FAVOLANDO
“Non si può vivere senza fiabe” mi diceva mia madre e subito aveva la naturale inventiva di narrarmene una o addirittura inventarla per potermi addormentare.
Chissà forse sarà per questo attimo vissuto, per questa antica armonia assorbita, che mi sono ritrovato a scriverle, queste fiabe, a percorrere le contorte strade della fantasia, a sorvolare mondi incantevoli, a battermi contro draghi infuocati e cavalieri erranti, a cantare strofe rimate di pazzi menestrelli e chiacchierare per ore ed ore con i più svariati e simpatici animali, e bene o male sono sempre riuscito a salvarmi e a raccontare cose belle.....
Perchè questa premessa, perchè cari bambini, oggi mi sono ritrovato a dover risolvere un problema arduo e strano, buffo per come mi si è presentato e particolare per quello che mi è “imposto di nominare”, sono cinque parole che io devo gestire e non lo so proprio fare.......e allora cerchiamo insieme di snodare questo aggrovigliato gomitolo di cose e cerchiamo di trovare il bandolo della matassa …...
ALBERO è la prima parola che mi sento di dovere nominare, che un albero potrebbe essere un antico olivo abbandonato sopra un colle, abbandonato perchè nessuno più vuole cogliere dei suoi magici frutti, le olive, e allora eccolo tempestato e abbattuto per il suo peso degli anni, dal vento gelido dell'inverno e dalla pioggia incessante che tende a cadere, ma non lo possiamo lasciare che soffra per la malvagità dell'uomo e allora che un raggio di sole avendolo scorto e rimasto commosso di tanta sofferenze gli doni improvvisamente quel tiepido ma giusto calore, e lo faccia con impeto e decisione senza nemmeno chiedere il permesso per uscire, a quelle invadenti nuvole che lo tengono a riparare.
Oppure potrebbe essere un albero d'olmo o quercia che con la loro possanza e la loro maestosa capigliatura di foglie donano al passante, al contadino o al pastore la giusta ombra per rinfrescarsi dal sudore delle fatiche che giornalmente sopportano e ritrovare refrigerio anche per la mente e il cuore, e magari abbandonarsi a pensare quel giusto momento ai loro cari che dalle stelle in cielo li seguono ogni giorno, oppure alle loro mogli che attendono il giusto pane quotidiano per sfamare e sopravvivere di loro e dei rispettivi figli, figli che sono come l'albero nominato, il fulcro e il refrigerio di una vita che tende ad invecchiare.
Ma Francesco mi dice che albero per lui è l'abete, quello che solito si nomina e si va a cercare nella precisa festività che è il Natale.
E ha ragione Francesco, e con questo ci leghiamo anche l'altra parola che mi è stata detta, proprio NATALE
Partiamo allora da l'albero che abbiamo usanza di addobbare e illuminare con le più svariate e colorate luci, un accendi e spegni intermittente che fa brillare i rami e gioca con le ombre delle palline appese sulle pareti e sui soffitti delle case, ma il Natale non è solo questo è anche l'arrivo di un Babbo, da noi così conosciuto, che già appena piccoli abbiamo sentito nominare, e che da grandi non abbiamo la forza di non crederlo come lo abbiamo sempre immaginato, quell'anziano signore, un poco grassotto, dalla canuta capigliatura e da una barba lunga lunga bianca e soffice come la neve. Babbo Natale che viene da lontano, come lo è stato un Papa bianco, l'uomo che pensa a tutti i bambini, belli, brutti, gialli , neri e di tutti i colori, che non si sa come abbia a conoscere i loro desideri, riesce sempre a farli contenti, e se quel trenino che tanto avevamo desiderato non lo troviamo quel giorno fatidico, non è perchè se lo sia dimenticato, solo che lo ha donato a un altro che di quel trenino era l'unico gioco che veniva a possedere e che di certo ne è rimasto più contento.
Natale è una parola magica che però non ha a che fare con Merlino e nemmeno con Harry Porter, non ha bacchetta e non vuole trasformare, anzi il Natale vuole sottolineare e rimarcare che c'è l'amore in ogni cosa e in ogni persona, che luci, giochi, sfarzi e alimenti sono sono il contorno di un piatto enorme dove la pietanza dell'amore è il gustoso sapore che si può e si deve mangiare. Natale è sempre se lo vogliamo, basta nasconderselo nel cuore e farlo illuminare non solo per la sua festa, ma quando lo vogliamo e o quando ne necessita.
