite del mare, un brivido freddo lo invase e non lasciò più per molto a passare.
“ Potremmo ….anzi potresti abortire!”
E gli venne così maledettamente bene e naturale quella frase che, solo dopo che l'aveva pronunciata, se ne ebbe a pentire e si specchiò nel suo aberrante egoismo e nel suo maschilismo che non credeva di possedere.
Giulia, lo guardò negli occhi con tutto il rancore possibile, la rabbia mista a un richiamo d'aiuto che non sapeva trovare, aveva negli occhi la risposta che sapeva di avere, aveva nel cuore le grida di sua madre “ Gli uomini sono il più brutto affare!”, e aveva nella testa ancora le urla di suo padre che non parlava di aborto ma d'abbandono ed erano in quel momento uguali parole.
Elisabetta nacque in un giorno di pioggia, era novembre inoltrato, Giulia aveva sofferto da sola la pena di andare avanti, una madre che l'aveva accettata ma con molta cautela, quasi avesse la peste, e di Paolo non seppe più niente, Elisabetta era un angelo in questo inferno di vita, ma i primi gemiti e il primo bisogno di latte, portarono a Giulia il dolce sapore di una spiaggia o di un prato di allora, la vita che questa bambina ora possedeva era qualche cosa di grande e di unico.
Un giorno, era da poco ritornata dall'ospedale, sulle scale di casa, davanti al porta chiusa sul pianerottolo c'era Paolo che l'aspettava.
“Dio com'è cambiato, è ancora più bello.....” così ebbe a pensare subito Giulia, ma il cuore aveva quella grossa ferita che non si può dimenticare e gli disse:
“ Cosa vuoi?”
“ Posso vedere la bambina?”
Il sangue, quando la rabbia lo fa ribollire, fa fare cose che la mente non riesce a trattenere, ma diversamente, quando alla rabbia, c'è anche il dolore provato, il sangue non riesce a scaldare, e diventa gelato, e non si riesce neppure a parlare, e così si era sentita Giulia in quel momento, non trovava la forza di rispondere, la mente incitava a dire “ Vattene” ma il cuore sussurrava complice di una coscienza...”..è anche sua figlia”, ma non uscivano parole.
“ Ti prego Giulia, sono cambiato credimi, ho sbagliato, lottato e sofferto, e mi sento in dovere di essere padre, non chiedo il tuo amore, ma quello di questa bambina che ho capito che è un nostro frutto e non è giusto che abbia a soffrire, e poi per mancanza di un padre.”
“ Puoi venire un'altra volta per favore? E' troppo per me questa improvvisazione, devo pensare Paolo. Ti prego un'altra volta e ci accordiamo.”
Quanta pacatezza nel pronunciare quelle giuste parole, quanta freddezza nel non dimostrare il rancore pietoso che portava sul seno, quanto veleno ingollato nelle lunghe giornate quando la pancia cresceva e una madre non trovava che parole per deriderla e dissacrare la sua scelta di non volere abortire, e quanta paura di non sapere come poi andare avanti con quel corpicino che avrebbe preteso naturalmente, e quanto odio da scaricare perchè i giorni erano stati tanti e tanti avevano fatto riflettere e rimangiare, piangere e rinnegare.
E fu in quella pacatezza che Paolo sentì tutto il male che aveva donato e nel silenzio, come era arrivato, se ne scese le scale.
Elisabetta aveva il diritto di vivere e il diritto di avere, come tanti, un padre e una madre, anche Elisabetta aveva il bisogno, come tutti, di un amore e di un insegnamento che non dovevano essere soltanto da un parte, e solo per Elisabetta, Paolo si prodigò per aiutare Giulia ad allevare la bambina, si prodigò a far si che il tribunale riconoscesse la custodia congiunta e gli concedesse dei giorni per stare con la bambina, e soltanto per Elisabetta e forse anche per se stessa, che Giulia approvò che tutto si facesse anche se ormai il sentimento tra di loro era solo un ricordo di quei giorni, che in segreto si incontravano in un letto o riparo diverso, solo per Elisabetta si può essere, crescendo nel tempo e arrivando a capire, padre e madre anche senza tra loro l'amore.
Andava bene così e sarebbe andato anche oltre ma.....
Un giorno, che non era d'aprile e neppure d'agosto, era un giorno comune, come al solito si incontrarono, quella volta avevano deciso di regalarsi un giorno di mare, e sulla spiaggia deserta in quel primo di marzo, si trovarono a camminare sulla battigia di un mare agitato che scagliava le sue onde bianche con impeto e forza, quasi a volerli punire. Era strano il volto di lei e il suo sorriso, un velo traspariva allo sguardo e tradiva un sentimento che lui non riusciva a capire, ma aspettava che fosse lei a parlare, e compiva quei soliti gesti di sempre nel fingersi, anche lui, libero come erano abituati.
Il vento si alzava sempre più violento, e ripararono perciò dietro a un'altura, una duna, sdraiandosi vicini sulla sabbia e godersi mano nella mano il cielo che li sovrastava, lui a contare nel cuore gli attimi che ancora lei avrebbe avuto a parlare, lei a contare le nuvole che avrebbe dovuto fare scendere nel loro stare insieme.
“ Paolo, ho una cosa da dirti, e non so come fare.....”
