Per una pura, reale, costante e determinante discriminazione, anche nell'arte, sono gli uomini ad avere avuto sempre pieno dominio ma, fortunatamente, alcune donne coraggiose sono riuscite a prevalere e ostacolare a proprie spese e a proprio pericolo questo modus operandi, ed è proprio di alcune di queste che oggi, in concomitanza alla festa internazionale della donna, voglio farvene conoscere alcune, anche se già ,sicuramente, ne avrete sentito parlare.dSiamo nel quattrocento e la figlia di un più famoso e stimato pittore vorrebbe intraprendere l'arte pittorica, ma a nessuna donna è consentito di poterlo fare liberamente a meno che non si “affacci” alla fede e allora le cose potrebbero cambiare. Ecco che prende i voti e tramite miniature, tavolette votive ecc ottiene il suo scopo tale da procurarsi una certa riconoscenza e da essere anche ricercata. Pure agli Uffizi possiamo oggi ammirare una sua opera, ovvero “Vestizione di una monaca” ambientata nella Chiesa di San Donato in Polverosa. Si chiamava Antonia Doni ed era la figlia primogenita di Paolo Uccello.
Altra figlia di un altro famosissimo pittore, figlia illegittima ma sempre ben amata e considerata dal padre, siamo nel cinquecento, riuscì ad ottenere un certo livello pittorico di conoscenza, donna di cultura e pure musicista, ma che dovette sempre stare all'ombra del padre e dei fratelli e pure avendo avuta una chiamata importante, ossia dal re di Spagna Filippo II che adorava le pittrici, dovette rinunciarvi per volere ferreo del padre che auspicava per lei una vita più appartata e protetta. La fece sposare a un semplice e pesante gioielliere tedesco e il caso volle che a poco più di trenta anni la giovinetta perì. Si chiamava Marietta Robusti detta Tintoretta, figlia del più illustre (guarda caso) Tintoretto.
Chi non ha mai sentito nominare Sofonisba Anguissola, ebbene questa donna, siamo ancora in pieno cinquecento, ottenne fama eccezionale come pittrice, appoggiata molto dal padre disegnatore dilettante ma amante pazzesco dell'arte, tanto da superare pregiudizi del tempo e ampliare la sua cultura in ogni ambito, dal letterario al musicale, passando e approfondendo quello artistico. Nota in quasi tutta Europa, lei era potuta andare alla corte spagnola di Re Filippo II e si può considerare la prima pittrice rinascimentale. Persino Michelangelo Buonarroti, al quale il padre di Sofonisba gli aveva inviato alcuni disegni della figlia, si meravigliò della sua bravura, tanto da sfidarla a rappresentare un bambino che piangeva. E' famoso il disegno del “Fanciullo morso da un gambero” che lo stesso artista lodò clamorosamente e lei divenne ancor più riconosciuta al punto che viene persino citata nelle “Vite” del Vasari.
Alla fine del cinquecento, non si può non citare la bolognese Lavinia Fontana, pure essa figlia di un famoso pittore. Presso la bottega del padre ebbe l'opportunità di frequentare i famosi Carracci, da subirne stilisticamente la loro influenza. Ritrattista, come del resto erano quasi tutte le pittrici donne, ebbe anche la possibilità di ottenere importanti lavori su commissione da diventare anche la prima donna a dipingere una pala d'altare, la bellissima “Assunzione della Vergine” ancora oggi vedibile a Imola. Sotto la protezione di papa Gregorio XIII fu pittrice a Roma tanto da essere considerata la “Pontificia pittrice” e comunque oltre ad essere apprezzata per le sue capacità artistiche lo fu anche come donna e soprattutto come madre, perchè nonostante i dodici figli avuti, riuscì sempre a gestirsi lodevolmente in ambe le parti.
Fede Galizia, fu un'importante pittrice soprattutto di nature morte, un genere però che era ritenuto di minore importanza, del XVII secolo avendo anche lei imparato presso la bottega del padre miniaturista Nunzio Galizia, tanto da essere apprezzata dall'Arcimboldi che portò alcune sue opere all'attenzione della corte di Praga presso Rodolfo II. Ma non soltanto nature morte, se si pensa che a soli diciotto anni realizzò una “Giuditta con la testa di Oloferne” assolutamente particolare e geniale, uscendo rappresentativamente da ogni schema del tempo, una Giuditta alquanto signorile ricoperta di gioielli (minuziosamente e accuratamente dipinti) e con vesti alquanto ricamate e con ricche decorazioni. Non solo ma volle “auto ritrarsi” nella parte di Giuditta. Fede Galizia per avere piena e assoluta libertà di dedicarsi alla pittura, rinunciò a sposarsi e purtroppo a 52 anni morì stroncata dal male del tempo, ovvero la peste.
Artemisia Gentileschi, che qui nomino solamente, in quanto le abbiamo già dedicato una monografia e se vogliamo forse una delle poche ad avere fama e riconoscenza tutt'ora.
Il settecento vede la notorietà di Rosalba Carriera, famosissima ritrattista con ampia riconoscenza anche all'estero. Attenta a ogni particolare faceva dei suoi dipinti una rappresentazione quasi da miniatura, e non solo ma seppe dare alle figure rappresentate quel giusto apporto umano e interiore.
