martedì 18 febbraio 2020

ANDAVA SPESSO A CAMMINARE

Andava spesso a camminare nel giardino comunale, un piccolo ritaglio di terra, decorato di fiori, alberi, erba e tante panchine, tra case e finestre a guardare, quasi puntassero gli occhi invidiosi
a quel piccolo pezzo di natura che con ardore si faceva spazio tra mura e rumori di auto a passare.
L'eta era avanzata, o così la volevano identificare, gli altri, quelli che ancora pensavano che la vita fosse eterna per il loro star bene e potere correre e pensare, ma la voglia e l'ardore era uguale, forse migliore, perchè non c'era più la paura di potere sbagliare, l'età era matura, ecco la giusta parola, matura di potere decidere, capire e giudicare, e comunque con la flemma dei movimenti, voluta da un incipiente dolore delle ossa, deterioramento di ogni persona dal lungo passato, camminava appoggiato ad un nodoso bastone in legno curato, ultimo dono prezioso di colei che il camminare gli era stato da tempo negato ma che aveva imparato a volare, e passo dopo passo, scelto e minuzioso posare del piede per non perdere un equilibrio che il suo corpo ormai vacillava a tenere,
equilibrio che invece esisteva nel cuore e nella mente, che avrebbe potuto persino correre nel pensare come un vento che passa e attraversa nelle giornate di tempesta, e piano piano, con il battito di un cuore malato si posava quasi stanco alla prima panchina vuota che poteva arrivare.
Andava spesso nei primi pomeriggi, anche se non erano piene giornate di sole, erano quelli i momenti che poteva abbandonare i suoi pensieri di fatica giornaliera, alzarsi con il peso degli anni nel corpo, muoversi piano per potersi un poco lavare, poi pasticche a non finire, quella prima, quella mentre e quella dopo la colazione, colazione di una fetta di pane con orzo diluito in una tazza di acqua calda per poter colorare di nero un caffè ormai lontano e straniero. Poi i silenzi del giorno a passare, le tende tirate, le finestre socchiuse alla luce che voleva intransigente penetrare, la poltrona che aspetta il suo possente riposare, un giornale o un libro accanto lieti di farsi leggere ancora nonostante gli occhiali, e si arrivava al pranzo fugace, un qualcuno vicino, una mano pietosa, un dolce persona che gli preparava sempre su una tavola a malapena apparecchiata da posate e un piatto fondo, dove tutto si poteva gustare, dal brodo alla carne lessata, dalla frutta, pera o mela senza stagione. E finalmente si poteva uscire a godere del mondo, dell'aria malsana ma che non importava se era inquinamento o soltanto nebbia, pulviscolo di scorie, era aria lontana che riempiva ugualmente il respiro affannoso che non avrebbe certo inquinato, ormai, i suoi grinzosi polmoni.
Andava per vedere la gente, sentire il brusio delle persone che ancora avevano voglia di ridere e scherzare, persino un litigio a lui pareva uno scambio d'amore, uno scambio di opinione da tenere saldati i contatti, e poi i tanti e tanti bambini, gioia e futuro, innocenza del mondo, quella sarebbe stata la vita che avrebbe voluto tornare, avesse avuto l'occasione. I bambini hanno il sorriso negli occhi e nel cuore e non possiedono odi e rancori, sono la frutta che matura sull'albero e si colora ai raggi del sole, e in questo pensare di ogni giorno lui sapeva rivivere i canti delle lucciole perse nei campi nelle sere di Agosto, le cicale sugli alberi che non si potevano chetare, i pettirosso che audaci combattevano gli inverni di neve e le rondini, quelle che sotto i tetti delle case in campagna costruivano il loro futuro in nidi fatti di cose e lui tutte queste cose tornava a giocare con gli occhi guardando e ascoltando i giochi infantili di bambini sospesi sulle altalene, sugli scivoli in ferro a caduta su sabbia trasportata, nei loro segreti di aerei che volavano in cielo o di navi che audaci solcavano i mari.
“Signore posso appoggiarmi al suo bastone?”
Era stato il suo desiderio avverato quel bambino, che mentre tornava dal giardino alla sua abitazione, gli si era avvicinato, e con la curiosità dentro gli occhi e la voglia di un nuovo da provare, gli aveva sussurrato quelle parole e con tenerezza, sulla sua mano che teneva il bastone, dolcemente si era appoggiato a farsi, lui giovane , trascinare.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

Nessun commento:

Posta un commento