lunedì 30 dicembre 2019

BUON ANNO

Dalla pagina FB " Arte in cornice"


Siamo alla fine di un anno e proprio nell'inizio di questo anno che se ne va ho aperto questa pagina di cui non credevo così tanta partecipazione e seguito, è stato un anno intenso in cui abbiamo rivisitato alcune delle opere pittoriche esistenti nel nostro mondo, alcune famose altre forse meno, ma tutte di interesse culturale non indifferente. E di tutte voi siete stati partecipi e avete apprezzato i miei umili resoconti non propriamente da tecnico e studioso del genere, ma amante e devoto conoscitore dell'arte in generale, sempre pronto a cogliere del nuovo e sempre pronto a studiare per potere ancora di più condividere e far conoscere a tutti.
Per rendere omaggio alla pittura in generale e ai loro grandiosi artisti vorrei chiudere questo anno con un piccolo cenno ad alcune opere d'arte che per svariati motivi, vuoi per guerre, per furto, per danneggiamento e altre, non si potranno mai più ammirare, parlare di queste opere è come dare un addio per sempre al vecchio anno nella speranza che il nuovo apporti migliorie in ogni campo e in ogni persona, e che pure la cultura artistica abbia il suo dovuto riconoscimento. Un augurio a tutti voi che mi avete seguito e mi seguirete ancora per il nuovo anno, che vorrei fosse molto più ampio e interessante lo studio e l'analisi delle opere esistenti.
"VEDUTA DI AUVERS - SUR - OISE" di Cezanne
Era il 1 gennaio del nuovo millennio e con una rocambolesca e avventuristica prova d'audacia, da ricordare alcuni film d'azione, fu usata per rubare al museo d'arte dell'Università di Oxford in Inghilterra, un ladro si calò da un lucernario dopo averne frantumato le vetrate, atterrò nel museo e azionando una macchina di fumo riuscì a bloccare le telecamere. L'opera maggiore trafugata fu "Veduta di Auvers-sur-Oise" di Cezanne, da lui dipinta ai primordi della sua carriera, circa il 1882. Il valore stimato è di circa 5 milioni di dollari. Tela e ladro sono completamente spariti.


"IL CONCERTO" di Johannes Vermeer
Nel marzo del 1990 tre uomini mascherati da poliziotti riescono a introdursi nel Museo Isabella Stewart Gardner a Boston, e indisturbati prelevano una serie di tele, comprese dei Rembrandt, Manet e disegni di Degas e anche la preziosissima tela del "Il Concerto" di Vermeer la cui stima si aggira intorno ai 200 milioni di dollari. Nonostante le costanti ricerche e l'implicazione di quasi tutte le forse dell'ordine sul territorio belga e oltre, a oggi quest'opera non si è ritrovata e nemmeno si sono trovati i colpevoli del grandioso furto.


"NATIVITA' CON SAN FRANCESCO E SAN LORENZO " di Michelangelo Merisi detto Caravaggio
Stavolta a dover soccombere al furto è un'opera nazionale di un illustre e amato artista Italiano. Era il 1969 e sopra l'altare di una bellissima chiesa barocca, l'Oratorio di San Lorenzo, a Palermo, la tela che da oltre 350 anni risiedeva in loco, è scomparsa, così come può scomparire improvvisamente un cero o una candela. Ma il saccheggio che poi subì l'Oratorio, da cui sparirono pure pezzi di estremo valore, pare fosse di carattere mafioso e più in la non si andò. E questa meraviglia non c' è più e non ci sarà nemmeno la speranza di poterla rivedere.


"RITRATTO DI UN GIOVANE" di Raffaello
L'anno 2020 sarà l'anno dedicato a questo esimio maestro d'arte, già sono iniziate rassegne e esposizioni e altre e tante ne sorgeranno nell'intero anno, ma nessuna potrà mai avere da esporre "Ritratto di un giovane" che si presume fosse proprio un autoritratto del giovane Raffaello. L'opera risalente circa al 1514 fu venduta nel 1789 a un principe polacco che la portò in Cracovia, ma nel 1939 l'invasione nazista in Polonia, che fece, come del resto da noi in Italia, man bassa delle opere d'arte, riuscì ad accaparrarsi questa tela che, pare, un erede del principe aveva ben nascosta per proteggerla.
Il quadro divenne proprietà della collezione del nazista Hans Frank, ma quando costui fu arrestato nel 1945 per crimini di guerra, il dipinto non fu trovato e da quel tempo non se ne seppe più nulla. Valore stimato circa 100 milioni di dollari.


"SERIE TRABEAZIONE" di Roy Lichtenstein
Negli anni '70, gli anni delle rivoluzioni, delle nuove aperture filosofiche, sociali e pure artistiche, nasce appunto l'arte pop e tra questi Roy Lichtenstein, già famoso fumettista, che volle cimentarsi nella pittura, una pittura particolare ispirata ai cornicioni, alle modanature che si trovano sopra i colonnati. L'idea bizzarra forse ma geniale fu nel riproporre in chiave moderna e naturalmente pop, disegni di sagome, cornici greco-romani. La maggior parte delle sue opere, appunto un grande quantitativo delle tele della "Serie Trabeazione" andarono in cenere nel fatidico anno 11 settembre 2001, perchè erano esposte nelle Torri Gemelle.


Queste sono solo una piccolissima parte di quelle opere che mancano e non ci saranno più.
Roberto Busembai (errebi)
Immagini web: Veduta di Auvers-sur-Oise - Paul Cezanne
Il Concerto - Johannes Vermeer
Natività con San Francesco e San Lorenzo - Caravaggio
Ritratto di un giovane - Raffaello
Serie Trabeazione - Roy Lichtenstein

