Quando un poeta, colui che della vita e della natura umana, ha sottolineato e marcato il sentimento, l'ardore, la passione, il dolore e il rimorso, il bello e il brutto di un trascorso umano, ovvero quando un poeta con le poche parole riesce a commuovere e a toccare il cuore, non credo che ci sia altra possibilità meravigliosa che un si tale personaggio non meriti di essere lodato, ma quando un poeta di così fattura, riesce a romanzare, a scrivere sulla natura umana, a farne addirittura un libro , ebbene non ci sono davvero più parole per elogiarlo tanto il brivido corre nelle vene e attraversa spudoratamente il cuore senza dargli memore di poter non cedere alla sentita commozione.
Ho letto il libro, candidato alla finale del premio Strega,(vincitore del premio Strega giovani) del giovane poeta, scrittore, Daniele Mencarelli “Tutto chiede salvezza” e difficilmente mi trovo a non sapere come esprimere il mio giudizio, altamente positivo anzi superlativo, ma tanto difficile da poterlo manifestare quanto invece è stato per lui tanto facile poterci immedesimare e farci trascinare in una storia odierna, difficile, cruda, al tempo stesso tanto vera da usare il nome del protagonista, lui stesso.
Salvezza è la richiesta del titolo, una salvezza che Daniele, il protagonista, chiede per tutto e per tutti, per se, per la madre, per coloro che si trovano in quel reparto ospedaliero, dove la pazzia rasa la “normalità” o dove la “normalità” inverte il ruolo da diventare essa stessa malata. Uno scrivere semplice e dialettale, un romano popolare ma non ignorante e pacchiano, mai volgare, anzi di casa, familiare. Un insieme di personaggi che non lasciano spazio a nessun giudizio e non si possono giudicare, un insieme di malati, infermieri e medici che non trova differenza alcuna, perchè l'uguaglianza, la differenza, sta proprio nell'urlo interiore del giovane Daniè....
“Salvezza, per me. Per mia madre all'altro capo del telefono. Per tutti i figli e tutte le madri. E i padri. E tutti i fratelli di tutti i tempi passati e futuri. La mia malattia si chiama salvezza”
Ho avuto un sentore immenso nel leggerlo, e quel sentore si chiama con meraviglia “deja vu”, un sentore che mi ha riportato alla lettura suprema di un giovane, allora, PierPaolo Pasolini, vi giuro ho tremato alle parole che si fondevano via via nella mia mente, alle voci che leggevo su questo stupendo libro.....una vicinanza letteraria che ho sentito e che davvero non provavo da quel tempo...Brivido, anzi beatitudine. Un libro da leggere assolutamente, e poi rileggere perchè sono certo non si deve dimenticare e tante cose vanno sottolineate, non dimentichiamo che è un poeta che scrive, e i tanti periodi sono grandi messaggi.
“ ….Ma io in certi momenti potrei accende le lampadine co' tutta la felicità che c'ho dentro, veramente, nessuno sa che significa la felicità come lo so io.”....
“Oggi pomeriggio passa tuo fratello con qualche cambio, t'ho preso un po' de biscotti e de succhi de frutta, te serve altro?”
“ No mamma, non me serve nient'altro, te sta tranquilla me raccomando, va bene?”
“ Tranquilla ce starò quando ritorni a casa.”
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Copertina del libro