lunedì 5 settembre 2022

CRISTOFANO ALLORI - GIUDITTA CON LA TESTA DI OLOFERNE


Dal Libro di Giuditta nel Vecchio Testamento prende spicco il racconto di Oloferne e Giuditta e narra che al tempo il re assiro Nabucodonosor essendo impegnato in una tremenda campagna militare contro un popolo che occupava l'Iran centrale, ovvero i Medi, lasciò al suo fidato e bravissimo generale Oloferne l'impresa di occuparsi della parte occidentale del paese, sferrando così un'imponente guerra di sottomissione al popolo d'Israele. La vittoria sembrava conquistarlo ma accampatosi nella città di Betulia, una ricca e vedova giovane si presentò al suo accampamento con la fedele serva, prostrandosi per l'aver riconosciuto le colpe del suo popolo e di cedergli la sua indiscutibile fiducia e approvazione. Oloferne, ammaliato da quella bellissima giovane e dalle sue parole la invita a un grandioso banchetto premonitore di assoluta vittoria, ma la donna una volta fatto ubriacare il generale e addormentatolo, lo decapita con un netto colpo di spada.

L'esercito Assiro a quella vista si disperde e si ritira immediatamente lasciando Giuditta eroina liberatrice del popolo Israelita.

A questa storia, divenuta l'icona dell'astuzia, coraggio e fede in Dio, se non soprattutto una rivincita della donna sulla supremazia maschile, hanno fatto ricorso nel tempo tanti artisti e ognuno ne ha dato una sua precisa e personale interpretazione, anche se la scena clou è quasi sempre la stessa, ovvero il momento dell'afferrato omicidio, basti pensare al grande Caravaggio, alla geniale Artemisia Gentileschi se non addirittura al più moderno Klimt, ma non solo alla pittura ma anche alla scultura come quella di Donatello visibile al Palazzo Vecchio a Firenze nella sala dei Gigli.

Uno dei capolavori personali su questo tema è senz'altro quello di Cristofano Allori, pittore fiorentino del 1600, che da una versione della storia da lasciare assolutamente inquieti e al tempo stesso sbigottiti, l'atto è già stato eseguito, il capo tagliato in mano all'eroina, ma la scena non è affatto macabra o spaventosa, non c'è sangue e dai volti non si enuncia nessun sentimento di violenza, quello che terrorizza, spaventa è proprio quel silenzio che accomuna i tre personaggi, che spiccano ognuno da uno sfondo caravaggiesco, assolutamente scuro.

L'Allori ha saputo offrire innanzitutto un manierismo adulto rappresentando il volto di Giuditta in uno sguardo obliquo con un'espressione sospesa tra malinconia e languore, ma la maestria è ancora più grande nella rappresentazione del sontuoso abito offrendo una matericità delle stoffe che avvolgono il longilineo corpo dell'eroina.

La figura di Giuditta si staglia dal fondo scuro, il giallo e ricco abito la impreziosisce ancor di più, la spada, oggetto dell'uccisione, è riscontrabile appena dall'elsa che è tenuta nella sua mano destra, il devoto apprezzamento dell'atto è dato dal volto della serva che si staglia dal bianchissimo manto che l'avvolge mentre la testa di Oloferne pare abbia ancora vita nello staccarsi dal fondo dorato, impreziosito e damascato dell'abito della stessa.

Al tempo l'opera ebbe un immenso successo tanto che a Parigi, già città di artisti e mode, ne andavano a ruba milioni di copie con il profondo rammarico di non avere la possibilità di vederne l'originale. Ma la fortuna del dipinto era avvalsa anche da diverse interpretazioni e leggende che nel Seicento riempivano i salotti, infatti si mormorava che la splendida figura di Giuditta altre non fosse che l'amante dell'Allori una certa Mazzafirra e che la serva fosse addirittura la madre della sua donna, come pure vagavano voci che il volto di Oloferne fosse l'autoritratto del Maestro stesso.

L'opera apparteneva al tempo a Ferdinando II de' Medici il quale poi ne fece dono a Carlo de' Medici per poi arrivare, per eredità, al Palazzo Pitti (FI)dove tutt'ora è visibile nelle sale della Galleria Palatina.


Roberto Busembai (errebi)


Immagine web: Cristofano Allori – Giuditta con la testa di Oloferne ( Galleria Palatina – Palazzo Pitti (FI)

Nessun commento:

Posta un commento