Per la ricorrenza particolare di oggi, 4 ottobre San Francesco d'Assisi, non potevo che parlare di uno dei più emblematici affreschi dedicati al Santo, e in particolare la quinta scena, delle ventotto che il grande Maestro Giotto ha dipinto nella Basilica superiore di Assisi, ovvero il momento in cui il Santo rinuncia ai beni terreni o Rinuncia degli averi.
La scena rappresentata si svolse nella piazza del Vescovado di Assisi, ed è volutamente suddivisa in due precise e nette rappresentazioni, a sinistra vediamo in risalto con una veste gialla (simbolo di ricchezza) il padre di Francesco, Pietro di Bernardone , con le vesti del figlio in un braccio mentre l'altro braccio a pugno chiuso pare voglia infierire verso lo sciagurato che ha osato diffamarlo in pubblica piazza, ma fortunatamente fermato nel gesto da uno dei tanti altri signori presenti, quasi divertiti del fatto. Alle loro spalle una costruzione che ha soltanto lo scopo di scenografia ma che risalta ancora la posizione sociale dei sottostanti, infatti assomiglia più a una torre che a una normale abitazione, e le torri nel medioevo erano simbolo di dominio e ricchezza.
A destra, il Santo che ormai denudato dona la sua anima e il suo corpo nelle mani di un Dio, del quale Giotto lo rappresenta con una mano che esce dal cielo e si protrae verso Francesco, dietro il Santo la rappresentanza religiosa, il vescovo cerca di nasconderne alla meglio le oscenità, e sopra di loro la solita scenografia di una costruzione che a prima vista non è più una torre ma che riporta simbolicamente la memoria a abitazioni ecclesiastiche se non addirittura ad una chiesa.
La potenzialità di questo affresco ( come del resto di tutti gli altri) è la novità pittorica che il Giotto ha impresso da ora in poi, è l'uso dei chiari e scuri, delle lumeggiature che donano la tridimensionalità, la muscolatura e soprattutto l'imprimere nei volti, per la prima volta, una caratterizzazione emotiva.
La conoscenza di San Francesco all'epoca era molto diffusa e viva , erano trascorsi poco più di sessant'anni dalla morte, da quando Giotto ne ha iniziato i lavori e la rappresentazione altresì non era che il primo e più importante motivo di diffusione e conoscenza popolare.
Non si può rimanere freddi alla spettacolare maturità e innovativa artistica nel guardare il solo San Francesco che è descritto con una precisa muscolatura e espressione estasiata . Un San Francesco che rispetta l'iconografia di umile e devoto, un San Francesco che dona tutto se stesso e non soltanto i suoi beni e abiti, un donarsi al mondo intero e al Dio sovrano, un donare l'umiltà e la carità a tutti coloro che ne vorranno bere e mangiare, come il Cristo donava prima del suo sacrificio sulla Croce , nell'ultima cena.
Giotto, colui che “inventò” la modernità pittorica e fu la spinta iniziale di un Rinascimento che avrebbe poi trovato la sua maggiore esposizione.
San Francesco che fu nel mondo l'esempio del bene terreno e dette prova di quanto fosse possibile poterlo dimostrare e donare al di sopra di tutto e di tutti, senza curarsi delle risa e degli ammiccamenti, dei voltafaccia e dei dinieghi, ma al tempo stesso continuare e perdonare pure quelli.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: GIOTTO DI BONDONE – RINUNCIA DEGLI AVERI ( Basilica superiore di San Francesco ad Assisi)
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