Vedete che non è facile mettere insieme tutte queste cose....ha detto Annamaria che se continuiamo così lei si addormenta, a lei il Natale fa sempre sognare e vedere la luna e le stelle....
Annamaria mi hai dato, involontariamente il motivo per introdurre l'altra parola che è appunto la LUNA.
Luna che brilli in cielo di luce riflessa, pianeta dei pianeti, sogno di tutti gli amanti e degli amori, si dice che la luna tenga nascosti dietro di se, tutti i sogni dei bambini, e che ogni tanto, per non addormentarsi di notte, se li legga e spesso si commuova, tanto che non so se avete notato, spesso ha un'alone di nebbia intorno, ebbene quello è il vapore che esce dalle lacrime che non sa trattenere.
La Luna è sempre diversa nel suo esporsi, cresce piano piano come una torta dentro il forno e diventa bella piena e tonda, come un dolce ben montato , la luna è quella compagna delle notti insonni dovute a dei dolori o soltanto a piccole malinconie che nascono nel cuore. Sapete che la Luna ha una sua voce? Si, certo ve lo assicuro, e se non ci credete, una notte, quando è bella piena e lucente, affacciatevi alla finestra e guardatela attentamente, vi assicuro che dopo poco, vedrete la sua bocca che si muove e vi narrerà con la sottile voce le storie e le novelle che nessuno saprebbe raccontare, lei si che sa cosa sono le fiabe, lei ha conosciuto regine e damigelle, bambini e bambine persi nei boschi o nelle valli, dimenticati o abbandonati per le miserie della vita, lei ha conosciuto le fate che aiutano questi bambini, azzurre, bianche, brillanti ed evanescenti, bionde e brune e dai capelli pieni di stelle e diamanti, ha conosciuto pure gli orchi e i draghi ma ha sempre saputo tenerli a bada con la sua finta assenza, si perchè anche se qualche volta la luna non appare in cielo, non è vero che non è presente, è solamente spenta perchè ha da ricaricare le pile.......
Ma dai, esclama Giovannino, che stai dicendo, la Luna non ha le pile!
E io gli rispondo: Forse no ma pure anche si, te lo sai? Ci sei mai stato?
E s'alza una risata dolce e innocente che mi scalda il cuore.
Allora, dico, voi che siete tanto intelligenti e avete il potere della facile fantasia che dovrei raccontare se vi dicessi BICICLETTA?
S'alza dal fondo dell'aula il timido Marcellino e dice fievolmente:
“ L'ho chiesta quest'anno nella letterina a Babbo Natale”
E spero che il tuo sogno sia esaudito, gli dico, perchè la bicicletta è il primo e l'unico mezzo che da bambini si impara a guidare, si rompono le ginocchia, si slogano i piedi e qualche gomito si arrossa, ma poi tenere l'equilibrio diventa cosa così normale che neppure vi accorgete di non avere mai saputo andarci e pedalare. La bicicletta era una volta, l'unico mezzo per spostarsi e quante volte è stata importante per salvare vite di persone e pure di animali, quando nelle stalle una mucca o una pecora aveva da far nascere il loro figliolino, spesso non bastava la natura e ci voleva il veterinario, e allora non esistevano i telefonini e le radio per chiedere soccorso, le auto erano un privilegio e poi ne esistevano poche, ecco che allora il più giovane di famiglia, saliva sulla sella e piovesse o tirasse vento, ci fosse la luna o il sole, in fretta correva per la valle sugli sterrati e sui viottoli d'erbe pestate per raggiungere il primo paese e chiedere aiuto. E il ritorno era ancora più massacrante, perchè il dottore sedeva sulla barra orizzontale della bicicletta e si faceva trasportare, con un pedalare ancora più faticoso e frenetico, che oltre il sudore del movimento subentrava anche quello di non arrivare in tempo.
Ora però, per finire......
Paolo e Maria in coro: “ Perchè è già finito? Ci piaceva questo gioco”
Grazie del complimento, dico, lo rifaremo, ma il tempo scorre anche nel gioco e spesso pare che scorra ancora più velocemente comunque come dicevo, per finire vi voglio raccontare questa fiaba e poi voi mi direte quale era la parola che avrei dovuto narrare.