“ Avevo capito che c'era qualche cosa, aspettavo, ti giuro, con ansia. Non devi trovare parole particolari, parla come sempre hai fatto, come sempre siamo in grado di fare, liberamente, tutto diverrà più semplice. Tua madre?”
“ No, no stavolta non c'entra mia madre, almeno per ora......C'è stato un errore......c'è stato un mio sbaglio o tua disattenzione”......
E sulla rena si aprivano solchi di righe incavate da un dito nervoso, quello di Giulia, che scavava quasi che in quel mare di sabbia ci fosse la soluzione per quello che aveva da dire.....
Poi un silenzio grande come lo stesso mare, un silenzio che pareva un rumore assordante che scendeva nel cuore, poi un sospiro profondo, più fondo di ogni abisso....
“Aspettiamo un bambino!”
E cadevano lacrime silenziose sugli occhi e si ristette chinando la testa sulle sue ginocchia con le gambe portate al petto.
E sulla spiaggia la notte ebbe il sopravvento, un turbinio di cose e di fatti scorrevano nella mente di Paolo, la vita sembrava finita, il sogno di tutto, le speranze come briciole di un biscotto crollavano al limite del mare, un brivido freddo lo invase e non lasciò più per molto a passare.
“ Potremmo ….anzi potresti abortire!”
E gli venne così maledettamente bene e naturale quella frase che, solo dopo che l'aveva pronunciata, se ne ebbe a pentire e si specchiò nel suo aberrante egoismo e nel suo maschilismo che non credeva di possedere.
Giulia, lo guardò negli occhi con tutto il rancore possibile, la rabbia mista a un richiamo d'aiuto che non sapeva trovare, aveva negli occhi la risposta che sapeva di avere, aveva nel cuore le grida di sua madre “ Gli uomini sono il più brutto affare!”, e aveva nella testa ancora le urla di suo padre che non parlava di aborto ma d'abbandono ed erano in quel momento uguali parole.
Elisabetta nacque in un giorno di pioggia, era novembre inoltrato, Giulia aveva sofferto da sola la pena di andare avanti, una madre che l'aveva accettata ma con molta cautela, quasi avesse la peste, e di Paolo non seppe più niente, Elisabetta era un angelo in questo inferno di vita, ma i primi gemiti e il primo bisogno di latte, portarono a Giulia il dolce sapore di una spiaggia o di un prato di allora, la vita che questa bambina ora possedeva era qualche cosa di grande e di unico.
Un giorno, era da poco ritornata dall'ospedale, sulle scale di casa, davanti al porta chiusa sul pianerottolo c'era Paolo che l'aspettava.
“Dio com'è cambiato, è ancora più bello.....” così ebbe a pensare subito Giulia, ma il cuore aveva quella grossa ferita che non si può dimenticare e gli disse:
“ Cosa vuoi?”
“ Posso vedere la bambina?”
Il sangue, quando la rabbia lo fa ribollire, fa fare cose che la mente non riesce a trattenere, ma diversamente, quando alla rabbia, c'è anche il dolore provato, il sangue non riesce a scaldare, e diventa gelato, e non si riesce neppure a parlare, e così si era sentita Giulia in quel momento, non trovava la forza di rispondere, la mente incitava a dire “ Vattene” ma il cuore sussurrava complice di una coscienza...”..è anche sua figlia”, ma non uscivano parole.
“ Ti prego Giulia, sono cambiato credimi, ho sbagliato, lottato e sofferto, e mi sento in dovere di essere padre, non chiedo il tuo amore, ma quello di questa bambina che ho capito che è un nostro frutto e non è giusto che abbia a soffrire, e poi per mancanza di un padre.”
“ Puoi venire un'altra volta per favore? E' troppo per me questa improvvisazione, devo pensare Paolo. Ti prego un'altra volta e ci accordiamo.”
Quanta pacatezza nel pronunciare quelle giuste parole, quanta freddezza nel non dimostrare il rancore pietoso che portava sul seno, quanto veleno ingollato nelle lunghe giornate quando la pancia cresceva e una madre non trovava che parole per deriderla e dissacrare la sua scelta di non volere abortire, e quanta paura di non sapere come poi andare avanti con quel corpicino che avrebbe preteso naturalmente, e quanto odio da scaricare perchè i giorni erano stati tanti e tanti avevano fatto riflettere e rimangiare, piangere e rinnegare.
E fu in quella pacatezza che Paolo sentì tutto il male che aveva donato e nel silenzio, come era arrivato, se ne scese le scale.
Elisabetta aveva il diritto di vivere e il diritto di avere, come tanti, un padre e una madre, anche Elisabetta aveva il bisogno, come tutti, di un amore e di un insegnamento che non dovevano essere soltanto da un parte, e solo per Elisabetta, Paolo si prodigò per aiutare Giulia ad allevare la bambina, si prodigò a far si che il tribunale riconoscesse la custodia congiunta e gli concedesse dei giorni per stare con la bambina, e soltanto per Elisabetta e forse anche per se stessa, che Giulia approvò che tutto si facesse anche se ormai il sentimento tra di loro era solo un ricordo di quei giorni, che in segreto si incontravano in un letto o riparo diverso, solo per Elisabetta si può essere, crescendo nel tempo e arrivando a capire, padre e madre anche senza tra loro l'amore.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: by Frank Horvat
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