lunedì 22 giugno 2020

SIMONE MARTINI - L'ANNUNCIAZIONE

Talvolta bisogna ritornare a parlare del massimo splendore, dell'opera d'arte massima in se, so bene che ci sono opere famose proprio per la loro magnificenza e che porta perciò a denigrare e a dire “sempre le stesse” ma a volte non si può non ricadere nel doverci avvicinare ad una di queste magistrali opere per ritrovare quella freschezza, quella capacità naturale che un Maestro, un artista, un pittore è riuscito a elargire e a far si che a oggi, ancora si parli d'arte.
Ebbene oggi mi voglio avvicinare proprio a un'opera d'arte che si potrebbe definire la capostipite di tutte, un'opera che non avrebbe nemmeno bisogno di presentazione e non avrebbe nemmeno bisogno di descrizione, è un'opera che parla da sola, che anche il più profano di arte non può non sentire la voce artistica che essa lancia, non può non inebriarsi dello spirito che aleggia e della perfezione che ne emana. Simone Martini con l'Annunciazione e due Santi ha superato la soglia della cognizione d'arte, è volato nell'auree del sogno e dell'aulico e lo ha tramutato in pittura, che dirsi tale pare di dire uno sproloquio, in questa opera si va oltre la concezione di pittura, questa opera è voce e movimento, è incanto e signorilità, è l'immateriale che si materializza.
Un angelo che si prostra docilmente e devotamente inginocchiandosi davanti alla Madonna enunciando parole che non solo si immaginano, ma vengono dettagliatamente inscritte nel dipinto, “ Ave gratia plena dominus tecum” proprio per marcare questo soffio di leggero fiatare, il tutto mentre Maria si atteggia in un movimento di ritenzione, a significare un sottile e timido timore coperto dalla meraviglia della cosa che gli viene annunciata.
Siamo in uno scenario dorato, che sottolinea la santità e sacralità della scena, i capelli dell'Arcangelo Gabriele, le sue ali dai tratti di piume di pavone, la sua stessa veste damascata sono dipinti con polvere d'oro, gli unici soggetti d'arredamento sono il trono dove la Vergine siede e un vaso al centro con dentro dei gigli a significare la purezza. Sopra di loro il dominio della colomba, ovvero lo Spirito Santo.
Dominante in questa scena quasi di chiostro di chiesa, un chiostro che non ha eguali nella realtà ma che si evolve nell'immaginario e nel sogno del Martini, è la luce, la luce che tutto risplende, la luce di Dio, e in questa quasi musicale opera il Maestro ha superato il colui che al tempo aveva apportato il grande cambiamento nella stesura degli spazi e dei personaggi, Giotto, un Giotto che è ancora vivo quando il Martini dipingerà questa magnificenza, dove il movimento dei personaggi e lo spazio che li circonda va oltre la realtà, una realtà che diventa per Martini sogno.
Lo storico d'arte, Giulio Carlo Argan, ebbe a mio parere, la giusta descrizione di questo dipinto asserendo che “ il senso poetico del quadro è quello schivo ritrarsi del colore terreno, davanti alla luce che d'ogni parte l'investe”, una luce che soltanto la Vergine con il suo mantello blu, non emana ma ne viene totalmente assorbita.
L'opera d'arte gotica, venne dipinta da Simone Martini nel 1333 per la cappella di Sant'Ansano nel duomo di Siena (fino a poco tempo fa si attribuiva che avesse lavorato insieme a suo cognato , Lippo Memmi, ma dopo l'ultimo restauro anche si è data certezza che tutto il dipinto, compresi i due santi ( Sant'Ansano e Santa Margherita) siano opera totale del Martini), poi trasferita nella chiesa di Sant'Ansano in Castelvecchio da dove raggiunse la Galleria degli Uffizi per decisione del granduca di Toscana, Ferdinando III di Lorena, e tutt'ora in questa meravigliosa sede.

Roberto Busembai (errebi)

Immagine web : Simone Martini - Annunciazione

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