BUON FINE E PRINCIPIO DI ANNO AMICI

Anche questo altro anno se ne sta per andare, e come sempre un altro deve arrivare.
Certo detto così, la vita parrebbe un susseguirsi di anni e di stagioni, come se fosse davvero un calendario o un orologio che non trovano altro, che scandire un numero o un'ora, e noi nel mezzo che stiamo a guardare, perchè altro non possiamo fare. A questo punto potrei davvero dire Buon anno e festa finita!
Ma certo gli anni si susseguono ma in ognuno di essi ci sono tutte le nostre passioni, i nostri piaceri e le nostre discussioni, i nostri dolori che non mancano mai, ma pure i nostri momenti belli, i nostri affetti e i nostri amori, ma ci stanno pure i nostri nemici e gli invidiosi, i gelosi e gli impicciosi, e ci stanno anche tante altre cose, ma diciamocelo una volta per tutte, se non ci fossero tutti questi accadimenti, buoni o cattivi, belli o brutti, che vita sarebbe?
Lasciamo che scorrano questi anonimi anni, un numero sulla data e un numero sul calendario, oggi va ancora di moda ( e per poco) il numero 2019 e tra pochi giorni sfavillerà il numero 2020, ma io ho ancora addosso tanti altri numeri, ad esempio il 1955, che purtroppo ho conosciuto per la seconda metà, era di maggio quando mi sono preoccupato di venire a questo mondo, poi ricordo il numero 1968, ma non per quello che è successo, ma soltanto perchè tra tutte quelle innovazioni, rivoluzioni, lotte femminili, parità di tutto, c'ero anche io e che spasso ora poterlo ricordare, un numero importante il 1976 , beh signori miei sono arrivato al fatidico Diploma e quasi partito per il militare....dico quasi perchè già con la valigia pronta e le raccomandazioni di mia madre, sono rimasto a casa per “esubero” così veniva scritto sul congedo....erano troppi nelle caserme quelli della classe 55! Mi sono sempre chiesto se non ho perso un'opportunità?
E ci sarebbero altri numeri, ma quelli amici miei sono piuttosto personali, non posso dirvi che ricordo ancora quello quando ho avuto la prima “cottarella”, ma insieme ricordo anche il primo schiaffo dato da una ragazza assai carina, che ci avevo provato! E poi questo lo devo nominare il 1978 quando la perdita di un caro amico, coetaneo, su una strada per il mare in un giorno di agosto, me lo sono portato sempre nel cuore e ho capito da quel momento cosa significa davvero vivere per non morire.
E da quel momento è iniziata la vita veramente, un susseguirsi di date e di giorni, di attimi e di ore, di solitudini e di compagnie, di spensieratezze e di problemi, momenti felici e immensi al nascere dei miei figli, ma anche momenti atroci e indiscutibilmente indimenticabili quando i miei poco a poco mi hanno abbandonato.
Vogliamo allora prendere questo nuovo anno con tutte le possibili molle, e dirci che tanto non cambia assolutamente niente per il “tempo” lui proseguirà senza alcun freno e senza alcun rimorso o rimpianto e scorrerà come tutti gli altri, tra un foglio di calendario strappato mensilmente, o uno scorrere veloce di 24 ore in un orologio per scandire l'ore, i giorni e i mesi che verranno. Prendiamo quello che verrà con l'assoluto riserbo, perchè noi faremo sempre come se non fosse niente, oggi ci siamo, respiriamo e vediamo e ne siamo alquanto grati, perciò viviamo quello che oggi ci proponiamo e non facciamoci perdere mai niente, domani ( dicevano in un grande film degli anni trenta) domani è un altro giorno! E lo sarà davvero finchè avremo respiro sotto questo cielo.
Amici sono stato prolisso e noioso, ma abbiatene se non altro la pazienza, a me questi anni cominciano a pesare nel fisico e nella mente, e......non me ne frega niente, se vi va sono così altrimenti cercatevene un altro! AHAHAAH
Buon fine anno e soprattutto buon anno nuovo.....e tanta tanta salute, perchè come diceva il grande Manfredi, finchè c'è la salute!
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

giovedì 26 dicembre 2019

SPERO ANCORA NATALE

E' una foto sgranata, fatta velocemente, senza particolari accorgimenti e senza nessun uso di filtri o tecniche particolari, ma è il soggetto la sua immensa importanza. In questi giorni non si fa altro che parlare di Natale, di festività pagana e religiosa, di consumismo sfrenato e di volontariato a iosa, di perbenismo sfegatato e di critica al tradizionalismo per un "nuovismo" minimale e senza un alcun valore interiore. Ebbene io voglio, e assolutamente voglio, imprimere con questa foto del Bambino Gesù l'importanza che questa “icona” stessa ha avuto dentro la nostra società e costume prettamente Italiano, voglio ricordare quanto valore intrinseco è maturato dentro di noi con la precisa e voluta coscienza di una figura emblematica per una nostra, e sottolineo, nostra fede religiosa cristiana.
Certo indiscutibile e certo criticabile, una religione piena di assurdità, di dubbi, di incertezze, ma anche di verità, di valori essenziali, di conoscenza e di insegnamento. In questa nuova società fatta di multi-etnie, di mescolamenti razziali, di diversità negli usi, costumi e tradizioni, ma soprattutto di diverse e anzi quasi multi religioni, noi abbiamo dimenticato, bistrattato, consumato, logorato e allontanato, quel poco o tanto di valore religioso che ci apparteneva, e in questo disgregarsi ci siamo
dimenticati che la nostra religione cristiana, abbinando questo allontanamento a fattori terreni di critica verso la dottrina della chiesa, quando quest'ultima giustamente criticabile non è assolutamente facente parte assoluta della fede in se stessa. Noi abbiamo “venduto” anche il nostro comune e umile gesto del portare rispetto a un'entità ( che poi sia vero o non vero, che si attendibile o non attendibile è un discorso a parte) che per noi si è fatto uomo e ha sacrificato il suo esserlo per la nostra salvezza. Ora non sono qui per fare teologia, non sono qui per ulteriore insegnamento religioso che ognuno poi si attenga il suo sentire, e non voglio essere certo io, quasi miscredente, a portare la bandiera sopra la montagna, quello che voglio invece dibattere e affrontare a viso aperto e con assoluta lotta, è la salvezza delle nostre credenze, delle nostre tradizioni e del nostro modo di manifestare una religione diversa dalle altre. Il Natale è la nascita di una nuova vita, una vita che si è offerta, donata, e l'insegnamento che abbiamo da esso avuto è quello che noi umani, noi uomini, dobbiamo offrire, donare l'amore verso ogni nostro simile essere umano. E allora ritorno alla foto, e non guardiamo questo bambino come un essere inventato, un manga atterrato o un essere di un altro pianeta, guardiamolo dentro e difendiamo il nostro sentire di sempre e insegniamo a tutti coloro che lo annientano e alle altre religioni, che se si definiscono tali, devono per forza comprendere, che la fede unica e mondiale, la fede che raccoglie tutti anche se in diverso modo trattata, è quella del reciproco rispetto e dell'amore univoco. Io non tolgo il mio crocifisso e non baratto il mio Gesù bambino, nella stessa misura in cui io non ho parole di odio verso altre religioni e non brucio i loro sacri testi, ma pretendo e esigo lo stesso rispetto e spero che l'uomo sappia riconoscere quando si parla di fede e non di lotta al potere e amore e eccessiva fede camuffati verso il Dio soldo.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine ERREBI

lunedì 23 dicembre 2019

MOVIMENTO IN CAPANNA

Sono giorni di agitazione
per la festa in arrivo
anche San Giuseppe se n'è andato
di corsa al Supermercato,
la Madonna è agli stenti
ma lava i pavimenti,
il bue e l'asinello
si danno a sfiatare
per farlo asciugare,
l'agnello portato dal pastore
nascerà tra poche ore,
al parrucchiere ci son le pecorelle
agitate per farsi belle,
ogni pastore ha il suo daffare
per meglio sulla scena figurare,
i cani, i gatti e le galline
vogliono essere tra le prime statuine,
e pure nel cielo gli angeli belli
son tutti indaffarati a far tortelli.
Sono giorni di agitazione
e anche nella Capanna
c'è movimentazione,
ognuno deve prendere il suo posto
e deve essere pronto presto,
ad ogni costo.,
mentre la cometa non trova
ancora dove andare
e i re magi fa davvero arrabbiare.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Ruth Sanderson - Adoration Of The Shepherds

mercoledì 18 dicembre 2019

FIRENZE (a puntate....)




