giovedì 27 febbraio 2020

INTERVISTA A......(Forse è un sogno)

Forse è un semplice sogno, fatto in una notte magari agitata, un qualche cosa insito nel cuore che rovina come un mestolo dentro la pentola piena, o forse un mero desiderio che scivola leggero, un miele posato su una semplice fetta di pane, e comunque non cerco di darne ragione ma prendo soltanto quello che ne viene e scrivo quello che mi è venuto da fare e a voi , a chi certo lo vuole e ne trova piacere, lascio il gusto di leggere e lasciarsi catturare, non dalle mie parole ma dal pensiero di colui che parla in mia vece e che lo ha fatto davvero, lascio a chi lo vuole, a chi crede e soprattutto a chi non è credente ma sa riconoscere il bene dal male.
Camminavo, assorto nei miei fugaci pensieri, tra i campi verdi della mia regione, in un giorno tiepido di primavera, cercando di lasciarmi condizionare dalla stagione e dai colori, liberando la mente da inquinamenti di cose e persone, da macchine e uffici, da vizi e rancori, soltanto posando
un passo leggero dopo l'altro su quella strada sconnessa di sassi sparsi come semina gettata e buche nel terreno ancora umide di residuo bagnato di piogge lontane. Era un viaggio nella mente più che un camminare di gambe, il tragitto sarebbe stato breve, tra un borgo vicino e il suo limitare di un fiume che già ne intravedevo le rive, quando una figura si stagliò decisa, un poco più distante, quasi al limite di quelle acque che avrei presto sfiorato. Pensai subito a un Certosino, uno di quei tanti frati di un monastero nelle vicinanze , che solitamente usavano camminare in alcuni momenti del loro fare e pregare, ricordo che da bambino ci era stato insegnato un modo di dire alla loro visuale “ che se si trovava un Certosino (passeggiare vicino al fiume), sicuramente il cambio del tempo era vicino” e chissà, ma davvero, presto avrebbe piovuto. Mi avvidi , però, che non indossava il classico saio bianco avorio del loro ordine severo, era una figura di un uomo, con un saio marrone, un frate mi sovvenne di pensare, e piano piano si avvicinava al mio cospetto, con un andamento spavaldo e sereno, quasi, come me, si librasse del panorama e della stagione.
Fummo presto a due passi, l'uno dall'altro ed ebbi a vederlo nel viso quell'anziano signore, era un umile frate dal volto scarno e smagrito, che le rughe segnavano il tanto tempo trascorso, una barba rossiccia mista da un pelo bianco lucente, contornava il viso e ne dava un aspetto importante, ma aveva due occhi brillanti e vivaci, sereni e puliti, quasi innocenti, uno sguardo direi da bambino che era un controsenso su quel volto anziano e emaciato.
"Buongiorno"....una calda voce profonda ebbe a salutarmi
"Buongiorno" ...risposi quasi meravigliato e sorpreso del suo agile e giovanile fare, quasi a sembrare straniero nel suo corpo denutrito e scheletrico.
"Che bella giornata vero? La primavera è sempre bella anche se fosse piovuto."
"In effetti è vero"....(mi aveva colto di sorpresa questa sua disponibilità nel voler parlare, ma al contempo ne ebbi piacere e continuai) "Quando ci sono queste giornate ne approfitto sempre per trascorrerne un poco in solitudine e pensare."
"Bravo, soltanto così si può apprezzare quello che ci è stato donato. La vita ci offre ogni bene ma siamo noi a farlo diventare diverso e a trasformarlo nel peggiore che possiamo."
"L'uomo crede che tutto sia scontato."
"La vita non la è. La vita è un dono e come tale bisogna portarle il rispetto e la devozione che ogni cosa donata ne richiede. Basterebbe illuminarsi spesso nel volto di un bambino per ritrovare la risposta. L'innocenza che gli compete, già di per se, è la gratitudine al suo stesso vivere al momento."
"Avete delle belle parole, padre......?"
"Chiamatemi come volete, un nome è soltanto un identificazione, ma se proprio volete farmi felice, scegliete per me un nome altisonante e comune, uno di quelli che al solo nominare si illuminano le menti....."
"Mi verrebbe di chiamarvi con un solo nome che potrebbe sicuramente competervi, per gli abiti che portate e per le parole che usate.....vi chiamerò Francesco se avessi da chiamarvi ancora."
"Voi avete osato troppo, forse, quel nome lo sapete che è il massimo che potete offrire a un semplice frate....quello non è un nome, Francesco è un'entità nel cuore, un volo di gabbiani nell'anima, un raggio di sole nella mente, una nuvola bianca nel camminare, un bene che soltanto il Dio superiore può superare."
"Ora mi fate arrossire, non volevo offendere....."
"Ma non avete offeso, anzi ve ne sono altamente grato e sono contento di questa vostra scelta perchè ciò significa che lo avete comunque nel cuore, e avere riscontrato in me, questa qualità vi deve rendere felice."
Poi ristette in silenzio, quasi in contemplazione e subito riprese:
"Se avete tempo potremmo riposare insieme su quella panchina?" E indicò una panchina in legno che sinceramente non credevo esistesse, eppure attraverso spesso questo tratto, e dal colore consunto e roso pare che sia esistita da tanto.