C'era una volta un povero pastore, un gregge fatto di circa sole venti pecorine, un cane giudizioso ma ormai vecchio e ammalato, che di correre dietro alle pecore per farle contenere, non ce la faceva più e spesso il suo compito veniva così meno e il pastore a impazzire a correre da una parte all'altra perchè, si sa, le pecore seguono gli ordini del cane ma ovviano spesso quelli degli uomini.
Non aveva stalla e non aveva casa e dormiva dove trovava, sotto possenti alberi o tetti di alcune fattorie abbandonate se pioveva, spesso in qualche antro o grotta se davvero faceva freddo, era conosciuto da tutti e in qualsiasi paese si avvicinasse, nessuno gli diceva niente, tanto sapevano che Antonio, così si chiamava, Antonio il pastore non chiedeva e pretendeva niente, ma tanti gli offrivano comunque un pezzo di pane o addirittura un piatto di pasta.
Era d'inverno, uno di quell'inverni ancora più freddi e gelati che Iddio aveva messo al mondo, e il pastore non riusciva a scaldarsi, nonostante avesse trovato una grotta abbastanza riparata, quando ecco che in piena notte, viene presso di lui un'ombra e una piccola luce di lanterna, era un uomo del paese che era venuto ad offrire a Antonio la possibilità di dormire nella sua stalla, e poteva così anche portare il cane. Le pecore furono radunate sotto una tettoia con il fieno e il pastore si gettò dentro la stalla tra fieno giallo e odore di grano, con accanto il suo fedele e vecchio cane.
Al mattino, Antonio si svegliò più arzillo e rincuorato, fuori pareva persino meno freddo, andò a salutare l'amico che lo aveva ospitato e poi si recò per prendere le pecore ma......ma le pecore non c'erano più.
Com'era possibile che fossero sparite così nel nulla e che nessuno poi avesse sentito, come lui, rumori o belati, chiese allora preoccupato e disperato all'amico se ne sapeva qualche cosa, ma anche lui ne fu meravigliato però ebbe un pensiero e subito lo svelò al pastore:
“ Ho sentito dire, da altri pastori che sono passati da queste parti in questi ultimi giorni, che le pecore e tutti gli animali sono attratti da una luce, da un richiamo particolare, e che loro non possono niente e li devono seguire, forse anche le tue pecore hanno seguito quel richiamo”
Sbigottito Antonio lo stava ad ascoltare e poi chiese:
“ E da che parte si sarebbero dirette?”
“ Di la” indicò l'amico.
Antonio partì subito verso quella direzione con il cane accanto, ma fu un viaggio molto lungo e spesso quasi di rinuncia, la cosa che lo faceva continuare era che man mano che passavano i giorni notava sempre più pastori e pecore, donne e galline, anatre, cani e gatti, tutti diretti verso lo stesso luogo, e ogni giorno era sempre più faticoso perchè il povero cane a stenti riusciva ad andare avanti.
Una notte il cielo di illuminò di una stella gigante che pareva indicare un determinato luogo, e tutti seguirono quell'indicazione e fu così che improvvisamente Antonio riconobbe il suo gregge, le sue pecore erano tutte radunate in gruppo e insieme seguivano piano piano il richiamo. Lo riconobbero e lo circondarono ma il pastore notò un qualcosa di nuovo nel gruppo, era nato un agnellino, una pecorella giovane e ancora tentennante nel camminare.
Prese in braccio l'agnellino e poi con tutto il suo gregge e il cane si incamminarono ma questa volta fu per poco, quando si avvicinarono ad una stalla, dove anche li c'era qualche cosa di nuovo, era da poco nato un bambino a due poveri genitori che non avevano altro che rimirarlo.
Il suo istinto fu di posare a terra la pecorella, e inginocchiarsi a tanta meraviglia che emanava pace e serenità, quel bambino era la salvezza dell'animo e delle paure, di tutte le stanchezze e tutte le tristezze, e quando fu per rialzarsi la pecorella era svanita.......Guardò intorno ma non la vide, si rammaricava di averla abbandonata, quando improvvisamente un leggero belato giunse dalla stalla, la pecorella si era messa in mezza tra il bue e l'asino e con il suo fiato caldo riscaldava le nude e innocenti membra di quel gioioso bambino.
Ebbene la parola qual'era?
In coro: La PECORELLA.
Bravi! E che anche voi siate le nuove pecorelle di un nuovo futuro che non sarà di fiaba ma che lo sia somigliante.
Roberto Busembai (errebi)
Disegno Errebi