Parlare di Firenze è come svelare al mondo tutto l'amore che timido e geloso uno trattiene, è come gettare nel vento sensazioni e miracoli che ognuno si tiene per paura di perdere il tutto, parlare di Firenze, per me, è come donare un incanto prezioso che mi appartiene da sempre e aver la paura di non saperlo poi fare, di sciuparlo nel non saperlo offrire. Io amo Firenze non solo perchè sono toscano, anzi lucchese, e già solo per questo non la dovrei affatto lodare, da un passato ricordo di battaglie e rancori, di invidie e dolori che si sono attraversati tra i ducati, repubbliche e feudi tra loro nemici, io la amo per il suo fascino antico che ancora gli appartiene, quel silenzio che si riesce ancora a trovare nelle tarde serate d'inverno, ai bordi dell'Arno, quando il vento si posa sulle acque melmose dai troppi temporali passati, e le stelle che nel gelo del momento si specchiano per farsi notare, come le luci delle case e palazzi che contornano il lungo fiume rinascimentale. Io amo Firenze perchè mi appartiene nel cuore come fosse un gioiello prezioso, io sento il respirare di Leonardo tra le strette strade medievali che ancora sfociano sulle grandi piazze, io sento il rumore dello scalpello di un Michelangelo che cerca un prossimo blocco di marmo abbandonato per creare un altro miracolo, e immagino il Donatello con l'amico Pontormo a dibattersi ancora su una nuova scultura avendo del pittore l'ingegno e l'idea di un disegno, e come non sentire le urla dei fiorentini, alla caccia dei ribelli e degli assassini di un Medici perso nell'immenso Duomo, e vedo nella piazza della Signoria ancora il fumo che s'alza imponente al rogo di un Savonarola miscredente, e sempre penso che un giorno potrei anche incontrare il Vate passeggiare pensante, con il capo chino a leggere e cercare magari un nuovo impulso, su la Divina commedia che lo rende tanto famoso e di cui lui non ne sente poi il peso.
Parlare di Firenze è come attraversare i suoi ponti e voltarsi verso le sue dolci colline, vedere i giardini e ville seicentesche, altre più innovative che non disturbano affatto il tuffo nel presente, miscelato nel fasto del passato.
E allora parliamo pure di questa città, che dell'Italia tutta ne fa la culla dell'arte e del sapere, della lingua e del parlare, ma io stavolta vorrei camminare tra le sue strade meno conosciute, tra chiese che il turista poco visita e tanti neppure sanno che esistono, tra detti e proverbi che sono il seme della conoscenza locale e toscana, tra Canti intesi come crocevia di strade, tra ricordi di botteghe, intese come scuole di arti manuali e manufatti artigianali, potere di un ricco passare.

CHIESA DI SANT'AMBROGIO

Pare impossibile, in una città dove il suo santo protettore e dominante è per tutti San Giovanni, che invece un Sant'Ambrogio abbia avuto addirittura due chiese a lui dedicate. La prima meravigliosamente è quella che molti certo conoscono, quella che oggi è dedicata a San Lorenzo, l'altra, quella che ancora rimane, vicina al mercato ortofrutticolo, è di origini molto antica che si dice fosse stata eretta in una zona dove il Santo tedesco venne ospitato per alcuni giorni che era in visita alla città, e in memoria di questo è visibile un tabernacolo di terracotta di Giovanni Della Robbia che sito su un lato della piazza raffigura proprio il santo che benedice i passanti.
A fianco pare sorgesse pure un convento di suore, monache benedettine, una cosa non insolita in quanto il Santo si prodigò molto nella religiosità femminile, ma questo convento poi venne trasformato in quanto nel lontano 1808 l'ordine religioso venne soppresso, al suo posto trova sede il complesso della Pia Casa di Rifugio di Sant'Ambrogio.
Su disegno dell'allora famoso architetto, Giovan Battista Foggini, la chiesa subì un forte restauro, che ne è poi l'attuale risultato. E' una piccola chiesa ad una sola navata con annesse ai lati cinque cappelle e in alcune di queste possiamo ammirare dei bellissimi affreschi di Niccolò Gerini (La deposizione) e della scuola di Andrea Orcagna (Madonna del latte in trono).
Alla chiesa appartenevano molte e notevoli opere d'arte, ora presenti al museo degli Uffizi, come ad esempio due magnifiche pale, una Sant'Anna Metterza di Masaccio e Masolino e l'altra l'Incoronazione della Vergine di Filippino Lippi.
Alla destra dell'altare maggiore, nella cappella attigua, sull'altare, sovrasta la pala attribuita a Lorenzo di Bicci della Madonna con bambino e santi, un'opera del trecento a mio parere encomiabile.


Ma la cappella più famosa e importante è quella cosiddetta “del Miracolo” a sinistra dell'altare maggiore.
Nel lontano 1230, alla fine di dicembre, il vecchio parroco Uguccione, trovò alcune gocce di sangue raggrumato sul calice con il quale il giorno prima aveva celebrato messa e che forse non aveva ripulito bene. Questo sangue fu subito raccolto in un'ampolla e si ebbe a informare il vescovo e tutto il clero della città. Il miracolo riconosciuto dalla curia tutta ebbe un clamore non soltanto cittadino ma si sparse in tutta Italia e alimentò così la devozione al mistero eucaristico. Tutt'oggi è ben visibile contenuto in un'ampolla dentro un tabernacolo in marmo scolpito da Mino da Fiesole, mentre sul soffitto si può ammirare il bellissimo dipinto della volta di Cosimo Rosselli.
In questo stesso tabernacolo vi è anche un reliquiario in argento che custodisce una specie di ciambellina, un altro miracolo che avvenne in un venerdì Santo del 1595, quando la chiesa subì un notevole incendio che distrusse lo stipo dove erano contenute l'ostie consacrate, queste miracolosamente rimasero intatte e insieme all'acqua che servì per spegnere le fiamme, si trasformarono in questa specie di ciambella che ancora è rimasta intatta.


Da menzionare la notevole statua lignea del Leonardo del Tasso raffigurante il San Sebastiano, tra il secondo e il terzo altare di sinistra 


e naturalmente altre opere come le pale sull'altare di Cosimo Rosselli (Gesù crocifisso tra i Santi Girolamo, Giovan Battista, Cosma e Damiano) e di Andrea Boscoli (Visitazione).
Una visita a questa chiesa penso ne valga la pena.

