mercoledì 18 dicembre 2019

FIRENZE (a puntate....)




Parlare di Firenze è come svelare al mondo tutto l'amore che timido e geloso uno trattiene, è come gettare nel vento sensazioni e miracoli che ognuno si tiene per paura di perdere il tutto, parlare di Firenze, per me, è come donare un incanto prezioso che mi appartiene da sempre e aver la paura di non saperlo poi fare, di sciuparlo nel non saperlo offrire. Io amo Firenze non solo perchè sono toscano, anzi lucchese, e già solo per questo non la dovrei affatto lodare, da un passato ricordo di battaglie e rancori, di invidie e dolori che si sono attraversati tra i ducati, repubbliche e feudi tra loro nemici, io la amo per il suo fascino antico che ancora gli appartiene, quel silenzio che si riesce ancora a trovare nelle tarde serate d'inverno, ai bordi dell'Arno, quando il vento si posa sulle acque melmose dai troppi temporali passati, e le stelle che nel gelo del momento si specchiano per farsi notare, come le luci delle case e palazzi che contornano il lungo fiume rinascimentale. Io amo Firenze perchè mi appartiene nel cuore come fosse un gioiello prezioso, io sento il respirare di Leonardo tra le strette strade medievali che ancora sfociano sulle grandi piazze, io sento il rumore dello scalpello di un Michelangelo che cerca un prossimo blocco di marmo abbandonato per creare un altro miracolo, e immagino il Donatello con l'amico Pontormo a dibattersi ancora su una nuova scultura avendo del pittore l'ingegno e l'idea di un disegno, e come non sentire le urla dei fiorentini, alla caccia dei ribelli e degli assassini di un Medici perso nell'immenso Duomo, e vedo nella piazza della Signoria ancora il fumo che s'alza imponente al rogo di un Savonarola miscredente, e sempre penso che un giorno potrei anche incontrare il Vate passeggiare pensante, con il capo chino a leggere e cercare magari un nuovo impulso, su la Divina commedia che lo rende tanto famoso e di cui lui non ne sente poi il peso.
Parlare di Firenze è come attraversare i suoi ponti e voltarsi verso le sue dolci colline, vedere i giardini e ville seicentesche, altre più innovative che non disturbano affatto il tuffo nel presente, miscelato nel fasto del passato.
E allora parliamo pure di questa città, che dell'Italia tutta ne fa la culla dell'arte e del sapere, della lingua e del parlare, ma io stavolta vorrei camminare tra le sue strade meno conosciute, tra chiese che il turista poco visita e tanti neppure sanno che esistono, tra detti e proverbi che sono il seme della conoscenza locale e toscana, tra Canti intesi come crocevia di strade, tra ricordi di botteghe, intese come scuole di arti manuali e manufatti artigianali, potere di un ricco passare.

CHIESA DI SANT'AMBROGIO

Pare impossibile, in una città dove il suo santo protettore e dominante è per tutti San Giovanni, che invece un Sant'Ambrogio abbia avuto addirittura due chiese a lui dedicate. La prima meravigliosamente è quella che molti certo conoscono, quella che oggi è dedicata a San Lorenzo, l'altra, quella che ancora rimane, vicina al mercato ortofrutticolo, è di origini molto antica che si dice fosse stata eretta in una zona dove il Santo tedesco venne ospitato per alcuni giorni che era in visita alla città, e in memoria di questo è visibile un tabernacolo di terracotta di Giovanni Della Robbia che sito su un lato della piazza raffigura proprio il santo che benedice i passanti.
A fianco pare sorgesse pure un convento di suore, monache benedettine, una cosa non insolita in quanto il Santo si prodigò molto nella religiosità femminile, ma questo convento poi venne trasformato in quanto nel lontano 1808 l'ordine religioso venne soppresso, al suo posto trova sede il complesso della Pia Casa di Rifugio di Sant'Ambrogio.
Su disegno dell'allora famoso architetto, Giovan Battista Foggini, la chiesa subì un forte restauro, che ne è poi l'attuale risultato. E' una piccola chiesa ad una sola navata con annesse ai lati cinque cappelle e in alcune di queste possiamo ammirare dei bellissimi affreschi di Niccolò Gerini (La deposizione) e della scuola di Andrea Orcagna (Madonna del latte in trono).
Alla chiesa appartenevano molte e notevoli opere d'arte, ora presenti al museo degli Uffizi, come ad esempio due magnifiche pale, una Sant'Anna Metterza di Masaccio e Masolino e l'altra l'Incoronazione della Vergine di Filippino Lippi.
Alla destra dell'altare maggiore, nella cappella attigua, sull'altare, sovrasta la pala attribuita a Lorenzo di Bicci della Madonna con bambino e santi, un'opera del trecento a mio parere encomiabile.


Ma la cappella più famosa e importante è quella cosiddetta “del Miracolo” a sinistra dell'altare maggiore.
Nel lontano 1230, alla fine di dicembre, il vecchio parroco Uguccione, trovò alcune gocce di sangue raggrumato sul calice con il quale il giorno prima aveva celebrato messa e che forse non aveva ripulito bene. Questo sangue fu subito raccolto in un'ampolla e si ebbe a informare il vescovo e tutto il clero della città. Il miracolo riconosciuto dalla curia tutta ebbe un clamore non soltanto cittadino ma si sparse in tutta Italia e alimentò così la devozione al mistero eucaristico. Tutt'oggi è ben visibile contenuto in un'ampolla dentro un tabernacolo in marmo scolpito da Mino da Fiesole, mentre sul soffitto si può ammirare il bellissimo dipinto della volta di Cosimo Rosselli.
In questo stesso tabernacolo vi è anche un reliquiario in argento che custodisce una specie di ciambellina, un altro miracolo che avvenne in un venerdì Santo del 1595, quando la chiesa subì un notevole incendio che distrusse lo stipo dove erano contenute l'ostie consacrate, queste miracolosamente rimasero intatte e insieme all'acqua che servì per spegnere le fiamme, si trasformarono in questa specie di ciambella che ancora è rimasta intatta.


Da menzionare la notevole statua lignea del Leonardo del Tasso raffigurante il San Sebastiano, tra il secondo e il terzo altare di sinistra 


e naturalmente altre opere come le pale sull'altare di Cosimo Rosselli (Gesù crocifisso tra i Santi Girolamo, Giovan Battista, Cosma e Damiano) e di Andrea Boscoli (Visitazione).
Una visita a questa chiesa penso ne valga la pena.

Roberto Busembai (errebi)

Immagini web e panorama della città foto ERREBI

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