E siamo come a Pasqua, ancora contati a tavola come fossimo dei numeri da estrarre, ancora con le dovute distanze altrimenti ci facciamo del male, ancora come a Pasqua i soliti parenti stretti ( attenti alla parola, la definizione esatta senza incorrere in problemi è “prossimi”) e chi ha la “fortuna” di non avere nessuno, accanto e vicino, si mette a tavola come allora con il suo piatto e sottopiatto pure e si scalda un poco di brodino, e se proprio vuole farla passare come giornata speciale che dovrebbe essere, ovvero un consommè.
Ma io non mi dolgo per quello che è e quello che è stato, il Natale è quello che porto dentro e spero di saperlo donare, i figli hanno le loro donne, le famiglie sono moltiplicate e alcune, me compreso, sono dimezzate, anzi evaporate, ma non mi dolgo di questo poco inimmaginabile momento diverso, mi metto a tavola lo stesso e sono certo che farò un bel pranzo....anzi mi dirò spesso e sovente, beato me che me lo posso permettere!
Ma tra un discorso, un bicchier di vino come antipasto eccomi qua che sto per chiudere occhio, seduto sul divano e aspetto che venga il mezzogiorno per preparare il tavolo con tovaglia in decoro, piatti sopra e sotto contornati d'oro e una candela in mezzo per ricordare la vita che non ha bisogno di ricordarsi di esistere, a lei basta un respiro, e quando quel piccolo respiro manca.....beh non serve tanto a dire che forse era stanca.
Quand'ecco che suonano alla porta, sorpreso guardo l'orologio e mi spavento sono le 12 spaccate e suona pure il campanone del paese nel contempo, corro ad aprire sperando che chi sia se ne ritorni presto da dove viene, che io ho ancora da fare da mangiare e pure apparecchiare come avrei voluto.
Apro e vi giuro non era nessuno, ovvero sul pianerottolo al quinto piano dove ho l'appartamento non c'era assolutamente vita umana che mi aspettasse, allora mi sovvengo e corro al citofono che sicuramente qualcuno da basso, al cancello è in attesa che io apro.
Guardo scrupolosamente ma nessuno è fotografato in quel momento, poi mi dico che la vecchia maniera è quella più sicura, mi affaccio alla finestra e guardo sotto......nessuno pure in strada e nessuno che mi stia cercando. Me lo sono sognato mi dico tosto e mi avvio al bagno.
Sto iniziando a farmi un poco di pasta col ragù, un ragù che avevo congelato per i momenti in cui sapevo non avrei avuto voglia di stare al fornello, e quel momento è capitato, prendo la pentola per riempirla d'acqua e porla sul fornello a bollire che ecco, e stavolta sono sveglio, risuonano anzi suonano e bussano alla porta. Arrivo in lampo, quasi fossi un velocista prossimo all'arrivo, apro già con il sorriso in bocca, come saluto, fa parte del mio carattere solare, pure mi arrivasse un telegramma funesto, il primo impatto mio sarebbe quel sorriso che forse in quel momento sarebbe pure scemo. Apro e......voi non ci crederete ancora niente, nessuno, niuno, vuoto completamente e io avevo pure sentito un rumore di bussato. Non vorrei che i figli del geometra che abita di sopra, non si divertissero alle mie spalle, in fondo anche loro in questo obbligato giorno casalingo, qualche cosa debbono pur fare.....si, però, un piccolo richiamo del loro padre non guasterebbe.
Chiudo accertandomi ancora che nessuno fosse in giro, magari rimasto indietro sulle scale pensando che non avessi risposto, ma mi devo sottomettere al destino, fuori dalla porta non c'è e non ci sarà nessuno.
Ho gettato la pasta, a me piacciono le tagliatelle, sapete quanti Natali ho fatto con quelle, mia madre era fissata con le lasagne e non c'era Natale che non le facesse, e i parenti tutti, gli zii e i nonni e pure i conoscenti erano ben lieti di quella portata che sempre l'applaudivano quando lei portava le teglie ben calde, uscite allora dal forno, e le posava fumanti sulla tovaglia con mio padre che si premuniva di porre svelto un sottopiatto, da non sciupare con il calore il tavolo “buono” del salotto.
E per me, da mamma cara e buona, perchè le mamme, almeno quelle di una volta, non potevano dire no al proprio figlio, era sempre pronto un piatto caldo e fumante di tagliatelle al sugo con pure il parmigiano, solo per quel giorno, grattugiato sopra.
Son quasi pronte, nel frattempo mi appresto ad apparecchiare, che per me è un gesto sacro, amo la tavola, anche se sono solo, apparecchiata come si dice “a dovere”. Metto il piattino dell'antipasto, anche se non esiste, ma potrebbe servire per una frutta, un dolce o quello che mi pare, il piatto fondo e il sotto piano, naturalmente dello stesso colore e dello stesso servito, gradito con un decoro e pure colorato, posate, sono puntiglioso voglio due forchette due coltelli e un cucchiaino, sempre per il solito dolce o per un caffè, due bicchieri uno grande per l'acqua, preferibilmente gassata, e il piccolo per il vino, preferibilmente rosso, e se, come oggi che è nominata festa, pure il calice per uno spumantino.
Per la terza volta ho sentito bussare e suonare, ma questa volta non mi appresto assolutamente ad aprire, qualcuno mi ha preso di mira oggi e sono così il suo divertimento, si stancheranno se vedono che non mi appresto ad aprire o a cercare di sapere chi sia che mi cerca, io impassibile mi siedo al tavolo, ho quasi pronta la pasta e ….......la tavola è imbandita e ben addobbata per ben 10 persone, ci sono piatti e bicchieri a non finire, rimango sbalordito e non capisco, come se da un momento all'altro una bacchetta magica avesse cambiato il tutto, strofino gli occhi per sapere se sono desto, mi guardo intorno e come in un baleno si formano figure al tavolo imbandito, siedono improvvisamente al mio cospetto tutti i parenti e zii e pure i nonni e io sono come pietrificato, sorridono tutti, anzi si complimentano a piena voce del tavolo apparecchiato e della cura con cui lo avrei fatto, e ancora non riesco a parlare, quando dalla cucina sento una voce e non riesco a contenermi dal piangere e sorridere contemporaneamente:
“ Eccomi, le lasagne son pronte, per te Francesco ho fatto le tagliatelle”.....era mia madre con le teglie.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web
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