Roberto Busembai (errebi)

Immagini web e panorama della città foto ERREBI

martedì 17 dicembre 2019

ANDREA NON CONOSCE IL NATALE

Sulla strada il rumore era assordante, auto, camion e motori sembrava fossero in combutta per fare più rumore possibile e ci mettevano tutta la loro potenza a sfrecciare nel quartiere cittadino, ignari dei pedoni e degli avventati ciclisti, e lui era appunto uno dei tanti pedoni, anzi un piccolo pedone di circa otto anni.
Si chiamava Andrea, un nome come un altro, ma per lui era il più bel nome che gli avessero potuto offrire, adorava sentirsi chiamare, il suono di quelle poche parole scandite in un sol fiato, erano la gaiezza del suo cuore, ne andava fiero e era pure contento di non avere neppure la possibilità di un diminutivo, Andrea non poteva essere Andreino o soltanto Andri.......
Andrea viveva con il padre, uno eterno sfaticato che andava avanti con il sussidio della povera e inferma madre, divenuta ormai vegetale, ma che egli accudiva alla meglio, l'importante era riscuotere la sua misera pensione da cui sfamarsi e sfamare anche quel moccioso di suo figlio, figlio di sua moglie che aveva avuto la bellissima idea di uscire di casa un giorno e che non aveva fatto più ritorno. Andrea viveva con questo padre e a lui erano addossate quasi tutte le incombenza casalinghe, tipo lavare i pavimenti, spolverare, soprattutto ripulire la zona televisore dove al mattino cicche, cenere e un vasto quantitativo di bottiglie di birra vuote, facevano da decoro, un gramo bottino delle passate nottate di suo padre sempre impegnato a guardare, sparapazzato sul divano, le innumerevoli e variegate indagini poliziesche.
E poi l'unica uscita che gli era permessa, quella di correre dal droghiere e prendere quello che suo padre aveva, telefonicamente, ordinato e rientrare immediatamente perchè gli era stata inculcata l'assurda e esagerata paura della gente. Andrea aveva paura di tutti e mai osava avvicinarsi a un qualcuno che incontrava per strada, suo padre gli aveva sempre imprecato contro che fuori il mondo è un inferno e la gente soprattutto sono il diavolo in persona, ognuno pensa a se stesso e se vede un bambino ne approfitta e se lo porta via.
Sulla strada il rumore era assordante, Andrea spesso camminava con le mani a otturare le orecchie e giungeva dal droghiere affannato e quasi senza respiro, tanto aveva corso. Quella mattina però non si era dato tanto a camminare perchè fuori era nevicato, e a lui che la neve gli piaceva tanto, si divertiva a lasciare impronte nel manto bianco adagiato ricolmo sull'asfalto.
Era la vigilia di Natale, ogni negozio, ogni strada e ogni luogo aveva un luccicare di luci intermittenti, di brillantini e palle variopinte, alberi più o meno grandi invadevano le stanze di ogni negozio, e Andrea si divertiva ugualmente con la neve perchè lui il Natale non sapeva cosa fosse.
La madre lo aveva abbandonato che aveva poco più di due anni e già allora la nonna paterna era inferma e incosciente, il padre impose il suo dominio e Andrea da allora non seppe neppure cosa significa giocare, il suo unico divertimento era salire e scendere le scale di quel condominio dove viveva al quarto piano, quando gli era consentito scenderle e salirle. Non era mai andato ad un asilo e tanto meno alla scuola, il padre asseriva che l'esperienza di vita, solo quella insegna, e che andare a scuola costa denaro e soprattutto tempo, tempo che lui riteneva assolutamente perso. Non sapeva giocare Andrea e quando veniva l'inverno non sapeva nemmeno cosa fosse il Natale, la televisione non doveva guardarla altrimenti sarebbero state botte sicure, il padre diceva che si vedevano cose che ai bambini avrebbero fatto molto male, e lui non se la prendeva poi tanto, a lui quello scatolone ingombrante che emanava luce gli era sempre parso un oggetto insulso e pericoloso.
Era la vigilia di Natale e la nonna improvvisamente ebbe un forte peggioramento, al punto che suo padre dovette intervenire chiamando soccorsi. Fu trasportata urgentemente all'ospedale e suo padre costretto a starle vicino se non altro per accertarsi che non le facessero del male e non la facessero morire, era un bene troppo grande da poterlo perdere improvvisamente. Andrea rimase solo nell'appartamento con il televisore acceso, la cena, sulla tavola, che si freddava e un bisogno grosso di piangere per la solitudine.
Bussarono alla porta, Andrea dal dentro non sapendo cosa fare, chiese a voce alta chi poteva essere e gli fu risposto che era Marcellino, il bambino che abitava di fronte al suo appartamento, nello stesso pianerottolo.
Non lo aveva mai visto questo Marcellino e non voleva assolutamente vederlo:
Cosa vuoi? Vattene!
Mi manda tuo padre, non puoi stare solo, vieni da noi questa notte.
La paura di aprire quella porta era alle stelle, ma l'incubo della solitudine era ancor più grande, per cui si decise ad aprire.
Marcellino era un ragazzino della stessa sua età, occhi svegli e birichini, che appena ebbe aperto gli saltò al collo e lo abbracciò forte forte, ma Andrea ristette a quelle effusioni, e seriamente seguì il suo coetaneo che lo introdusse nell'appartamento attiguo dove i suoi genitori lo stavano aspettando.
Erano tutti felici della sua presenza e lo invasero di una miriade di domande e di altrettante raccomandazioni e incoraggiamenti, poi in ultimo il padre di Marcellino chetò tutti e disse:
Tra poco nascerà Gesù e allora si che faremo festa, intanto prepariamoci ad accoglierlo con umiltà e con il proposito di essere buoni e amorevoli.
Andrea era come spaesato, qui accadevano cose inconsuete, cosa era quell'albero cresciuto in mezzo al salone con tutte le luci addosso e tante palle colorate? Cosa erano quei pupazzi bianchi che sedevano su divani e suppellettili di comodini? E soprattutto chi era questo Gesù.
Il giorno di Natale, suo padre era ritornato a casa, la nonna purtroppo non ce l'aveva fatta, ma una cosa era riuscito a capire nell'attendere invano le notizie di salute della madre, che nella vita c'è sempre un momento in cui tutto dipende da te e se non sei abituato a sapere come gira il mondo e come ci si comporta, ne rimani fuori e sei disadattato.
Era il giorno di Natale e suo padre che aveva da poco pianto con tutto il cuore la morte di sua madre, aveva portato un dono ad Andrea, un piccolo babbo natale a carica che suonava una piccola campana dorata.
Sulla strada il rumore era assordante, auto, camion e motori sembrava fossero in combutta per fare più rumore possibile, il dottor Andrea aveva furia di arrivare a casa, era la vigilia di Natale e doveva portare un regalo a suo figlio minore, un piccolo babbo natale a carica che suonava una piccola campana dorata, perchè domani sarebbe stato Natale e il suo cuore ricordava ancora suo padre.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Lisi Martin