Conquistò Parigi tanto da essere ammessa all'Accademia e ottenere pure una commissione dal re Luigi XV, per poi terminare i suoi anni alla corte di Vienna.
Rimanendo in Francia, colei che fu davvero considerata la ritrattista più emblematica del tempo, fu Elisabeth-Louise Vigée Le Brun, colei che ebbe la fortuna, oltre ad un nobile talento, di essere ben sostenuta da due nobilissime e importanti donne, Madame de Verdun, moglie di un efferato appaltatore delle imposte e la Duchessa di Chartes, e comunque anche il proprio sposo non fu da meno, in quanto mercante di quadri l'agevolò particolarmente.
Fu Maria Antonietta consorte del Re Sole, che la insignì all'Accademia Reale di Pittura e Scultura, divenendo poi amica e confidente stretta della regina e sua unica e fedele ritrattista.
Naturalmente la donna non era ben vista a corte, tanto da essere motivo di pettegolezzo e maldicenza da parte soprattutto dei signori uomini, al punto che giravano voci in cui si diceva che i dipinti a lei attribuiti fossero stati eseguiti in segreto da un pittore maschio. Alla caduta della monarchia riuscì a fuggire travestendosi da popolana e ritornò, dopo aver vagato per l'Europa intera, a Parigi venti anni dopo, durante il dominio di Napoleone e dove poi trovò la morte.
Allieva della Le Brun e pure del grande Jacques-Louis David, Marie -Guillemine Benoist abbandonò comunque le regole neoclassiciste avvicinandosi al Romanticismo arrivando così, ai primi del 1800, a presentare al Salon di Parigi quello che possiamo ancor oggi definirlo un grande capolavoro, il “Portrait d'une negresse”. Viene considerata la coraggiosa interpretazione che l'artista ha avuto nei confronti dello schiavismo e del razzismo, considerando che appena sei anni prima c'era stata l'abolizione della schiavitù, con una forza rivendicatrice per la dignità della donna al di la della razza, cultura e estrazione sociale,(considerando poi che solo dopo poco su pressioni dei proprietari di piantagioni, la schiavitù sarebbe stata di nuovo legalizzata), perciò un dipinto progressista e assolutamente da considerarsi femminista e ovviamente criticato e giudicato pure scandaloso.
La donna, che posa in tre quarti, seduta su una poltrona rivestita da un tessuto blu, ha un atteggiamento tipico delle dame di società e guarda sicura e decisa verso l'osservatore, uno sguardo attivo che si capisce non ha nessuna remora di abbassare la visione (cosa che avrebbe dovuto essere per una donna nera sottomessa). Indossa una sontuosa stoffa bianca stretta in vita da una cintura rossa, come andava di moda tra le signore del tempo. I colori denotano chiaramente il richiamo alla nota bandiera francese. Un dipinto assolutamente sensuale che porta a ricordi di un rinascimentale Raffaello con la sua “Fornarina”.
Lo scandalo comunque non turbò assolutamente la sua notorietà, anzi divenne poi la ritrattista personale della famiglia di Napoleone. Nominata in seguito pittrice ufficiale dell'impero e ottenuta dal governo una cospicua pensione e una medaglia d'oro, la Benoist aprì pure un atelier per sole donne.
Per ultima, riferendomi alla mia esposizione non certo per valore e per classifica, sempre nel pieno dell'ottocento, è da menzionare una fedele al movimento realista, singolare, femminista , Rosa Bonheur. Dedita soprattutto a rappresentazioni di animali ottenne la sua fama internazionale, fu la prima a raggiungere pure gli Stati Uniti, con “La fiera dei cavalli”. Prima donna francese ad avere il titolo di cavaliere della Légion d'honneur , fu una stimata e amata pittrice dell'allora bistrattato realismo, quello maschile, quello dei primi Millet e Courber.
Donna di temperamento e dal carattere forte e decisionale, sfidò tutte le convenzioni e il perbenismo , omosessuale dichiarata ebbe una compagna con la quale visse fino alla sua morte, per poi legarsi a un'altra (pure lei pittrice) che divenne sua erede. Forse per il fatto che fosse donna la sua “caratteristica” non destò poi tanto clamore e comunque non nascose mai la sua inclinazione, basti pensare che parlava al maschile, aveva sempre capelli corti, fumava sigari Avana e chiedendo e ottenendo ogni 6 mesi autorizzazione specifica, indossava i pantaloni che all'epoca per una donna era un reato gravissimo, naturalmente la postilla sulla richiesta era per “motivi di salute”.
Femminista, credeva nelle donne sostenendo l'indipendenza assoluta e affermando: “ Del resto sono convinta che a noi appartenga l'avvenire.”.
Roberto Busembai (errebi)
Immagini web: Antonia Doni - Vestizione di una monaca / Sofonisba Anguissola - Fanciullo morso da un gambero / Lavinia Fontana – Assunzione della Vergine / Fede Galizia – Giuditta con la testa di Oloferne / Elisabeth Louise Vigee Le Brun – Maria Antonietta con la rosa / Benoist Marie Guillemine - Portrait d'une negresse / Rosa Bonheur - La fiera dei cavalli