"Con piacere".....E ci sedemmo con piacevole disinvoltura, devo ammettere che mai mi ero trovato a chiacchierare con tale compiacimento con un frate, a volte mi era capitato di farlo nelle varie abbazie o conventi famosi, ma solo per compiacermi del luogo o soltanto perchè essi fungevano da guide per visitare i luoghi.
"Il riposo è doveroso" Riprese a parlare "e rispettoso verso il nostro corpo, sapete, non si deve mai pretendere oltre, ogni cosa di noi ha un suo valore e una sua proprietà che con il passare del tempo, però, cambia e diventa diversa e più fragile, e ogni minimo accadimento potrebbe guastarla, sta a noi nel rispettarla e accettare questo decadimento."
"Se permettete, non so gli anni che portate, ma avete uno sguardo giovanile che sorprende sul vostro corpo maturo."
"L'anima non invecchia!"
Devo dire che talvolta le sue affermazioni mi lasciavano interdetto, avevo verso questo fraticello un senso di avvicinamento ma al contempo sentivo come un distacco, un rifiuto, a volte le sue parole sembravano dettate categoricamente e stonavano nell'abito che indossava e nel suo umile modo di fare.
"Vi spavento vero?"
(Leggeva pure nel pensiero?) "Perchè dite questo, non mi spaventate, direi mi sorprendete."
"Credetemi non voglio arrecarvi danno alcuno, spesso rilascio parole e pensieri quasi come dottrina, ma non è nelle mie intenzioni, è che vengo rapito da una ricerca continua interiore e ne esco quasi con forza, per liberarmi e lasciarmi andare. Vivo in continuo soffrire del mondo che mi circonda e ne assorbo la luce e il sapore, il rumore che sovrasta e il silenzio che squarcia il dolore. Quando ero giovane credevo che l'unica cosa che poteva far felice un uomo, fosse la ricchezza e lo star bene, baldorie e divertimenti, quando si è giovani non si apprezza la forza e lo stare in salute, lo si ha solamente e se vi si abbina un valore terreno, allora diventa l'oppio del momento e ce ne droghiamo."
"Posso dirvi una cosa? Il vostro parlare mi rende sereno e sono grato di avervi incontrato"
"Io sono grato di avervi incontrato, non per la mia solitudine dei giorni, ma per sapere che posso ancora parlare a chi ha voglia di ascoltare. Avevo ragione quando insieme ad altri miei confratelli, dicevo che l'uomo non perderà mai il desiderio del bene, forse lo tramuterà, lo offuscherà, ma sono sempre stato certo che prima o poi lo avrebbe risollevato e cercato. Voi ne siete un piccolo esempio, perchè come me vi siete trovato in questo naturale ambiente, e avete iniziato, forse anche inconsciamente, ad amarlo e a provarne piacere, e l'avendo trovato un qualcuno che come voi godeva di queste cose, ne siete rimasto estasiato."
"Sono un peccatore come tanti, credetemi, non ho niente di particolare."
"Siete un uomo come tanti, come me, come tutti. Il peccato è l'altra parte dell'anima, quella che si nasconde e che non trova la forza di uscire, ma il peccato non sarà mai grande e tale perchè ha sempre l'altra faccia dominante che è il perdono di se stessi, il sapere cosciente di fare del male e potersi così redimere e ritrovare la pace interiore. Anche io ho peccato, e pecco tutti i giorni nel desiderio di mangiare, Dio non vuole che abusiamo, il piacere è il nostro diavolo interno, il piacere inteso come godimento di ogni cosa e lo sproposito nell'abusarne. Dobbiamo essere lieti di vivere, di conoscere il cielo e il mare, gli uccelli nel cielo e i pesci nelle acque, gli animali della terra e tutti i suoi frutti che ci vengono elargiti, e dobbiamo porsi in riverenza continua per tutto questo immenso che usiamo ogni giorno che Dio ci ha dato di usarne."
"Ora mi sento davvero piccolino di fronte alla vostra grandezza interiore."
"Non mi gratifichi tanto, sono anche io un comune mortale, ho adorato con tutto il mio cuore quello che Dio ci ha donato, ho abusato da giovane come vi ho narrato, ma ho sofferto nel bene procurato e nel trovare il male in ogni angolo del mondo, ho visto morire nelle malattie più dolorose che l'uomo potesse sopportare e ho cercato di alleviarne in questi portatori, la tristezza interiore e la solitudine immensa che si sono trovati a doverne subire, perchè l'uomo malato arreca rifiuto a quello sano, perchè difficilmente si viene a capire che proprio in quel disgraziato momento, l'uomo che soffre ha più bisogno di essere amato. Carestie, guerre, malattie allontanano l'uomo rendendolo sempre più solo. Non ci sono pandemie che fanno più paura della solitudine di una sola persona che soffre e che non trova sollievo interiore!"
"Se avessi perso questa grande occasione, sapendolo, me ne sarei dispiaciuto e sofferto per tutta la vita, voi siete un angelo caduto dal cielo, stamani mi avete davvero reso felice come difficilmente l'ho provato davvero."
"E pure io ne sono altrettanto felice e ora devo proprio lasciarvi, voi riposate ancora un momento perchè io nel lasciarvi vi veda ancora sereno e felice su questa panchina, perchè il mio andare non sia dispiacere ma soltanto un sereno distacco da un qualche cosa di lieto. E se avrete a incontrarmi, vi prego, continuate a chiamarmi con il mio vero nome.....Francesco io sono".
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

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