venerdì 13 dicembre 2019

FILASTROCCA DI SANTA LUCIA

Mi sono alzato
forse troppo presto
perchè fuori è ancora
notte pesto,
eppure guardo la sveglia
e sono già le nove
e sono quelle di mattina
e ho sentito la gallina,
allora preso dallo spavento
guardo il calendario
e mi sovvengo,
oggi è Santa Lucia
il giorno più corto che
ci sia.
Il giorno dura poco
e la notte avanza
senza aver quasi lasciato
questa stanza,
la luna non si vede
e il sole nemmeno
sono tutte e due coperti
da un nuvolone nero,
Santa Lucia tu che hai
la potenza di curare
i nostri occhi
fa che questo giorno
non sia poi tanto scuro
e che si intravveda un momento
d'azzurro in questo cielo,
vieni a ristorarci con
il tuo asinello
e fa che venga
un poco bello,
poi tanto lo sappiamo
che siamo in inverno,
inverno quello vero,
ma ci scaldiamo contenti
anche a un tuo pensiero.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

mercoledì 11 dicembre 2019

IL LIBRO CHE NON HO ANCORA LETTO

Si naviga spesso tra file e tra siti, tra finestre virtuali e pagine aperte in un video di luce e colori, e si cerca e si spera anche di trovare, magari un accenno, un sorriso, una dolce risata nel cuore, un ennesimo nostro uguale, che gira in questo mondo di cose irreali, vaghe ma presenti e cerca, cerca come cercasse un tesoro con una mappa davanti che ne indica il luogo e noi lo stiamo a trovare.
E in questo mischiare le carte, anche se in maniera fantastica e non certo reale, cerchiamo pure qualche cosa da leggere, da poterci rilassare, ci sono persone e ormai direi quasi milioni, che hanno lasciato sui banchi e sugli scaffali il libro fatto di carta stampata e di lucide o opache copertine, e leggono su questo “infernale” mezzo di comunicazione, con la stessa tenacia e forse, spero, con lo stesso desiderio di leggere per conoscere e apprendere, e navigano, il termine è quello appropriato, come velieri in un mare in tempesta, si lasciano trasportare da onde giganti fatte di libri nascenti, di pagine volanti di tutto un immenso di mondo che ancora tende a posare lettere e frasi in un immenso che io ancora chiamo soprattutto e solamente “ virtuale”.
E allora io oggi mi immagino con questa potenza del tutto e del niente, di poter parlare di un libro che ancora devo leggere, si un libro che ancora non ho ne comprato, perchè io ancora sono un vecchio abituato ad avere tra le mani la carta stampata, sentirne il calore, il profumo e l'evanescente richiamo che nasce dal peso e dalla confezione, ne visto su questi siti vaganti, su archivi naviganti. Immagino di entrare nella testa di un qualunque scrittore, una normale persona che con cura e devozione riesce a elaborare senza tante minuziose parole, una storia comune, un storia anche d'amore, una storia di vita di trascorso normale e in questa ci mette, talvolta ignaro di farlo anche tutto se stesso e non nasconde tra le righe dei fatti, il suo processo di vita,i suoi sottili o giganti problemi sociali, la fragilità umana che lo assale perchè magari essendo scrittore, artista, poeta, ha maggiore sensibilità nel capire e sentire le cose, e allora scrive di se parlando di questo o di quello, di una donna che si ribella al suo stato sociale, che urla contro la violenza anche subdola di un uomo che non la vuole lasciare, di un uomo che si sente abbattuto per un lavoro che non riesce a trovare, per una vita vissuta ai margini perchè diverso magari non ha saputo trovare, un uomo che lotta per la sua integrazione, per la sua sola emarginazione dovuta a una "innocua" scelta sessuale o perchè nato in un altro nobile paese terreno che in un altro “uguale" non lo vuole accettare. E' un libro fatto di scene e di passioni, di lotte e di amori, perchè la vita è sempre quella e le storie inventate o vere che siano girano intorno a questi fantastici e spesso reali, momenti di gioia e dolore, di allegria e di pianto, e non ci possono essere intensi momenti esclusivi di vite fatte di pieni colori e di felicità immense come pure l'inverso di eterni dolori e continui momenti di pianti e disperazioni.
Si narra in questo libro di un luogo comune, che potrebbe essere una città conosciuta, un luogo di pace come un convento, o un deserto dove trovare rifugio nel vuoto e nel silenzio, un altissimo monte ricolmo di neve, un mare tranquillo di un verde speciale, una nave che porta lontano o un aereo che atterra in un posto straniero e lontano, può essere una casa qualunque, una famiglia composto da padre madre e due figli, ma spesso si tratta di solitudini vere, di famiglie disperse, di atroci dolori, amori lasciati, alcuni dovuti da un mero destino, altri dallo stesso volere dei personaggi. Può essere in un verde giardino, in un bosco autunnale, ai limiti di un ruscello o sopra un lago a navigare, può essere invece in una piccola stanza, dove da soli si torna spesso a pensare, dove il tutto l'intorno ci sopprime e ci arreca del male, o può essere invece su una spiaggia d'inverno da soli ad assaporare il sapore del sale che vola dal mare, e capire che la vita poi è bella anche per il solo farsi muovere i capelli dal vento impetuoso che sale.
E i personaggi potrebbero essere molti o pochi, alcuni o addirittura nessuno, perchè potrebbe essere un romanzo di solo pensiero, un saggio sul mondo o sull'animo intero, sul bisogno “banale” di poter dire le cose, o soltanto il pensare che naviga tra la mente di colui o colei che lo scrive, ma pensiamo lo anche tra le tante persone, un gruppo di amici che non si vuole disperdere, una storia d'amore tra due uomini o due donne, perchè anche questo se nel reale è difficile accettare, nel libro può liberamente accadere e non è assolutamente “anormale, o una comune ma grande e dolce storia tra una giovane coppia, tra due sposi novelli, tra due anziani che si tengono stretti in attesa, purtroppo, di doverci lasciare e avere la pena nel cuore di non sapere chi primo dei due dovrà enormemente soffrire la solitudine e il distacco. E ci saranno bambini, tanti bambini, perchè se deve essere un romanzo felice non possono mancare questi “angeli” terreni, queste nuove speranze che vorremmo divenissero il fulcro per un mondo migliore, bambini che corrono e giocano felici per le strade invece che in circoscritte mura di enormi metropoli di cemento ed acciaio, bambini che sognano e amano il prossimo come fosse una cosa “normale” e “ comune”, bambini che giocano e pensano e credono con tutto il loro piccolo ma immenso sapere, che un giorno possa ancora tornare un uomo vestito di rosso dalla lunga barba bianca che porta davvero nel sacco, un immenso regalo che comprenda davvero tutti , ma proprio tutti i bambini del mondo, un regalo che ha un nome “straniero” perchè difficile da pronunciare, un nome che ha solo quattro parole, PACE.
Ecco il libro che io ancora non ho letto si intitola PACE.
Roberto Busembai (errebi)
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giovedì 5 dicembre 2019

L'ALBERO E IL PRESEPE

L'evoluzione dell'uomo è sempre stata la sua prerogativa nei secoli passati e sempre inequivocabilmente sarà in quelli a venire, ed è pure giusto e importante che ciò abbia a manifestarsi, ma spesso in questo avanzare, che nell'ultimo secolo è stato davvero un “correre” di innovazioni, si perdono e si tramutano quei valori e quegli attaccamenti culturali e folkroristici, religiosi e tradizionali che fanno parte della nostra vita di sempre, si vanno a frantumare quelle entità interiori che hanno, magari, retto alle avversità dei tempi e sono state il fulcro del nostro proseguire “nonostante tutto”, quasi un sollievo alle intemperie dei fatti, alle guerre subite e fatte, a gli stenti della vita giornaliera, alla cruda sopravvivenza, e hanno anche contribuito che si creassero momenti di serenità, talvolta non nego quasi forzata, ma comunque un sottile momento di riflessione gioiosa e un sentirsi tutti impegnati per una uguale manifestazione umana e sociale, intima e pubblica insieme.
Oggi tante di queste “tradizioni” sono scomparse, alcune sono diventate monito per rappresentazioni a turisti di altre nazioni, altre sono state bistrattate, incomprese e fatte volutamente scomparire, altre, forse ancora forti, sono rimaste ben impiantate ma purtroppo “assorbite” dal un mero mondo commerciale, insomma tutto questo per nominare il “Natale”.
Io sono ancora attaccato a piccole tradizioni familiari, che difficilmente riesco a far comprendere a questa nuova società, e non è una critica, soltanto un amareggiato sentimento di non potere che si possa mantenere nel tempo questo sentire questa suddetta festività, al di la di uno sfrenato correre a caccia di regali, di cibarie esagerate, di insulse e cospicue illuminazioni con il solo scopo di abbonire un ipotetico cliente. Io ho del Natale ancora il caldo sentire di un momento di serena pace, di scambio d'auguri che spesso nasce proprio dal desiderio del cuore, ho ancora il bisogno di fare l'albero e il presepe perchè altrimenti non potrei riconoscere questa festività, una festività che è innanzitutto un esaltazione religiosa cristiana a cui “volenti o meno” apparteniamo, una radice che combattiamo e ci neghiamo a più non posso, per magari cercare altre fonti religiose, altri pensieri mistici che fanno moda, e non sto assolutamente parlando di altre rispettabili religioni che hanno la loro culturale fondatezza e considerazione al pari della “nostra” conosciuta fin da bambini.
E il pagano, il laico del Natale era proprio l'espressione di un Albero che ha tradizioni molto lontane e se vogliamo anche di natura diversa, e l'attimo religioso, il momento culminante del giusto senso Natalizio, invece, lo si raggiunge con l'imitare quello che secoli lontani un nostro “semplice umano” Santo Francesco, volle per primo lodare il giorno della nascita di Gesù.



Ebbene io continuo imperterrito a mantenere queste “vecchie “ tradizioni, ma al di la dell'esteriore cerco di mantenere anche quel calore e quel mistero interiore che ne nasceva e ne derivava.
Per adeguarmi giustamente alle esigenze e al relativo rispetto ambientale, no ho voluto contribuire allo scempio degli abeti, non ho voluto contribuire a un ulteriore ammasso di plastica e ho raccolto in una passeggiata tra i monti, due rami secchi abbattuti da un albero, sicuramente dalle intemperie e li ho addobbati con quello che mi porto dietro da anni con qualche aggiunta innovativa, ma soprattutto ho dedicato il mio tempo alla costruzione del presepe, con la passione, l'amore e la devozione pari al famoso “Luigi Cupiello” del grande Eduardo de Filippo, presepe incassato in un Televisore anni 50 con musiche sottofondo e fasi di luce del giorno e notte.....tutto in polistirolo riciclato, da me modellato, dipinto e assemblato, per la parte elettrica lode al mio compagno, Gabriele



Roberto Busembai (errebi)

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sabato 30 novembre 2019

PIERO DELLA FRANCESCA - FLAGELLAZIONE

Voglio entrare in questa città partendo da un'opera d'arte che in fondo la identifica, perchè non si può parlare di Urbino senza pensare al famosissimo suo Duca di Montefeltro che portò la cittadina a riconoscenze intellettuali e governative non indifferenti.......
Tutti o comunque tanti conosceranno la famosissima opera "Flagellazione" del grande pittore Piero della Francesca, che attualmente risiede nella Galleria Nazionale delle Marche a Urbino, ma forse non tutti ne sanno la vera interpretazione.
In questa bellissima e precisa opera pittorica,Piero della Francesca raffigurò sulla sinistra, in lontananza la flagellazione del Cristo , mentre nel gruppo in primo piano a destra, il giovane signore biondo nel mezzo ad altri due, altri non è che Oddantonio, il fratellastro del Duca Federico di Montefeltro ( che gli succedette poi nella conduzione della città), gli altri sono due importanti ministri Manfredo Pio e Tommaso d'Agnello, personaggi che erano stati mandati dal Malatesta di Rimini per aiutare l'Oddantonio nella conduzione degli affari di stato. Il dipinto fu infatti commissionato proprio dal Duca Federico e il Maestro Piero ha così suggerito una connessione tra il supplizio del Cristo, circondato dai suoi giustizieri e l'assassinio, che fu, di Oddantonio , che a causa della sua dissolutezza di vita e della sua maldestra governabilità, aveva acceso forti malumori e da questi nacque appunto una congiura nei suoi riguardi che arrivò all'omicidio. I due ritratti intorno a lui, si presume che fossero stati i cattivi consiglieri della conduzione e perciò i diretti artefici all'avvenuta e subentrata congiura. Si narra che il corpo di Oddantonio sia stato addirittura fatto a pezzi dal popolo di Urbino, questo per fargli ripagare una crudeltà a lui attribuita, quella di aver bruciato vivo un paggio per una piccola e insulsa mancanza.
Federico gli successe, nonostante le molte titubanze e con il preciso patto che rinunciasse a vendicare il fratellastro, e fu diversamente dal parente, un sagace e saggio amministratore.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Piero della Francesca - Flagellazione

sabato 23 novembre 2019

GIACOMO SERPOTTA MAESTRO DELLO STUCCO BAROCCO - PALERMO




Giacomo Serpotta nacque a Palermo nel lontano 1656 e nonostante qualcuno avesse avuto sentore di dire che aveva studiato a Roma , allora patria del Barocco michelangiolesco, berniniano e borrominiano , diversamente non uscì mai dalla sua terra natia, e si può davvero osare dire che fu un grande autodidatta che imparò dal padre Gaspare anch'egli stuccatore nel quartiere Kalsa di Palermo, e comunque non tutti i segreti del mestiere in quanto il padre morì quando Giacomo aveva ancora tredici anni , ma sicuramente dalle varie botteghe artigianali che al tempo invadevano la città seppe prendere il meglio. Avrà sicuramente osservato gli artigiani dal vivo che plasmavano calce e polvere di marmo, si sarà avvalso certamente dei suoi predecessori Antonio Ferrarto e Vincenzo Gagini, e pure dalla diffusione di incisioni di altri artisti che sbarcavano i loro lavori nella prosperosa Palermo. E da questi sicuramente avrà appreso il fascino e la delicatezza, la precisione e la meraviglia nel disegno, arte che lui seppe più di ogni altra cosa esercitare e che fu il suo fortunoso mezzo per creare e decorare, stuccare e fare scultura. Pare che uno dei suoi primi lavori commissionatogli, fu un enorme statua equestre in onore di Carlo II che doveva ergersi a Messina di cui rimane il bozzetto al Museo Nazionale di Trapani. 

Ma il popolo Palermitano seppe riconoscere in lui il grande artista tanto che le sue opere sono diffuse e ben custodite in varie parti e chiese della capitale siciliana. Voglio soffermarmi a una di queste, l'intero Oratorio di Santa Cita costruito appunto nel 1680. E' un'opera a dir poco monumentale da far naturalmente considerare il Maestro uno dei più grandi interpreti dello stucco barocco. Sulla parete in fondo all'Oratorio è rappresentata la Battaglia di Lepanto, mentre in altri lochi da considerarsi quasi come piccoli "teatrini" sono raffigurati i Misteri del Rosario, mentre le grandi finestre sono contornate da allegorie di statue, putti e ghirlande che assumono rilievo e meno a seconda della posizione della luce.
Palermo è invasa da queste opere di stucco barocco, sempre del Serpotta, cui vale la pena nominare l'Oratorio di San Lorenzo con rappresentato il suo martirio sulla grata, l'oratorio del Rosario di S. Domenico , in S.Francesco d'Assisi e per finire gli ultimi suoi lavori prima di morire in S. Agostino.
Roberto Busembai (errebi)
Immagini web: Particolari dell'Oratorio di Santa Cita e scultura del Maestro Giacomo Serpotta.

venerdì 22 novembre 2019

DALLAS 22 NOVEMBRE 1963 l'ASSASSINIO DEL PRESIDENTE AMERICANO J.F.KENNEDY


Ho soltanto flash emozionali , flash che un bambino di appena 8 anni può avere avuto in quei lontani anni 60, un bambino che appena si era avvicinato alla conoscenza della televisione e ne era rimasto incantato, un bambino che non conosceva altro che il suo nido familiare, anche se già sofferto e sudato, ma che non andava oltre che alcune fiabe e le prime nozioni scolastiche del saper scrivere e leggere. Ho soltanto questi due flash che mi colpirono nel cuore, un presidente di un grande stato che allegramente viaggiava nella sua auto presidenziale a spasso per le vie di un'altra importante città americana, una scena che mi colpì per l'allegria delle persone che accoglievano il suo sorriso e la sua benevola familiarità, un personaggio che doveva essere certamente molto importante e famoso e al tempo stesso molto amato e stimato o così a me sembrava e ne rimanevo incantato.
Giorni dopo un'altra immagine, quella di un bambino, un poco più piccolo di me che con un semplice e innocente gesto militare saluta la salma di quel padre tanto famoso a cui tutti sembrava volessero bene e che invece era stato ucciso proprio il giorno che io lo pensavo immensamente fortunato.
Non occorre che dia spiegazioni storiche, quello che mi è rimasto quel giorno è soltanto un ricordo d'amore e d'amore schiacciato, strappato, lacerato.....e questa sensazione non l'ho più persa quale sia poi stato il pensiero e la politica di quel presidente americano.....e ancora oggi io lo devo e voglio salutare con un semplice, innocente, saluto militare.
Roberto Busembai (errebi)
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giovedì 21 novembre 2019

PIAZZA PRETORIA (PIAZZA DELLA VERGOGNA) E DISCESA DEI GIUDICI A PALERMO

Sono tantissime le leggende che avvolgono questa fantastica città, alcune derivate magari da fatti realmente accaduti, altre sommariamente inventate, ma tutte hanno un fascino e un colore di vissuto umano e sociale che fa capire quanto il popolo nostro sia ben integrato nella storia che lo ha sempre preceduto. Detto ciò non posso certo annoverarvi tutte queste fantasticherie, ma ho scelto per voi queste due legate a luoghi esistenti e ancora appartenenti, bene o male, a queste “leggende popolari”, luoghi che ancora resistono ai tempi e lasciano un senso di vissuto e di vivo che impreziosiscono ancora di più il valore di questa Palermo.
Piazza Pretoria o meglio conosciuta Piazza della Vergogna.
Nel lontano 1554, un certo Don Luigi Toledo commissionò a Francesco Camilliani una gigantesca e spettacolare fontana che adornò così il suo giardino della villa tenutaria a Firenze. Morto il Toledo, il figlio si volle sbarazzare di questa monumentale costruzione mettendola all'asta e dove il Senato palermitano vinse. Potete immaginare quanto fu impresa non facile il trasporto di questo enorme ammasso di statue, enormi vasche marmoree, scalinate con parapetti ecc.....eppure il tutto fu ben imballato e smontato, che la storia narra siano stati circa 644 pezzi! Partirono per via mare e già ancora prima di arrivare era scelta la dimora, una piazza dove per installarla erano state pure abbattute delle case.
Ma la fontana, bella, grande e laboriosa non ebbe il suo fascino nel popolo, tutt'altro, bisogna pensare che si parla del 1600 e la gente non amava certo tutto quel libertinaggio di figure nude, di seni all'aria, di sinuose figure e di membri maschili che con ostentazione erano messi in bella vista. E nacquero così le ire, lo sdegno popolare, e con il passare del tempo maturavano anche dicerie e leggende su questo luogo che nessuno voleva più attraversare, e se costretti si teneva il volto riparato o la testa china per non vedere, alcune leggende parlano pure che le suore di un convento vicino abbiano addirittura danneggiato alcune statue per l'offesa di quella libera sfacciataggine e affronto delle nudità.
Poi i tempi sono cambiati, ora nessuno più si meraviglia o si scandalizza a un seno nudo o a un corpo maschile, tanto che la piazza è divenuta un centro turistico, perchè effettivamente il tutto è davvero un capolavoro artistico monumentale e scultoreo non indifferente! Ma la piazza ancora è conosciuta ….della Vergogna!
La Discesa dei Giudici
C'è in città una via che porta proprio questo nome e su questa dicitura sono state fatte molte supposizioni e inventate storie, una di queste che ho raccolto ve la propongo.
Ai tempi di Carlo V imperatore , a Palermo morì una grande dama che lasciò orfano un piccolo bambino in tenera età, dal dolore, anche il ricco e nobile padre perse la vita per una improvvisa e grave malattia, ma prima di andarsene tutelò il figlio ad un abate, lasciandolo fiduciario delle sue ricchezze . Il piccolo fu allora affidato ad una balia che però dopo un po di tempo non vide più l'abate e non ricevette nemmeno un soldo per il mantenimento del bambino, come aveva pattuito.
Il bambino fu cresciuto ugualmente e appena raggiunta la maggiore età andò a lavorare presso un fabbro che si affezionò al ragazzo di cui venne a sapere la sua particolare storia.
Fu così tanto colpito da quei fatti che volle andare dai giudici e chiedere giustizia per il suo garzone, ma i giudici erano stati ben pagati dall'abate, che emisero una sentenza sfavorevole per il querelante. Sempre più adirato, non si dette per vinto, e si recò persino in Spagna alla presenza del sovrano Carlo V.
L'imperatore decise di travestirsi e di rendersi conto da se, andando in Sicilia, di come veniva amministrata la giustizia nei suoi luoghi, e nel frattempo chiese anche al fabbro che si appellasse contro la sentenza.
Si arrivò così a un nuovo processo, dove in incognita, presenziava il sovrano, ma naturalmente anche stavolta l'esito fu sfavorevole, ma Carlo V allora non resistendo si alzò e pronunciò le testuali parole. “Si faccia veramente giustizia, una volta tanto!” I giudici fecero subito arrestare quel disturbatore, ma egli si fece subito riconoscere mostrando il Toson d'oro. L'abate fu imprigionato e finì i suoi giorni in prigione mentre i giudici furono tutti condannati a morte.
Legati a una coda di cavallo, furono così trascinati per quella suddetta via per essere poi scorticati vivi e bruciati in piazza della Marina.
Con la loro pelle, su ordine dell'imperatore, furono fatti i sedili per i nuovi giudici, così che questi avessero sempre presente il loro destino qualora si facessero corrompere.
Roberto Busembai (errebi)
Immagini web : Scorcio della Discesa dei Giudici e la fontana in Piazza Pretoria

DAMIANO DAMIANI - IL GIORNO DELLA CIVETTA


Quando due grandi opere si incontrano, non c'è che dire si parla di capolavoro, e lo diventano entrambi, anche se già da sole potrebbero ottenere questo appellativo. Parlo del film del grande regista Damiano Damiani ( sempre attento ai problemi sociali) “ Il giorno della civetta” e mi riferisco per altro al romanzo di Leonardo Sciascia da cui è tratto.
Un film interamente girato nella Sicilia di allora, compresa anche la stupenda Palermo (sarà il vicino paese Partinico), il perfetto scenario non solo fisico ma psicologico e morale, per l'esternare le basi di questa pellicola che poi si rifanno al libro stesso, la mafia e l'omertà, il messaggio di forte denuncia sul profondo radicamento mafioso della popolazione, un messaggio incisivo nel libro di Sciascia ma altrettanto voluto e al tempo stesso coraggioso, del regista.
Partendo da un omicidio di assoluto stampo mafioso di un imprenditore edile, il personaggio principale, interpretato da un esemplare Franco Nero, il capitano Bellodi di origine settentrionale, indaga nonostante l'omertà, le incresciose difficoltà, la pressione dell'ingranaggio mafioso che tende a far passare questo delitto per una questione di gelosia. Riuscirà a far arrestare il boss mafioso don Mariano, ma saranno sforzi vani perchè il sistema assolutamente malato, riuscirà a sopravvivere.
Una bellissima e bravissima Claudia Cardinale e Tano Cimarosa saranno poi premiati con un meritatissimo David di Donatello. Una bellissima e pulita regia, una pellicola da non dimenticare e ancora vivissima e attuale per poter essere vista.
Roberto Busembai (errebi)
Immagini web: Locandina del film e alcune scene

martedì 19 novembre 2019

LA CATTEDRALE DI PALERMO (della Santa Vergine Maria Assunta)




La Cattedrale di Palermo risale al 1170 circa quando l'Arcivescovo Offamilio volle competere con la costruzione del Duomo di Monreale, facendo così abbattere l'edificio precedente costruita circa nel 590. Da notare che dove ora sorge questa meraviglia, esisteva in epoca pre mussulmana una basilica cristiana, che comunque fu tradotta e convertita in moschea, ma proprio nel 1072 ritornò ad essere cristiana per merito dei Normanni.
E' un insieme di vari stili architettonici dovuti al protrarsi nel tempo per la costruzione, che comunque ne fanno un insieme sublime e di un assoluto fascino.
All'esterno dominano le quattro torri di tipo normanno agli angoli della costruzione e nella parte sud la cattedrale si collega tramite due arcate con il palazzo Arcivescovile, facendo così apparire il tutto come un castello di assoluto dominio temporale che invece di un ambiente spirituale. Mentre al lato destro un bellissimo portico si affaccia sulla vasta piazza.
All'interno sono ospitate in rispettive due cappelle le tombe dei re e degli imperatori che hanno comandato la città, tra cui da nominare e ricordare, la tomba di Federico II e Ruggero II, che sono anche avvolti da una leggenda in proposito, in quanto si dice che Ruggero II avesse ordinato i sepolcri per lui e la sua famiglia da depositare a Cefalù, però si narra anche che Federico II se ne appropriasse per se e la sua famiglia per deporle al duomo di Palermo.
Naturalmente non poteva mancare la cappella dedita alla protettrice della città, ovvero Santa Rosalia, situata lungo il lato destro del duomo, dove sono deposte le reliquie e un'urna d'argento.
Di notevole valore e importanza è la stanza del Tesoro dove sono raccolti i più antichi e preziosi oggetti sacri, come calici, ostensori ecc, e dove è collocata anche la tiara d'oro che pare sia appartenuta a Costanza d'Aragona, un'opera di alta oreficeria medievale.
Questa non è che una minima parte di quello che si può ammirare in questa bellissima Cattedrale, che dal 2015 fa parte del Patrimonio dell'Unesco insieme alle cattedrali di Cefalù e Monreale.
Roberto Busembai (errebi)
Immagini web